Meno gli americani sanno dove si trova l’Ucraina, più vogliono un intervento armato

di Piergiorgio Pescali

Che connessioni possono esserci tra le conoscenze geografiche e le scelte in politica internazionale? È quanto hanno cercato di appurare tre professori statunitensi di scienze politiche: Thomas Zeitzoff della Princeton University, Kyle Dropp del Dartmouth College e Joshua D. Kertzer della Harvard University. I ricercatori hanno chiesto ad un campione di 2.066 cittadini statunitensi quale fosse, secondo loro, la linea politica ed economica che Washington dovrebbe adottare per fronteggiare e risolvere la crisi ucraina. Ad ognuno di loro è stato anche domandato di indicare su una mappa la posizione dell’Ucraina.

I risultati di questo sondaggio sono poi stati elaborati confrontando le risposte date dai singoli intervistati.

Il quadro che ne è scaturito non è certo incoraggiante: la posizione dell’Ucraina è stata indovinata solo dal 16% degli interpellati. La maggioranza di essi ha indicato sulla mappa un punto compreso entro tremila chilometri dalla capitale Kiev, un’area compresa in senso longitudinale tra la Scandinavia ed il Sudan e, in senso trasversale, tra il Portogallo ed i confini orientali del Kazakhstan. L’interesse della politica estera di Washington per la regione mediorientale e del Centro Asia si è ripercosso anche nell’opinione pubblica statunitense, come indica la concentrazione di errori geografici compiuta nel sondaggio: quasi tutti coloro che hanno mancato di “centrare” l’obiettivo Ucraina, hanno però indicato paesi frequentemente trattati nei media USA: nazioni del Caucaso, Afghanistan, Iran, Pakistan, Uzbekistan, Kyrgyzstan.

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Non manca, inoltre, chi pensa che l’Ucraina si trovi in Australia, da qualche parte in Africa, nel vicino Canada, in Groenlandia o addirittura sia una contea degli stessi Stati Uniti.

Il sondaggio evidenzia con preoccupazione che la mancanza di conoscenza geografica è particolarmente evidente tra gli studenti: il 77% dei diplomati non è riuscito a localizzare l’Ucraina. La mancanza di preparazione geografica da parte degli statunitensi è proverbiale, ma non è mai stata considerata come problema incalzante da risolvere per qualsiasi amministrazione che si è succeduta alla Casa Bianca. Da un rapporto commissionato nel 2006 da GFK-Roper Public Affair e dalla National Geographic Foundation, su un campione di 510 persone tra i 18 ed i 24 anni il 63% non sapeva localizzare l’Iraq neppure su una mappa limitata al Medio Oriente nonostante l’argomento fosse al centro dell’attenzione mediatica sin dal 2003, mentre Afghanistan e della Corea del Nord sono risultate introvabili rispettivamente per l’88 ed il 70% delle persone.

Lo studio di Zeitzoff, Dropp e Kertzer ha, però, fatto emergere un altro dato preoccupante: la pessima conoscenza geografica dei cittadini statunitensi è direttamente proporzionale alla propensione di interventismo.

Il 13% degli intervistati approverebbe un intervento militare USA in Ucraina o in Russia, mentre il 45% invocherebbe un boicottaggio verso Mosca o verso il G-8. Intersecando le risposte date nel sondaggio, i tre ricercatori hanno dimostrato che sono proprio coloro che hanno poca conoscenza geografica a possedere un’attitudine interventista, distruttiva e poco propensa al dialogo.

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Questa correlazione si era già evidenziata sin dalla guerra del Sud Est Asiatico negli anni Sessanta-Settanta, per poi ripetersi con maggior veemenza dopo il 2001 con gli interventi in Afghanistan ed in Iraq. Nonostante i continui sondaggi confermino questo rischioso collegamento nessun presidente USA ha, sino ad oggi, pensato fosse il caso di colmare la lacuna geografica. Avere una forte base popolare propensa a giustificare spese militari può fare sempre comodo.

Dov'è l'Ucraina secondo gli statunitensi?

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