Bombe in Cile. Chi mina la serenità del paese più sicuro del Sudamerica?

 

di Luca La Gamma, da Santiago

Oggi a Santiago del Cile non è un giorno come tanti. Ogni 11 settembre semina panico e terrore in città da quel lontano 1973 che segnò il colpo di Stato. L’11 settembre 1973, la bomba a “La Moneda”, il suicidio del presidente socialista Salvador Allende, la morte dei fratelli Rafael e Eduardo Vergara Toledo, il golpe militare e la nascita della dittatura di Augusto Pinochet. Tutto questo rappresenta l’11 settembre.

Ogni anno la città si barrica in casa. Per le strade del centro tafferugli tra esponenti di estrema destra, estrema sinistra e forze dell’ordine. Elicotteri nei cieli, ambulanze che corrono a destra e manca, decine di feriti e le istituzioni immobili a guardare. È cosi ogni anno, cosi dal 1973. L’11 settembre, il giorno del giovane combattente, cosi viene etichettato da queste parti dal 1985, anno in cui i due fratelli Vergara Toledo vennero assassinati da militari della dittatura.

È quindi facile ricondurre i recenti attentati a questa giornata. Lunedì un piccolo ordigno fatto in casa è esploso nei pressi della stazione metropolitana di “Escuela Militar”, martedì uno simile nella tranquilla città di Viña del Mar, a pochi passi da Valparaiso. Oggi in città un’anziana è stata uccisa e alcune banche sono state vittime di violazioni e incendi.

La domanda, però, sorge spontanea. Chi mette le bombe in città? Se lo stanno domandando i cileni tutti, e neanche l’arrivo di esperti statunitensi è, per ora, riuscito a risolvere l’enigma. Gli attentati, dichiarati atti terroristici dal presidente cileno Michelle Bachelet, non sono stati rivendicati da nessun gruppo estremista. Le autorità non hanno piste certe, di questi ultimi due attentati come dei 200 verificatisi nel paese negli ultimi 5 anni.

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Si è supposto che a minare la tranquillità dei cileni fossero attivisti pro Mapuche, indigeni che vivono nel sud del Paese e che rivendicano le terre che si sono visti sottrarre dal Salvador Allende negli anni ’60 e ’70, ma questi hanno negato la paternità degli attentati.

La pista più probabile, ad oggi, è quella degli attivisti che sono contro il sistema, la globalizzazione e l’occidentalizzazione del Paese. Sono diverse le firme di movimenti che da anni si battono contro la speculazione e il dominio economico. E non è un caso che questi attentati siano stati commessi prima dell’11 settembre, data che ha segnato uno spaccato nella comunità cilena e che ancora oggi si trascina dietro delle conseguenze politico-sociali non indifferenti.

Gli esperti indagano, con l’aiuto di forze statunitensi appunto. I politici restano a guardare e si avvolgono nel lutto e nel ricordo del colpo di Stato che tutt’oggi suscita movimenti di pensiero contrastanti nella società. Mentre in strada qualcuno muore e i più fortunati porteranno per sempre i segni di questo ennesimo 11 settembre.


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