La mia Crimea, dove mi sento ucraina in mezzo ai filo-russi

 

Quando qualcuno mi chiede di parlare dei fatti accaduti lo scorso febbraio in Ucraina e a marzo in Crimea dico semplicemente che la società ucraina voleva dei cambiamenti e gli ha ottenuti  mentre le persone della Crimea non volevano cambiare e anche loro hanno ottenuto quel che volevano.

La rivoluzione ucraina spesso chiamata “Maydan” non era legata all’entrata nell’Unione Europea del Paese, come molti credono. Si trattava di una questione di dignità. Sebbene iniziata come una protesta pacifica contro il drastico aborto del processo di integrazione europea da parte del governo, si è trasformata ben presto in una rivoluzione di milioni di persone che non potevano più accettare le ruberie e gli abusi di un governo corrotto e di poche ricchissime persone.

E come ogni rivoluzione anche questa ha portato, per molte famiglie, morte e miseria. Ma la cosa più interessante è che persone di ogni genere, giovani e anziane, povere e abbienti, abbiano deciso di rischiare le proprie vite affinché l’Ucraina potesse essere definita nazione una volta per tutte. Maydan può non aver cambiato il sistema, ma per certo ha cambiato la mente di milioni di persone. Come me, una giovane donna russofona proveniente dalla Crimea. Maydan ci ha fatto capire chi siamo veramente – una nazione in grado di lottare per la libertà e la dignità. E queste non sono semplicemente parole altisonanti. Più di cento persone sono state assassinate dal proprio governo davanti al mondo intero affinché queste parole avessero un significato.

Ma non per gli abitanti della Crimea. Il fatto è che da sempre sono filo-russi. Ma non russi. Territorialmente, economicamente. La Crimea è una penisola totalmente ucraina e coloro che affermano che i crimeani sono russi perché parlano russo dovrebbero allo stesso modo cercare di far tornare gli Stati Uniti sotto il controllo della Corona britannica. La lingua è una parte significativa della cultura ma da sola non può definire chi siamo (così come non possono i governi, i confini o le armi).

La società crimeana è terrorizzata da ogni cambiamento. Per decenni la Crimea è stata dimora di una sorta di torpore post sovietico. Nessun cambiamento, nessuna ambizione, nessuna trasformazione di alcun genere. L’unica attività politica qui è lamentarsi delle politiche di Kiev stando seduti in cucina (siamo famosi per il nostro buon cibo). La stessa idea di cittadinanza è strana qui. A volte mi viene quasi da pensare che la natura unica della nostra penisola non merita il nostro pigro stile di vita. Voglio dire, qui è davvero tutto bello. Ovunque. Ed è inevitabile sentirsi orgogliosi di essere crimeani. E allora perché non impegnarci per cambiare?

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Ecco come è la mia terra: bella, calda e… assolutamente indifferente. Spingo molto su questo concetto perché uno dei punti forti che ho sentito da coloro che hanno votato per l’annessione alla Russia nel cosiddetto “referendum” è: “Cosa ha mai fatto di buono lo stato ucraino per me (noi)?”

Quindi non è un problema di maltrattamenti, discriminazioni o chissà cosa. Semplicemente nessuno è venuto a risolvere i nostri problemi. E questa non è una caratteristica unicamente crimeana, è sovietica. Il sistema politico sovietico faceva sì che ogni iniziativa poteva essere punita e quindi preferivamo stare seduti a far niente in attesa che i “tizi” della capitale ci dicessero cosa fare.

E così hanno fatto. Uomini non identificabili armati di fucili hanno occupato i palazzi amministrativi e governativi della Crimea, bloccato le basi militari e tenuto il cosiddetto “referendum”.

