La Educaciòn Prohibida: il documentario sulla scuola pubblica che divide

Oltre 4 milioni di download in sei mesi per il documentario “La Educaciòn Prohibida” del ventiquattrenne argentino Doin Campos. Una laurea in Produzione Radio e Televisione (iser) alla Scuola di Comunicazione di Buenos Aires, 704 cofinanziatori per un budget di circa cinquantamila euro per realizzare una pellicola totalmente gratuita e liberamente fruibile della durata di 145 minuti. L’obiettivo? Tentare di evidenziare tutti i mali dell’istruzione pubblica made in Occidente.

“A tutti i bambini e i giovani che vogliono crescere in libertà”. Questa è la dedica del film che appare prima ancora che la voce narrante inizi a raccontare il mito della caverna di Platone. Gli uomini, legati all’interno di una caverna devono guardare tutto il giorno le ombre proiettate da alcune sagome che passano ciclicamente davanti a un focolare. Tra questi, un individuo, più scaltro degli altri, riesce a liberarsi e scappa per osservare la realtà.

Campos usa il mito come incipit alla sua critica alla scuola pubblica. Una scuola che non tiene conto dei singoli individui, che uniforma le persone e le appiattisce con un obsoleto sistema di valutazione per ottenere un insegnamento vuoto, noioso e, tanto per ribadire, inutile.

La prima accusa è contro il sistema. Sistema di per sé incoerente perchè da un lato l’essere umano viene stimolato alla pace, alla felicità, alla cooperazione, all’uguaglianza, alla libertà e alla solidarietà mentre a scuola ciò che viene trasmesso è la concorrenza, la discriminazione, l’individualismo, il materialismo e la violenza emozionale. Una sorta di vaso di Pandora. La colpa non sembra risiedere nei professori che non nascono buoni o cattivi ma piuttosto vengono corrotti dal sistema in quanto tale. Non esiste più l’insegnamento in base alle esigenze del ragazzo o in vista dell’apprendimento in sè. L’unica cosa che sembra essere importante è il programma. Un piano di studi scelto dal sistema. Un elenco di studi da seguire, completare e del quale va verificato il corretto apprendimento.

“Sembra un addestramento canino. Questa non è educazione”. Dichiara Carlos Wernicke della Fondazione Holismo. Decine sono gli intervistati. Tutti ribadiscono le medesime cose: ciò che manca alla gelida scuola occidentale è in primo luogo l’amore. Amore per gli studenti. Amore per l’istruzione. Ogni alunno ha un proprio metodo di apprendimento e in particolare i bambini apprendono molto di più attraverso l’esperienza. Se lasciati liberi di scoprire, provare, osservare e costruire , attraverso la propria creatività arrivano a livelli di apprendimento superiori a quelli di qualsivoglia adulto. E fin qui niente di innovativo. Quelle che il sistema indica come patologie: dislessia, iperattività, ansia etc non sono disturbi bensì diversi metodi di apprendimento. Tesi che il documentario tenta di corroborare con le parole di un pediatra e una terapeuta.

Il film continua additando l’origine del sistema. Nell’antichità c’era il mondo bello e giusto di Atene. Scuola all’aperto, basata sull’osservazione, sulla retorica e sul dialogo. L’altra faccia della medaglia era il turpe mondo spartano dove i bambini venivano educati come macchine all’arte della guerra attraverso violenze e pratiche di puro rigore.

L’istruzione è poi stata gestita dalla chiesa fino ad arrivare alla fine del ‘700 quando in Prussia nasce un sistema scolastico elitario che ha il fine di creare un popolo suddito e disciplinato che possa servire il regno e sia pronto a dare la vita per questo. Come una goccia d’inchiostro in un bicchiere d’acqua, il sistema si propagò infettando ogni società sino ad arrivare ai giorni nostri.

Interessante la metafora proposta a questo punto dal dottor Carlos Calvo Munoz: la scuola è la mappa, l’educazione è il terreno da cartografare. Il problema nasce quando non si crede più al terreno, a ciò che si vede e si tocca, ma diventa più importante la mappa. Il sistema che ci siamo costruiti e dentro al quale ci sentiamo sicuri. Analisi di per sè corretta.

Il film prosegue ribadendo più o meno i soliti concetti mentre sullo sfondo si sviluppa la storia di un gruppo di ragazzi all’ultimo anno di liceo che vogliono appendere manifesti e far circolare le notizie circa lo stato dell’educazione nel loro istituto e nel mondo. Propongono un modello che sia diverso, dove loro hanno voce in capitolo e l’apprendimento non si fermi dietro al banco. Quale sia concretamente questo modello resta un mistero. Alla fine riusciranno a coinvolgere i compagni e i professori riuscendo a far aprire loro gli occhi.

Tante sono le critiche mosse e movibili al documentario. L’approssimazione e la mancata innovazione di alcuni concetti è un primo punto di analisi. Manca una proposta concreta di qualcosa di nuovo. Tanti concetti, tanti esempi di educazione attiva, tanti discorsi su quanto l’arte sia fondamentale nell’apprendimento perchè pura creazione, tanti bei discorsi sull’importanza dei genitori nel percorso educativo e tanti elogi alle discipline olistiche. Tutto giusto e degno di lode. Ma così facendo lo spettatore arriva ai titoli di coda dicendosi “beh, e ora?”

Il che non necessariamente è sbagliato. E’ una traccia che il regista ha dato. Può essere inteso come la mancanza di un’alternativa concreta o come la volontà che ogni spettatore possa formulare le sue considerazioni finali, proporre la sua alternativa e la propria soluzione. Cosa che Campos ha messo tra le premesse. La sua opera non è chiusa. Non si ferma a quei lunghissimi minuti. Rimane aperta, prosegue nei social forum, nei blog tra le discussioni degli utenti.

Da sempre sentiamo parlare di come l’educazione pubblica non funzioni, di quanto le cose andrebbero cambiate, di quanto esistono nuovi metodi di apprendimento. Campos lancia una provocazione. Raccoglie tutto ciò che non va, ascolta persone che attraverso fondi privati realizzano qualcosa di diverso e lascia spazio aperto a commenti, riflessioni e idee. Tanti lo hanno elogiato e tantissimi altri hanno criticato il suo lavoro definendolo approssimativo, non originale, banale e forse anche inutile. Eppure in ogni caso oltre 4 milioni di persone lo hanno visto, hanno avuto delle reazioni e alcuni probabilmente si staranno interrogando da liberi cittadini.

Il consiglio è quello di vederlo. Si trova facilmente, è gratuito e quantomeno, nel bene e nel male, una riflessione, seppur minima, può stimolarla.

Luca Iacoponi

 


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