Essere gay in un campo profughi

Sono 37 le nazioni africane che criminalizzano le relazioni omosessuali. Di queste, ben quattro consentono ancora la pena di morte nei confronti delle persone LGBTI. Attualmente solo una nazione africana garantisce la parità di diritti, il Sud Africa, dove però troppo spesso le leggi non vengono applicate.

NIGERIA – Negli ultimi mesi la Nigeria, il Gambia e l’Uganda hanno inasprito le loro pene nei confronti delle persone LGBTI. La prima ha introdotto una legislazione anti-gay, il “Same-Sex-Marriage Prohibition Act”,  allo scopo di impedire i matrimoni fra persone dello stesso sesso, una pratica quasi sconosciuta nel Paese, dove l’omosessualità è illegale. Il divieto del matrimonio fra persone dello stesso sesso (o divieto di unione, Act 2013) prevede le seguenti sanzioni:

  • fino a 14 anni di carcere per chiunque entri in un contratto matrimoniale o in un unione civile. L’unione civile copre anche le relazioni fra conviventi , se persone dello stesso sesso;
  • fino a 10 anni di reclusione per chi non testimonia o sostiene il matrimonio fra persone dello stesso sesso;
  • Fino a 10 anni di reclusione per chiunque “registri, operi o partecipi in attività in locali o in società gay”;
  • fino a 10 anni di carcere per chi fa manifestazioni pubbliche “dirette o indirette” ed esprime solidarietà alle coppie gay.

La Nigeria è il secondo paese al mondo con il numero più alto di malati di HIV fra la sua popolazione. La legislazione punitiva promuove comportamenti a rischio, impedisce l’accesso agli strumenti di prevenzione e ai trattamenti e acuisce lo stigma delle disuguaglianze sociali che rendono le persone più vulnerabili all’infezione da HIV e alla malattia.

GAMBIA – Verso ottobre 2014 il Presidente del Gambia, Yahya Jammeh ha approvato un nuovo reato di “omosessualità aggravata”, che è punibile con l’ergastolo, ed è stato aggiunto al codice penale. Fra coloro che possono essere accusati di omosessualità aggravata ci sono i delinquenti seriali e le persone con l’HIV (ritenute spesso essere gay o lesbiche). Questa criminalizzazione dell’attività sessuale nel Gambia viola il diritto internazionale. Le disposizione vaghe e imprecise di questa legge potrebbero essere utilizzate in modo inappropriato, arrestando chiunque venga riconosciuto come gay o lesbica, contribuendo ad alimentare l’ostilità ed il clima di tensione e di paura che già aleggia nella comunità LGBTI.

Human Rights Watch ha dichiarato che queste normative hanno portato ad un incremento delle violazioni dei diritti umani, tra cui arresti, abusi da parte della polizia e sfratti. Dopo queste azioni anche Amnesty International ha accusato il governo del Gambia di aver torturato i cittadini arrestati nell’ultimo periodo, precisando che la guardia presidenziale ha costretto cinque persone a confessare, tra cui un ragazzo di 17 anni e tre donne. Per via di queste continue persecuzioni, molte persone LGBTI lasciano spesso le zone rurali per aree urbane più tolleranti o migrano verso paesi vicini che offrono un maggior riconoscimento di tutela giuridica.

UGANDA – Seguendo la stessa linea legislativa della Nigeria, l’Uganda ha approvato nel febbraio 2014 una legge firmata dal Presidente Yoweri Musuveni, l’Anti-Homosexualy Act, che inaspriva le pene nei confronti degli omosessuali con il carcere a vita. La legge fu presentata nel 2009 da David Bahati, un membro del Parlamento ugandese, e venne in seguito modificata. La prima versione contemplava ancora la pena di morte. L’Uganda criminalizza i gay sulla base di una vecchia legge sulla sodomia, ereditata nel periodo della colonizzazione britannica, anche se le punizioni sono state notevolmente rafforzate dal 1990. La sezione 140 del codice penale punisce: “la conoscenza carnale dell’ordine contro natura” (fonte Human Rights Watch).

Anche se l’Anti-Homosexuality Act è stata abrogata ad agosto 2014, la situazione non è molto migliorata, e molti omosessuali continuano la loro fuga verso il Kenya. Secondo i dati dell’associazione per i rifugiati ORAM, i gay ugandesi si rifugiano spesso in Kenya per sfuggire alla detenzione e alla persecuzione, motivo per cui sono anche più a rischio di violenze sessuali.

kakuma-refugee-camp-combo2-cf-TORTURE E DISCRIMINAZIONI NEI CAMPI PROFUGHI – I dati dicono che 58 ugandesi LGBTI fuggiti in Kenya hanno sperimentato violenza e discriminazione nel campo profughi di Kakuma. Dalle cifre pervenute nel 2012 dal campo profughi di Dadaab, al confine con il Kenya e Somalia, sono state registrati quasi 6000 nuovi arrivi solo dalla Somalia. Ad agosto 2012, il numero totale di rifugiati registrati e di richiedenti asilo era di oltre 630.000. Fra questi anche molte persone LGBTI, che durante i loro spostamenti possono aver subito varie forme di violenza, come stupro, stupro collettivo e sfruttamento sessuale.

I rifugiati che hanno avuto esperienze di violenza sessuale e di genere hanno bisogno di azioni urgenti. Essi sono stati sottoposti a sofferenza fisica o psicologica derivate dallo spostamento e dall’esperienza di violenza.

Ancora molto scarse le informazioni sui rifugiati del Senegal. Nonostante le nostre ricerche, non sono state trovate informazioni concrete sulla qualità di vita nei campi e sui bisogni dei loro occupanti.

