Libia, Tripoli tra rifiuto e legittimazione

di Alessandro Pagano Dritto

(Twitter: @paganodritto)

 

A brevissima distanza dalla data di tempo massimo prevista dalle Nazioni Unite perché entrambi i poli politici libici si esprimano sul testo dell’accordo e sulla composizione proposta dalle stesse per il Governo di Accordo Nazionale, il 20 ottobre, appare utile e interessante chiarire la posizione del GNC, la camera tripolina non riconosciuta a livello internazionale.

Alcuni elementi sullo sguardo della rivale HOR, camera internazionalmente riconosciuta, sono per ora deducibili dal lettore in un precedente articolo dalla struttura, però, non analoga.

I comunicati della stessa camera tripolina e le notizie diffuse da un sito di informazione che non appare tra i più distanti dagli ambienti della Capitale, il Libya Observer, costituiranno volutamente – e pare, anche, necessariamente – il materiale col quale per lo più si è deciso di ricostruire la voce di questa realtà politica.

 

Nella tarda serata del 18 ottobre la Commissione Politica del General National Council (Consiglio Generale Nazionale) di Tripoli si è espressa negativamente nei confronti del rappresentante delle Nazioni Unite in Libia Bernardino Leon e nei confronti della bozza di dialogo da lui presentata l’11 ottobre. La Commissione ha posto in evidenza problemi di sovranità dello Stato libico – che per la comunità internazionale, si ricordi, Tripoli e le sue istituzioni non rappresentano – di discutibile conduzione dei negoziati – Leon che prima rifiuta gli emendamenti proposti dal parlamento della Libia occidentale e poi però modifica la bozza di sua iniziativa – e di favoreggiamento di una parte dialogante rispetto all’altra.

Non è questa l’espressione ufficiale dell’intero parlamento, ma ne è una possibile anticipazione.

 

13 ottobre, la lettera di Bernardino Leon alle camere.

Il 13 ottobre 2015 il presidente della United Nations Support Mission in Libya (Missione di Supporto delle Nazioni

Il rappresentante delle Nazioni Unite in Libia Bernardino Leon mentre propone le nomine per il Governo di Accordo Nazionale (Fonte: en.libyaschannel.com)
Il rappresentante delle Nazioni Unite in Libia Bernardino Leon mentre propone le nomine per il Governo di Accordo Nazionale (Fonte: www.en.libyaschannel.com)

Unite in Libia, UNSMIL) Bernardino Leon invia una lettera, resa poi pubblica dallo stesso parlamento tripolino, nella quale il vertice maggiore dell’UNSMIL Bernardino Leon chiede al presidente della suddetta camera Nuri Abu Sahmain di aiutarlo a «diffondere il sostegno all’interno del GNC per assicurare l’approvazione del testo finale dell’Accordo Politico Libico». Nel documento Leon dice anche di aver inviato la bozza definitiva dell’Accordo, che presumibilmente contiene le modifiche da lui inserite poco prima di annunciare le nomine proposte per il governo unitario, l’11 ottobre.

 

 

Non sembra che la lettera sia un’esclusiva dei rapporti tra le Nazioni Unite e il GNC in quanto fonti stampa libiche indicano che un testo quanto meno di pari contenuto sia stato inviato anche alla camera rivale di Tobruk – la House of Representatives (Casa dei Rappresentanti, HOR), riconosciuta internazionalmente – ma non di meno illustra con chiarezza quale sia la situazione di Tripoli: la Capitale, come del resto la rivale Tobruk, si trova a dover affrontare entro il 20 ottobre una bozza di accordo presentata in modo anomalo rispetto alle volte precedenti e contemporaneamente anche a dover decidere se approvare le nomine governative presentate da Leon. Queste nomine vedono un membro del parlamento rivale, Fayez Sarraj, come Primo Ministro dell’esecutivo unitario e un Consiglio Presidenziale inaspettatamente allargato a sei membri dei quali almeno due possono dirsi vicini alla sua sfera di influenza: Ahmed Meitig, che per un breve periodo nel 2014 ricoprì una contestata posizione di Primo Ministro libico in contrapposizione al tuttora riconosciuto Abdallah al Thanni, e Mohammed Ammari, nominato come «senior minister» del Consiglio stesso.

