Folk, spiritualità e tradizione nativo americana: intervista a Edgar Muenala

di Valerio Evangelista

Edgar Muenala, nato in Ecuador e residente in Canada, ha iniziato la propria carriera musicale a 15 anni, suonando chitarra, violino e flauto di Pan. Riscoprire le sonorità della tradizione nativa americana e fonderle con la musica contemporanea è la caratteristica della sua arte, una passione che lo ha portato a suonare in Nord e Sud America, Europa e Asia.

Sei originario dell’Ecuador, ora vivi in Canada. Quanto le tue radici native americane influenzano il tuo modo di vedere la vita?

Il mio bagaglio culturale mi aiuta a sopravvivere. Non solo nella mia carriera musicale, ma anche nella mia vita quotidiana. Non appartengo alla società nordamericana, quindi abbracciare le mie radici native è l’unico modo per superare uno stile di vita che non sento mio.

Gran parte della tua lunga carriera musicale (iniziata a soli quindici anni) è incentrata sulla Native folk music. Perché ti senti così vicino a questo genere?

Questo genere musicale è così importante per me perché è un modo per esprimere il rispetto religioso che nutro nei confronti della Madre Terra, della Natura, delle persone anziane e della famiglia. Per gran parte della mia carriera ho suonato soltanto la pura musica nativa; poi ho capito che avrei dovuto allargare le mie sonorità e ho iniziato con delle contaminazioni di suoni asiatici e occidentali. E questo è quello che continuo a fare ancora oggi.

Hai parlato degli aspetti spirituali della musica. Qual è la tua posizione sulla antica religione dei tuoi avi? La segui oppure la mantieni in quanto ricchezza culturale?

Sono cresciuto in una famiglia molto cattolica, la strada che avrei dovuto seguire era quella del sacerdozio. Poi ho sentito l’esigenza di riscoprire la mia spiritualità innata. Ora la mia religione è la musica, nel senso che sono molto “devoto” a questo linguaggio universale che emana continuamente amore e rispetto per il prossimo. La musica, soprattutto certa musica, aiuta a relazionarsi con la Natura e con le persone nel modo opportuno.

A quale album ti senti maggiormente legato e perché?

Ovviamente ogni album ha la sua storia. Però posso dire di avere ricordi particolarmente positivi della registrazione di “Evolution”, nel 2003. Ha un’impronta tradizionalista, nel senso che vi hanno partecipato diversi musicisti di varia origine. Culture diverse, generi musicali diversi ma con un aspetto comune: la voglia di riscoprire le proprie radici, le proprie tradizioni culturali. Credo che quella di “Evolution” sia stata la registrazione più piacevole e soddisfacente. E ha venduto anche molto bene!

La tua famiglia ha una lunga tradizione tessile, ispirata alla millenaria arte nativa, sia del Sud che del Nord del continente americano. Qual è il legame tra l’abbigliamento e le radici culturali?

Il vestiario è un segno di distinzione della nostra cultura ed è strettamente connesso alla danza. La vivacità ancestrale della cultura nativa viene espressa proprio con la danza e, di conseguenza, con l’abbigliamento. Ecco perché la mia famiglia ha deciso di mantenere questa antica tradizione, è una parte inscindibile della cultura nativa.

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Profilo dell'autore

Valerio Evangelista
Valerio Evangelista
Dal suo Abruzzo ha ereditato la giusta unione tra indole marinara e spirito montanaro. Su Frontiere, di cui è co-fondatore, scrive di diritti umani e religioni.

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