La vita prima del genocidio degli armeni nei versi di Daniel Varujan

Nel 1915 l’élite armena di Costantinopoli fu arrestata e deportata nel deserto; era l’inizio dell’eccidio degli armeni. Tra questi c’era Daniel Varujan, considerato unanimamente il più grande esponente del rinascimento armeno (1908-15). Verujan fu ucciso a colpi di pugnale il 28 agosto 1915, a 31 anni. Era nel bel mezzo della composizione di una delle sue più belle opere, “Il canto del pane”, e stava progettando il suo successivo lavoro “Il canto del vino”.

Per una di quelle strane coincidenze, quando fu ucciso aveva in tasta il testo del Canto del pane. Un testo che fu ritenuto perduto per molti anni. Dopo la fine della Prima guerra mondiale, alcuni amici superstiti decisero di darsi da fare per cercarlo. Ingaggiarono un agente segreto, Arshavir Esayan, che lo ritrovò fra l’enorme quantitativo di beni sequestrati dagli armeni. Pubblicato a Costantinopoli nel 1921, il Canto del pane diventò il simbolo della vita del popolo armeno, i versi di una generazione spezzata. Pubblichiamo Ritorno una delle poesie più significative dell’opera, nella traduzione in italiano della scrittrice Antonia Arslan.

Ritorno

Questa sera veniamo da voi, cantando un canto,

per il sentiero della luna,

o villaggi, villaggi;

nei vostri cortili

lasciate che ogni mastino si svegli,

e che le fonti di nuovo

nei secchi irrompano a ridere –

LEGGI ANCHE:   La Turchia non è un paese per giornalisti

Per le vostre feste dai campi, vagliando

vi abbiamo portato con canti la rosa.

Questa sera veniamo da voi, cantando l’amore,

per il sentiero della montagna,

o capanne, capanne;

di fronte alle corna del bue

lasciate che infine si aprano le vostre porte,

che il forno fumi, che si incoronino

di un fumo azzurro i tetti –

Ecco a voi le spose con i nuovi germogli

hanno portato il latte con le brocche.

Questa sera veniamo da voi, cantando la speranza,

per il sentiero del campo,

o fienili, fienili;

tra le vostre buie pareti

lasciate che risplenda il nuovo sole,

sui tetti verdeggianti

lasciate che la luna setacci la farina –

Ecco vi abbiamo portato il fieno raccolto in covoni

la paglia con il dolce timo.

Questa sera veniamo da voi, cantando il pane,

per il sentiero dell’aia,

o granai, granai;

nell’oscurità del vostro seno immenso

lasciate che sorga il raggio della gioia;

la ragnatela sopra di voi

lasciate che sia come un velo d’argento;

poiché carri, file di carri vi hanno portato

il grano in mille sacchi.


LEGGI ANCHE:   In Nagorno Karabakh è in corso un tentativo di pulizia etnica?

Profilo dell'autore

Redazione

Redazione
Dal 2011 raccontiamo il mondo dal punto di vista degli ultimi.

1 Comment

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Potresti apprezzare anche

No widgets found. Go to Widget page and add the widget in Offcanvas Sidebar Widget Area.