I Romeo e Giulietta d’Afghanistan

Nella meravigliosa valle di Bamiyan fino a poco tempo fa viveva Zakia, una giovane ragazza di appena 18 anni. Di oringine tajika sunnita, fin da piccola Zakia era innamorata di Mohammad Ali, un giovane di 21 anni anche lui residente a Bamiyan e con lui condivideva i suoi sogni e spesso le sue giornate quando ancora bambini erano liberi di volersi bene. Crescendo però, come spesso purtroppo accade, il loro amore era divenuto una minaccia all’ordine sociale e patriarcale della loro comunità, un amore intollerabile agli occhi del padre di Zakia che aveva già deciso per lei il suo futuro.

Ancora più intollerabile agli occhi del padre padrone era il fatto che Mohammad Ali appartenesse all’etnia hazara di una diversa setta religiosa, quella sciita. In Afghanistan le diverse etnie sono spesso in contrasto tra loro e vengono viste dai loro appartenenti come mondi inconciliabili, per questo motivo, raramente vengono celebrati matrimoni tra componenti di etnie diverse.

Sposata senza il suo consenso al nipote del padre, Zakia decise che l’unica cosa che le rimaneva da fare era fuggire. Accompagnata da Mohammad Ali e con il supporto morale del padre di lui, decisero di fuggire sulle montagne di Bamiyan vagando da un luogo all’altro per otto mesi.

Pochi mesi fa, dopo aver sporto denuncia alle autorità e aver minacciando di morte Mohammad Ali e la figlia per aver “disonorato” la loro famiglia, i due sono stati arrestati ma dopo poco tempo grazie all’intervento della società civile di Bamiyan i due amanti sono stati liberati ed in seguito si sono sposati legalmente.

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Il pericolo però non era cessato e Zakia, incinta, non poteva tornare a casa. Giunti a Kabul Zakia e Mohammad Ali avevano deciso di vivere in case separate per poter meglio nascondersi agli occhi della gente e della polizia, ma ogni giorno tentavano di vedersi di nascosto. Il loro amore era ormai diventato un crimine. Lui, accusato di rapimento rischia la pena di morte, mentre Zakia accusata di bigamia per essere sposata sia con il nipote del padre che con Mohammad Ali, rischia di dover trascorrere molti anni in prigione, nonché di essere uccisa dai suoi stessi parenti.

Mentre centinaia di terroristi talebani, assassini e stupratori vengono liberati ogni giorno grazie al governo Karzai, le carceri straripano di donne “colpevoli” di crimini “morali”, come quello di fuggire di casa a causa di un marito violento o di un matrimonio forzato.

Come riportato dal New York Times, Miriam Adelson, moglie del magnate americano del casino Sheldon Adelson, aveva manifestato l’intenzione di aiutare la coppia e grazie al suo intervento era riuscita a convincere il presidente del Ruanda Paul Kagame a offrire asilo ai due giovani. Anche il padre di Mohammad Ali, Anwar, fin dall’inizio aveva supportato la coppia, arrivando a vendere tutte le sue proprietà per aiutare i giovani a fuggire. Sfortunatamente Zakia e Mohammad Ali non avevano un passaporto e non potevano richiederne uno legalmente.

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A Kabul, un’organizzazione per la difesa delle donne, chiamata “Afghan women for women” ha convinto Zakia a trovare rifugio presso la loro organizzazione. Attualmente Zakia vive nascosta, reclusa e senza la possibilità di telefonare perché ciò metterebbe in pericolo la sua vita.

Basir Ahang #LoveIsNotACrime

La fuga di Mohammad Ali è invece terminata ieri, quando i parenti di Zakia lo hanno trovato e condotto al primo posto di polizia dove Mohammad Ali è stato arrestato.

Finisce così la vicenda dei Romeo e Giulietta dell’Afghanistan, come sono stati pittorescamente chiamati, o forse no. La loro storia ha suscitato l’indignazione di molte persone che vivono in Afghanistan o come rifugiati in diversi paesi del mondo. Queste persone non vogliono che la loro storia finisca in questo modo perché non vogliono vivere in una società che considera l’amore un crimine. Per questo motivo abbiamo scelto di lanciare la campagna #loveisnotacrime (l’amore non è un crimine) con una petizione pubblica affinché Mohammad Ali venga rilasciato e affinché Zakia possa finalmente vivere la vita che desidera. Noi non smetteremo di parlane perché non c’è onore ferito che meriti vendetta se ad essere condannato non è l’atto d’amore ma l’ignoranza di chi crede che esistano differenze incolmabili tra gli esseri umani e si sente in diritto di disporre della vita altrui.

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Profilo dell'autore

Basir Ahang
Basir Ahang è nato in Afghanistan a Kabul ma dal 2008 vive e lavora in Italia. Giornalista di professione si occupa prevalentemente di Afghanistan e diritti umani con un’attenzione particolare alla situazione dei rifugiati e delle donne. Ha collaborato con diversi giornali e agenzie internazionali. Alcuni suoi articoli sono stati pubblicati su BBC persian, Al Jazeera e Deutsche Welle. Basir Ahang si occupa anche di poesia e di cinema. Molte delle sue poesie sono state tradotte in italiano e in inglese. Attualmente collabora con diversi siti di informazione come frontierenews.it, kabulpress.org e hazarapeople.com
di cui è anche direttore.

Sito personale di Basir Ahang : http://www.basirahang.com
Twitter: @Basirahang

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