La vita nelle “repubbliche” autogestite in Portogallo

testo di Martina Matozzi – foto di Stefano Pacini

Qualsiasi visitatore, viaggiatore, turista, passante o vagabondo che sia, percorrendo per la prima volta le vie strette e acciottolate della città vecchia di Coimbra non può non notare delle abitazioni dalle facciate decorate di cianfrusaglie, dipinte di graffiti e foderate di cartelloni, locandine, panni stesi e insegne.

A prima vista potrebbe sembrare strano, ma che cos’è poi questa percezione se non un richiamo, desideroso o distaccato, alla curiosità?

Viaggio, vicino o lontano non importa, significa rendersi disponibili a scoprire i segreti di qualche altrove, o di ciò che, seppur già conosciuto, può diventare di nuovo ignoto. Una volta lasciatasi la porta di casa alle spalle e intrapreso il cammino, molte altre porte si aprono.

E se quelle case dalle insolite facciate, aprissero le loro porte e fossero le Repúblicas di Coimbra?

L’ospitalità, del resto, è un valore sacro sin dai tempi dell’antica Grecia, anche se oggi, forse, in pochi si ricordano del rispetto che il padrone di casa dovrebbe portare verso l’ospite e viceversa, e del regalo di commiato. Oppure del regalo di benvenuto, come dice il motto della RepúblicaRás Teparta:

Entra amigo
entra em paz
se trazes presunto ou vinho
Mas se é a conta o que te traz
saímos a bocadinho

[Entra amico/ entra in pace/ se ci offri il prosciutto o il vino/ ma se ci porti il conto/ non c’è più nessuno]

Le Repúblicas di Coimbra sono case autogestite dagli alunni dell’Università di questa città. Gli studenti che vogliono viverci possono intraprendere un’esperienza di convivenza, amicizia e molta goliardia. La loro gestione cambia di casa in casa, così come i vari credi e ideologie politiche. Le decisioni per la loro organizzazione, comunque, sono prese all’unanimità. Quorum e maggioranze hanno ben poca importanza.

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Oggi, a Coimbra, esistono circa venticinque Repúblicas. C’è chi fa rimontare la loro origine ai tempi della Charta Magna Privilegiorum (1309) del Re poeta Dom Dinis, fondatore di una delle università più antiche d’Europa. La loro storia è lunga e tortuosa e tra gli episodi più recenti è doveroso ricordare la demolizione di molte di queste case (così come di molte altre abitazioni ed edifici storici) che si trovavano in una parte della città vecchia smantellata durante la dittatura di Salazar – tra gli anni ’40 e ’60 del secolo scorso – per dare spazio alle ancora oggi esistenti infrastrutture moderne, di ispirazione classicheggiante e dottrina fascista. Dopo di ciò, molte di queste case traslocarono, altre scomparirono, e ne nacquero di nuove, a dimostrare quanto fosse forte non solo l’idea della vita in comunità, bensì la concretizzazione di ciò che oggi potrebbe apparire utopico.

L’Università di Coimbra è patrimonio dell’Umanità riconosciuto dall’UNESCO e alcune delle Repúblicas – 16 delle 25 oggi esistenti – sono state incluse come patrimonio materiale in questo processo di attribuzione di valori culturali, per l’importanza della loro storia e del loro ruolo nell’ambiente universitario della città. C’è anche molta immaterialità, comunque, in queste case che ospitarono le idee d’importanti manifestazioni studentesche, in cui entrarono poeti come Vinícius de Moraes e Herberto Hélder, vissero cantautori della resistenza, come José Afonso e Adriano Correia de Oliveira, solo per citarne alcuni.

Le foto di Stefano Pacini ci mostrano un patrimonio vitale del Portogallo, oggi purtroppo in via di estinzione. Nonostante il riconoscimento dell’UNESCO, infatti, la recente legge sul diritto di locazione è insostenibile per molte Repúblicas, costringendone molte alla chiusura. Alcune stanno reagendo agli ordini dettati dalle frenetiche dinamiche del mercato, ma sulle ormai spoglie facciate di altre imperano luccicanti i cartelloni delle agenzie immobiliari.

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Le porte di queste case resisteranno aperte durante molto tempo a studenti, visitatori, viaggiatori, turisti, passanti e vagabondi. Ne voglio essere convinta. Perché nelle Repúblicas la frontiera tra l’immateriale e il materiale è rappresentata da quelle porte sempre aperte a chi voglia entrare, conoscere e condividere. Così come sono frontiere aperte le loro facciate decorate di cianfrusaglie, dipinte di graffiti e foderate di cartelloni, locandine, panni stesi e insegne: protesi che legano lo spazio privato della casa alla Strada. Spero solo che non si trasformino in mausolei, e che siano riconosciute, invece, come un patrimonio ricco di storia, e soprattutto di vita.


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