Il Burundi tra speranze democratiche e il rischio di una nuova guerra civile

di Valeria Alfieri – Phd in Scienze Politiche Università La Sorbona (fotografie di Egide Alex)


Aggiornamento del 15 maggio, ore 17

Oggi a Bujumbura le strade restano vuote, la gente rimane in casa. Un debole tentativo di montare una barricata a Musaga, uno dei quartieri della capitale, è stato rapidamente sventato dalla polizia che non ha esitato a sparare alcuni colpi di arma da fuoco accusando i manifestanti di essere dei golpisti. Ma i veri golpisti, quelli che non sono finiti nelle mani del governo (almeno tre sono stati arrestati), sono attualmente in fuga. Il tentativo di golpe annunciato mercoledì dal Generale Godefroid Niyombare è fallito: ieri mattina dopo due ore di combattimenti e due assalti consecutivi alla sede della Radio-Televisione Nazionale, le forze golpiste sono state respinte dalle truppe fedeli al potere. E la Presidenza è rimasta sotto il controllo del Cndd-Fdd. Nonostante i tentativi e gli incitamenti a riorganizzarsi, stamane all’alba i fautori del tentato gole hanno dichiarato la resa. Tre sono stati arrestati, altri sono attualmente introvabili. Profonda inquietudine e sorpresa domina gli animi dei manifestanti scesi in piazza nei giorni scorsi. Le donne, in particolare, esprimono la loro rabbia nel vedere il loro sforzi pacifici vanificati. Il Presidente Nkurunziza a, nel frattempo, fatto ritorno in Burundi.

I partiti di opposizione stanno cercando di riorganizzare i manifestanti e di risollevare il morale dei loro militanti, mentre i leaders della società civile fanno appello alla popolazione di tornare in strada. Per il momento tutto è calmo nelle strade della capitale, fatta eccezione per i pk del partito al potere che fanno il tour dei quartieri della capitale sventolando bandierine e cantando inni in segno di sfida. Nkurunziza manterrà la sua candidatura nonostante gli eventi e le forti pressioni internazionali? La rabbia popolare potrà trasformarsi in un’azione armata? Le evoluzioni dei prossimi giorni potranno dirci qualcosa in più.

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Il buongiorno di Bujumbura, la capitale del Burundi, è stato tutt’altro che dolce stamane: colpi di armi automatiche, esplosioni, incendi si sono susseguiti nel corso della mattinata. I negozi sono chiusi, le poche persone che s’incontrano per strada corrono a ripararsi, le principali radio private del Paese bruciano, e numerosi scontri a fuoco oppongono i golpisti alle forze fedeli al regime. Ancora non è chiaro chi dirige attualmente il Paese, con il Presidente Nkurunziza bloccato in Tanzania da ieri a causa del colpo di stato, ancora in corso. Il 13 maggio 2015 avrebbe potuto passare alla storia come un momento epico per il Burundi, una “liberazione” – annunciavano ieri i giovani manifestanti. Dopo più di due settimane di proteste, che hanno provocato una ventina di morti e decine di feriti negli scontri tra civili e polizia, dai due campi militari di Bujumbura si sono mobilitati un numero imprecisato di soldati e circa otto carri blindati che hanno scortato i manifestanti fino al centro della Capitale, occupando alcuni punti strategici, tra cui due radio private dalle quali cui è stata annunciata la destituzione del Presidente Nkurunziza e la presa del potere da parte del nascente Comité pour l’établissement de la Concorde Nationale. Il Generale Godefroid Niyombare rivendica la responsabilità del golpe con un messaggio diffuso da Radio Bonesha e Radio Isanganiro, due radio private. Poche ore dopo su France 24, una seconda dichiarazione: “Il nostro è un Paese democratico. Non era necessario fare ciò che abbiamo fatto. Ma se guardate alla storia del nostro paese allora comprenderete”. Un colpo di stato per difendere la democrazia? Paradossale! Ma è esattamente ciò che sta accadendo in queste ore in Burundi.

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Godefroid Nyombare, 46 anni, originario di Kamenge, un quartiere al nord della Capitale, è un vecchio compagno di guerra di Pierre Nkurunziza, ed è stato uno dei suoi più fedeli sostenitori tanto da essere a capo dello Stato Maggiore burundese dal 2006 al 2014. Dopo una breve esperienza come ambasciatore in Kenya, è nominato alla testa dei servizi segreti burundesi. Ma la sua opposizione al terzo mandato di Nkurunziza, viene considerata come un imperdonabile voltafaccia e punita con la destituzione dal suo incarico. Pierre Nkurunziza è stato eletto Presidente della repubblica burundese per la prima volta nel 2005. Rieletto nel 2010, è stato poi ricandidato dal suo partito (il Cndd-Fdd) per un eventuale terzo mandato alle elezioni nazionali che avrebbero dovuto cominciare tenersi a fine giugno. La sua candidatura è giudicata dai suoi oppositori non conforme alla costituzione, che prevede un massimo di due mandati presidenziali. La decisione di non mollare il “trono”, neanche di fronte a forti pressioni della comunità internazionale e a dissensi interni al suo stesso partito, è la causa dell’attuale escalation di violenza.

Foto di Egide Alex
Foto di Egide Alex

Entrando trionfalmente in città su dei carri blindati, ieri i golpisti avevano dato l’illusione di un colpo riuscito. Una folla immensa si è riversata nelle strade tra urla di gioia, canti, danze e appelli alla vittoria ed alla liberazione. In realtà è emerso quasi immediatamente come la situazione sia molto più confusa e delicata di quanto possa sembrare. L’esercito, infatti, non è solidale: parte rimane fedele al regime, parte tenta di portare a compimento il golpe. La Presidenza e la Rtnb (la Radio-Televisione Nazionale) restano sotto il controllo del governo, mentre l’aeroporto e alcuni importanti assi stradali sono occupati dai golpisti. Secondo una fonte ben informata, il Generale Niyombare avrebbe l’appoggio di personalità importanti dell’esercito, tra cui il Generale Cyrille Nyokururuza, uno dei più anziani membri delle forze armate. Rispettivamente, un generale hutu ed un generale tutsi portano avanti una lotta che non ha nulla a che vedere con l’etnicità che ha insanguinato il paese negli anni ‘90, e potrebbe segnare un passo importante verso il consolidamento della giovane democrazia burundese. I giovani dei quartieri urbani, gli studenti, le donne che sono scese in piazza a manifestare sostengono il colpo di stato in corso. All’interno del Paese, invece, la situazione resta calma. Tutto si gioca a Bujumbura, nella Capitale, cosa che non stupisce dato che qui si contano i principali centri del potere politico. Sembrerebbe, tuttavia, che dei battaglioni militari abbiamo lasciato le loro basi militari all’interno del Burundi per raggiungere Bujumbura in appoggio alle truppe del generale Niyombare. Le notizie si rincorrono velocemente e, mentre chiudo quest’articolo, giunge voce che, dopo due ore intense di combattimenti, la Rtnb resta nelle mani dei fedeli al regime. ulteriori aggiornamenti verranno forniti appena possibile.

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