Nella lettera Leon chiede che il GNC – e, si può presumere quindi, anche la HOR – consideri l’accordo «come un solo documento con gli inclusi annessi. Così, l’approvazione del testo non può essere selettiva e deve essere applicata all’intero accordo. Lo stesso principio si applica pure alle nomine proposte per il Consiglio Presidenziale allegate al primo annesso dell’accordo, che può essere approvato solo nel suo complesso».

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Il sito d’informazione Libya Observer, che appare vicino alle posizioni della Capitale, cita tradotti in inglese alcuni passi della risposta di Nuri Abu Sahmain alla lettera di Leon, diffusa dal GNC nell’originale arabo: in particolare il rappresentante politico tripolino si lamenta del modo in cui Leon ha scelto i nomi, dando cioè per valida e ufficiale una lista che – sostiene sempre Sahmain – è stata «inviata da circa 25 membri che hanno violato il quadro legale del GNC».

Questa risposta sembrerebbe autorizzare almeno due pensieri riguardo il parlamento di Tripoli: il primo, che vi sia una parte dei parlamentari che stiano tentando di agire separatamente dal parlamento stesso o che comunque vi siano al suo interno diverse visioni del dialogo e dell’approccio allo stesso; il secondo che in qualche modo il presidente del GNC stia delegittimando i nomi proposti da Leon per le cariche unitarie. Si noti però che, stando a quanto lo stesso Leon avrebbe scritto nelle lettere inviate alle camere, il GNC non potrà né disapprovare solo una parte dei nomi né proporne altri.

Va detto per onestà intellettuale che anche da parte della HOR vi è stato di recente un gruppo di parlamentari che si è espresso ufficialmente anticipando l’intero parlamento: il gruppo si è dichiarato contrario al proposto governo unitario, ma non per questo la sua voce è stata scambiata per quella dell’intero parlamento: di questo fatto riporta notizia il Libya’s Channel. Si può desumere che lo stesso potrebbe valere per la controparte tripolina e per quei circa 25 deputati, che non è chiaro dai dettagli emersi se intendessero realmente proporre una lista ufficiale alle Nazioni Unite o se invece volessero esprimersi solo a proprio nome come avrebbero fatto qualche giorno dopo, a nomine già avvenute, i rivali di Tobruk.

Pare a chi scrive improbabile pensare che un rappresentante delle Nazioni Unite confonda ingenuamente una lista di un gruppo di rappresentanti per la lista ufficiale di un intero parlamento. Leon aveva infatti affermato in precedenza, prima cioè di proporre le proprie nomine, di essere rimasto deluso dal comportamento del GNC che, riunitosi il 7 ottobre, aveva proposto senza esito ulteriori emendamenti al testo dell’accordo e non aveva fornito, come invece ci si aspettava facesse, i suoi candidati per il governo unitario; e, proponendo poi le nomine, aveva chiarito anche che le personalità vicine al parlamento tripolino inserite nel Governo di Accordo Nazionale «sono state proposte da vari componenti del GNC su iniziativa individuale, non come istituzione».

 

La riunione del 7 ottobre: un GNC diviso e un fronte complesso.

 

 

Via Twitter, il giornalista Rami Musa, firma dell’agenzia di stampa statunitense Associated Press, aveva dato un dettagliato resoconto della seduta parlamentare di cui sopra: sarebbe nell’occasione emersa l’esistenza di una lista di nove candidature presentate da un gruppo di 61 parlamentari indicati dal giornalista come favorevoli al dialogo e, al contempo, una lista di – pare – otto nomi presentata invece da un gruppo di 47 rappresentanti politici indicati nei tweet in questione come «anti [dialogue]». Diciassette, dice quindi il giornalista, i nomi totali.

 

 

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Non appare in realtà chiaro come si possa essere contrari al dialogo, ma al contempo favorevoli alla formazione di un