Maydan, da simbolo di incredibile cambiamento, fu considerato dalla maggior parte dei crimeani come un atto di anarchia totale che andava punito e distrutto. E coloro che supportavano lo stato ucraino (che, ad ogni modo, non sono pochi: i tatari di Crimea – circa il 14% della popolazione -, gli studenti universitari, una buona parte della classe media che ha studiato in Ucraina o che ha avuto connessioni lavorative con Kiev) non hanno partecipato al “referndum sottotiro”. Nessuno dei miei amici lo ha fatto.

In quel marzo ho visto molte cose strane accadere. Le persone portavano i bambini a farsi foto felici con gli “uomini verdi” (noti anche come la “brava gente” perché mentre invadevano il territorio di un altro stato non facevano del male a nessuno), gli anziani danzavano per le strade al suono delle vecchie canzoni sovietiche, disoccupati e galeotti dotati di pistole si facevano chiamare “milizia” mentre bloccavano i cittadini per strada e li perquisivano, soldati ucraini bloccati dentro le basi senza alcun aiuto esterno… Per coloro che conoscono almeno un po’ la storia russa queste immagini sono assolutamente famigliari. La Crimea sognava di tornare indietro. Non verso la Russia (qui le persone non hanno idea di cosa sia la Russia moderna) ma verso il suo passato sovietico.

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Ho visto depressioni, case abbandonate, famiglie divise. Né sangue né terrore. Solo la tragedia di non sentirsi a casa, almeno per le persone come me. Siamo onesti, poteva andare molto peggio. C’è una domanda che non mi ha fatto dormire per tante notti:

Come abbiamo potuto abbandonare il nostro paese così facilmente, in pochi giorni? L’Ucraina era così terribile e insostenibile per la Crimea? Come si può vivere per 23 anni in un paese e non sentirsi almeno un po’ legati?

Poi ho capito. L’Ucraina è molto grande. Per me è il miglior dono: l’ho girata da est a ovest, da nord a sud, dove si parla in russo e dove in ucraino, ho conosciuto persone molto diverse tra loro, nuotato in mari diversi, scalato le montagne. Eppure ho ancora molto da vedere. L’Ucraina è economica, facilmente percorribile e ti può dare ogni tipo di esperienza culturale, grazie a una varietà etnica, religiosa e sociale di tale portata. Ecco perché quando la mia famiglia, fortemente filo-russa, mi chiede perché io mi definisca ucraina fallisco nella risposta. Le persone qui non lasciano la Penisola, anche i giovani sono passivi. E tutti i cittadini attivi prima o poi la lasciano.

E adesso?

Che ci piaccia o meno, Crimea come la conoscevamo non esisterà per moltissimo tempo. Moltissime persone (la maggioranza, ma non certo il 96% dato dalla propaganda russa) sono felici. Credono che la Russia porterà loro soldi, livelli di vita più alti e stabilità. Come questo possa accadere nessuno lo sa. La Crimea è una regione turistica e il 60% dei fruitori è ucraino. Questa è stata un’estate decisamente unica: per la prima volta i crimeani possono avere spiagge pulite e senza turisti, dove potersi riposare in santa pace. Ovviamente questo implica anche la perdita di tanti posti di lavoro e della sicurezza per i mesi invernali.

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A parte questo è cambiato poco. Usiamo soldi russi per comprare bandiere russe e i ritratti di Putin sono praticamente ovunque. Non usiamo più carte di credito perché tutti i conti bancari crimeani sono congelati. Dai nostri aeroporti possiamo volare solo verso la Russia. Ma come? Le persone sono ancora in lista per ottenere i passaporti russi. Possiamo vedere solo i programmi della tv russa (che sicuramente sapranno come incrementare il nostro ottimismo).

E non abbiamo la guerra… E’ davvero strano e doloroso sapere che da altre parti i miei connazionali stanno combattendo tra loro mentre io sono seduta su una sponda calda del Mar Nero. Niente è cambiato eppure è tutto diverso. Ma sebbene sia impossibile trovare una singola bandiera ucraina in tutta la penisola, ecco i colori visibili ai bordi delle infinite strade della Crimea:

Julia Z.


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