Queste sono solo alcuni dei dati di cui disponiamo. In Kenya, ad esempio, esistono due tipi di rifugiati, quelli delle aree urbane che vivono a Nairobi e nelle città vicine, quelli nel Campo di Kakuma.

Le condizioni di entrambi sono orribili. Nel campo di Kakuma, molte persone LGBTI sono state recentemente prese di mira a causa del loro orientamento sessuale; per lo più le aggressioni sono state compiute da sudanesi e somali.

I rifugiati riferiscono che non vi è alcuna protezione da parte dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e la polizia è stata segnalata per minacce alle vittime.

TRAFFICO DI ESSERI UMANI E ‘FINTI OMOSESSUALI’ – Ad aggiungersi a queste polemiche sulla scarsa tutela nei confronti delle persone LGBTI, negli ultimi mesi sono sorte altre difficoltà. A seguito delle ultime notizie sul traffico di esseri umani dall’Uganda al Kenya sembrerebbe che l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) abbia bloccato consapevolmente le registrazioni per le richieste di asilo, per evitare di essere complice del “popolo di contrabbando”e delle spregevoli truffe in atto, che coinvolgono alcune persone eterosessuali mascherate da persone gay perseguitate.

Ci è stato segnalato che l’ONU è stata avvertita più volte da alcuni ragazzi ugandesi ospiti nei rifugi circa il numero crescente dei casi di persone omosessuali usate come copertura per le “tratte di esseri umani”. In buona fede la comunità LGBTI si era lamentata molti mesi fa di un gran numero di “eterosessuali” abusivi, che dopo aver sostenuto il viaggio dall’Uganda si recavano ai campi di Nairobi e Kakuma per accedere alla registrazioni imposte dall’ONU.

Ci viene segnalato anche un massiccio traffico di eterosessuali che è visibilmente aumentato negli ultimi mesi, non è più un’impresa di alcuni individui senza scrupoli che tenta di introdursi nel meccanismo, è diventata una vera e propria attività, con l’obiettivo di screditare  coloro che sono in procinto di essere classificati come “Migranti Economici”. L’ultimo lotto di 76 falsi “omosessuali” che ha effettuato la registrazione presso le Nazioni Unite, circa due settimane fa, ha prontamente detto di essere stati istruiti per raccontare la storia della “persecuzione verso le persone gay”.

Questo fatto resta inquietante per tutte le persone LGBTI “genuine” ancora perseguitati a Kampala, coinvolti in torture, violenze e prigionia, con prove documentabili, che ora vengono messe in dubbio; le registrazioni sono state chiuse e l’assistenza finanziaria è bloccata a tutti gli ugandesi.

Alcuni gruppi provenienti dall’Uganda hanno provato a porre obiezioni, ma per un certo periodo vi avevano rinunciato.

Dalle ultime notizie da Kampala è emerso che i rifugiati LGBTI ugandesi nel campo di Kakuma e quello di Nairobi hanno protestato mercoledì 11 marzo 2015, davanti agli uffici dell’UNHCR, che ha chiamato la polizia.

Facciamo quindi un appello urgente alle Nazioni Unite e alle Comunità Internazionali amiche empatizzanti perché ci diano una mano a risolvere questa situazione. La comunità LGBTI conta di più di trecento richiedenti asilo e di rifugiati provenienti dall’Uganda, che vivono attualmente in Kenya e affrontano sfide difficili. Chiediamo un sostegno diretto o un aiuto a tutte le persone di buona volontà possano assistere l’UNHCR e la sua agenzia esecutiva HIAS per la fornitura regolare dei loro servizi.

Le lacune nella fornitura di protezione e dei servizi umani che ci sono state segnalate dai migranti LGBTI hanno portato a diverse contese, che attualmente minacciano la vita della comunità omosessuale in Kenya. Comunità che esprime una forte amarezza nel dichiarare che spesso non si sente ascoltata dal’UNHCR e dall’HIAS in Kenya, ma si vede rispondere di portare riconoscenza per ciò che viene fatto per loro.

DEFINITIVO“Le nostre preoccupazioni sembrano cadere nel vuoto”, dichiarano esponenti della comunità LGBTI”, o cercano di essere soddisfatti con rimproveri difensivi e accuse di cattiva condotta”. Questo comportamento sta causando una perdita di fiducia della comunità LGBTI nei confronti dell’UNHCR e la sua agenzia HIAS in Kenya. Con questo articolo vorremmo portare le persone a riflettere su una realtà ancora poco conosciuta, ma importante per quanto concerne i diritti umani fondamentali.

La nostra associazione International LGBTI Support si sta impegnando in una Campagna di Supporto per i Rifugiati LGBTI in Kenya e in Senegal, per aiutare a sconfiggere la discriminazione in tutti i paesi, non solo quelli dell’Unione Europea. Per fare questo
crediamo possa essere importante entrare in contatto con altre realtà, spesso ancora a noi sconosciute.

Negli ultimi mesi insieme ad altre associazione Partners fra cui Uganda gay on Move, ORAM, Ilga Pan Africa, African HCR, abbiamo lanciato il progetto “case sicure” per costruire alloggi per la comunità LGBTI dove possano restare in attesa dei documenti per le richieste di asilo. Speriamo che le persone ci vogliano sostenere e supportare in questa impresa. Per ulteriori informazioni sui nostri programmi, potete contattarci all’indirizzo isp.uganda@hotmail.com

Tobias Pellicciari – International Support Ugand


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