Charlestown, il quartiere dei rapinatori di banca

Viaggio nel sobborgo di Boston reso celebre da The Town di Ben Affleck

Charlestown è la località statunitense con la più alta densità di rapinatori di banche. Dalla metà del secolo scorso, cioè da quando ci sono stati i primi casi di famose rapine, il quartiere bostoniano è diventato sinonimo di crimine e disagio. Prima per gli abitanti della capitale del Massachusetts, poi per l’immaginario collettivo della nazione. E, come se non bastasse, quest’immagine è stata messa in calce da The Town (2010), film di Ben Affleck ambientato proprio nel sobborgo di Boston.

E pensare che questo pugnetto di case, appena un miglio quadro intorno al porto della città, è stato uno dei luoghi chiave dell’Indipendenza americana. Proprio qui, nella battaglia di Bunker Hill, il 17 giugno 1775 gli inglesi costrinsero alla ritirata le truppe americane, perdendo però nella piccola penisola a nord di Boston oltre il 40% dei propri soldati. Una sconfitta che da allora fu considerata il simbolo della lotta per la libertà nei confronti della madrepatria, conquistata solo otto anni dopo.

Adesso, a quasi 250 anni da quella battaglia, Charlestown viene vista come un Giano bifronte: ospita la USS Constitution, la nave settecentesca tappa finale del Freedom Trail (una striscia rossa che accompagna i turisti nel percorso che delimita i monumenti della città) e contemporaneamente è l’emblema retrò del quartiere malfamato.

Ma fuori dall’immaginario collettivo, fuori dai film di Affleck, fuori dai monumenti, cos’è oggi Charlestown? Il nostro viaggio inizia tra i viali alberati di Cambridge, dove orde di studenti provenienti da tutto il mondo frequentano le più prestigiose (e costose) università del mondo. Provo a chiedere ad alcuni di loro se conoscono Charlestown, che da qui dista poco più di 5 chilometri. Una volta tolte le cuffie dell’iPod la risposta distratta che mi danno è quasi sempre la stessa: nessuno è mai stato nel quartiere. Il che è bizzarro se si pensa al numero di turisti che, inconsapevolmente, lo costeggia ogni giorno mentre scatta foto all’imbarcazione settecentesca e al monumento ai caduti. Solo Kevin, un ragazzo di origini indiane proveniente dal vicino Rhode Island, mi sa dire qualcosa. Ha studiato qui a Boston e, mentre sceglie il master, lavoricchia in periferia. “Non sono mai stato a Charlestown, ma ho avuto un paio di colleghi di corso provenienti da lì… gente molto tough, rude”.

LEGGI ANCHE:   I rifiuti tossici italiani stanno avvelenando la Bulgaria

Decido di volerla conoscere, questa gente rude. Arrivo nel sobborgo nel più turistico dei modi, ovvero dopo aver seguito la striscia rossa del Freedom Trail, che mi conduce al porto. Lasciandosi alle spalle la USS Constitution e una grossa nave da ricognizione dell’esercito, basta attraversare la strada per ritrovarsi in un fitto reticolo di villini di legno a due piani, con panni stesi e decorazioni di Halloween penzolanti (è il 3 novembre). Andando in fondo ad uno dei vicoletti ci si ritrova in mezzo ad una piazza, alla cui destra c’è il tipico supermarket nordamericano. Chiedo ai clienti di raccontarmi il loro quartiere. Ne parlano tutti bene. Quasi tutti hanno visto il film di Affleck e chi non l’ha visto lo conosce. Diversi hanno persino partecipato come comparse.

“It’s a good movie”, mi dice Eric, un rilevatore di mercato per conto della catena di supermercati. “Ma rappresenta una Charlestown che non corrisponde alla verità. Sì, è vero, Charlestown ha dato i natali a tantissimi rapinatori, ma la gente qui è tranquilla e si vive bene”. Che non sia così male frequentare questo quartiere di immigrati irlandesi me lo conferma anche Kendra, 27 anni e da 4 commessa in un negozio di cornici e vecchie stampe di Charlestown: “Abito in un altro quartiere ma spendo gran parte delle mie giornate qui e ti garantisco che non ho mai visto nulla di strano”. Le chiedo a questo punto se la domanda idiota di un giornalista italiano sia stata posta anche da qualcun altro: “Sì. È capitato che i miei amici mi chiedessero se lavorare qui comportasse dei rischi. Io dico sempre che a me non ha mai rapinato nessuno”. E i veri abitanti di Charlestown, i discendenti di quegli immigrati irlandesi che lasciarono il vecchio mondo all’inizio del Novecento? Amy, 76 anni e ancora tanta energia, mi racconta l’evoluzione del suo quartiere. “Prima era proprio così, i ragazzi di Charlestown rapinavano le grandi banche di Boston e Cambridge. Ma stiamo parlando degli anni ’50, le cose da allora sono cambiate”.

LEGGI ANCHE:   Una storia svedese di amicizia, bombe e sangue

Charlestown

L’immagine tough del bostoniano Affleck e del suo romantico quanto impossibile riscatto sociale attraverso l’amore di, guarda caso, un’impiegata di banca ha quindi i suoi fondamenti unicamente nella fiction? Anche se Chuck Hogan – autore del romanzo Il principe dei ladri, dal quale è stato tratto il film – racconta di essersi documentato per un anno intero sul rapporto tra Charlestown e le rapine prima di dar vita al suo racconto, i dati dell’Fbi tracciano un altro tipo di percorso. Sebbene non ci sono ancora statistiche specifiche sull’incidenza degli abitanti di Charlestown nel numero totale di rapine bancarie dell’area metropolitana di Boston, nell’economia di questa tipologia di reato i casi avvenuti in Pennsylvania, Texas, Florida, California e New York hanno avuto un peso decisamente superiore rispetto a quelli bostoniani.

Affleck dice di aver strutturato il film in base alle testimonianze di agenti coinvolti direttamente nelle indagini e di abitanti di Charlestown condannati per rapina a mano armata. Quello che è sicuro, al di là del film, è che Charlestown sta cambiando, è popolato da un numero crescente di immigrati latinoamericani verso i quali i nativi di origine irlandese stanno cercando di instaurare, con tutte le inevitabili difficoltà, una pacifica convivenza. Ed è cresciuto notevolmente anche il numero degli avvocati che si occupano della tutela legale dei nuovi abitanti del quartiere, che non rapinano più banche ma devono confrontarsi con un’altra minaccia: le restrizioni della legge sull’immigrazione.


Profilo dell'autore

Joshua Evangelista

Joshua Evangelista
Responsabile e co-fondatore di Frontiere News. Scrive di minoranze e diritti umani su Middle East Eye, Espresso, Repubblica, Internazionale e altre testate nazionali e internazionali

11 Comments

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Potresti apprezzare anche

No widgets found. Go to Widget page and add the widget in Offcanvas Sidebar Widget Area.