La vita degli ebrei iraniani sotto Rohani

Con circa 10mila membri, la comunità ebraica in Iran è la seconda più grande del Medio Oriente (dopo Israele). La presenza degli ebrei nel territorio attualmente governato dalla Repubblica Islamica d’Iran risale a oltre 3000 anni fa, facendo dell’ebraismo una tra le religioni più antiche dell’area (qui sono sepolti i profeti Habacuc, Daniele e la regina Ester). Sono circa un centinaio le sinagoghe nello stato dell’Asia centrale – che ha nel proprio parlamento un seggio assegnato specificatamente a un rappresentante della comunità. Il quotidiano israeliano Ha’aretz ha dedicato uno speciale sulla vita sotto il governo Rohani.

“Da quando Rohani ha preso il potere”, si legge su Ha’aretz, ” gli ebrei dicono di essere rinfrancati dal supporto ricevuto. Il suo governo ha autorizzato la chiusura delle scuole ebraiche di sabato per santificare lo Shabbat, il giorno di riposo. Rohani ha anche stanziato l’equivalente di 400mila $ ad un ospedale ebraico a Teheran e ha invitato l’unico legislatore ebraico del Paese ad accompagnarlo all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite l’anno scorso”.

“Avevamo paura negli anni ’80. Sentivamo la pressione. Ora non siamo più preoccupati. Ci sentiamo sicuri e godiamo di libertà”, ha detto ad Ha’aretz Mahvash Kohan, una pellegrina ebrea venuta a Yazd da Shiraz. “Nel passato Israele ha elargito incentivi – come ad esempio l’assegnazione di case – che hanno attirato alcuni ebrei. Ora non è più così. E gli ebrei iraniani godono di una miglior condizione di vita e di lavoro qui in Iran. Nessuno vuole lasciare il Paese, ora”.

 


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