governo unitario col parlamento rivale al punto di partecipare alla formazione delle liste per i candidati: si può supporre che la necessaria brevità di un tweet costringa a riformulare la distinzione in modo più sfumato e si potrebbe suggerire quindi la presenza nel parlamento, piuttosto, di un gruppo favorevole al raggiungimento immediato di un accordo e uno favorevole invece a un ulteriore prolungamento dei negoziati. Considerando che l’esito della sessione è stato quello di chiedere ulteriori emendamenti, quest’ultimo gruppo «anti [dialogue]» – nel quale figurerebbe anche quell’Abdul Rahman Swahili che tempo fa era stato individuato dalla Reuters come uno dei possibili soggetti di sanzioni internazionali proprio per la sua posizione politica – sembrerebbe alla fine aver avuto la meglio. Questa ipotesi di un variegato fronte «anti dialogue» troverebbe una conferma – stando al resoconto che ne fa il già citato articolo del Libya Observer – nella suddetta lettera di Nuri Abu Sahmain; il quale scrive che, piuttosto che essere contrari al dialogo di per sé, «alcuni membri [della camera di Tripoli] rifiutano il modo in cui è condotto, altri ne respingono gli esiti, altri ne accettano la conduzione e sono pronti a raccogliere le nomine per il governo a patto che gli emendamenti richiesti dal GNC siano inclusi [nel testo dell’accordo]». Insomma, una varietà di posizioni che la semplice espressione «contrari al dialogo» rischia di non spiegare, o di spiegare nel modo più semplicistico, nella sua complessità.

 

Il voto sull’accordo e sulle nomine: motivi per un sì, motivi per un no.

In attesa del voto, favorevole o contrario che poi questo risulti, conviene forse vedere cosa potrebbe spingere il GNC all’uno o all’altro verdetto.

Tra i motivi che potrebbero spingere il parlamento tripolino verso un no ci sono, come si è visto, il rifiuto – che sembra probabile entro il 20 ottobre anche alla luce dell’ultima sollecitazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite – degli emendamenti richiesti per la nuova bozza di accordo e il fatto che il governo proposto non abbia incontrato la soddisfazione del collegio della Capitale. Un comunicato ufficiale di recente diffuso dal GNC cita queste parole pubblicamente espresse dal vertice della delegazione al dialogo Awad Abdul Sadeq: «il GNC è sorpreso dalla chiusura del dialogo tra libici operata da Leon rifiutando di includere gli emendamenti nella stessa bozza che poi lui stesso ha modificato senza alcuna coordinazione con le parti coinvolte nel dialogo stesso».

Un’altro motivo che, se non determina, certo rinforza il fronte dell’opposizione è la recente pubblica manifestazione

La Commissione Politica del GNC. Il 18 ottobre 2015 la Commissione ha espresso un parere negativo sui risultati e del Dialogo Nazionale sulla conduzione di Bernardino Leon, citando comunque nell'occasione una risoluzione delle Nazioni Unite risalente al 2014. (Fonte: www.libyaobserver.ly)
La Commissione Politica del GNC. Il 18 ottobre 2015 la Commissione ha espresso un parere negativo sui risultati e del Dialogo Nazionale sulla conduzione di Bernardino Leon, citando comunque nell’occasione una risoluzione delle Nazioni Unite risalente al 2014. (Fonte: www.libyaobserver.ly)

di dissenso tenuta in pieno centro a Tripoli dal cosiddetto Steadfastness Front o «Fronte della fermezza», che non a caso il 17 ottobre ha fatto anche sfoggio della propria forza militare: anche in questo caso, la stampa più vicina agli ambienti di Tripoli sembra descrivere il Fronte non come un gruppo ostile alla pace o al dialogo in sé, quanto piuttosto ostile alla conduzione che ne starebbero facendo le Nazioni Unite nella persona di Bernardino Leon. Su posizioni critiche verso la proposta di governo unitario si era precedentemente situato lo stesso esecutivo tripolino nella figura del primo Ministro Khaifa Ghweil.

Naturalmente le strade delle autorità di Tripoli e dello Steadfastness Front possono procedere parallele solo fino ad un certo punto: la critica del modo in cui le Nazioni Unite – e quindi Bernardino Leon – stanno conducendo il dialogo. Proseguendo oltre, oltre cioè Bernardino Leon, e rifiutando totalmente l’idea che le Nazioni Unite conducano un dialogo che dovrebbe essere lasciato invece ai soli libici – il Libya Observer riferisce, parlando del Fronte, di un auspicato «Libyan – Libyan dialogue» che così sembra possibile interpretare – il parlamento e l’esecutivo di Tripoli ne avrebbero con tutta probabilità solo da perdere. Tripoli sa benissimo che almeno fino al 20 ottobre le uniche autorità riconosciute saranno quelle orientali e che solo queste unità godono di un rappresentante altrettanto riconosciuto alle Nazioni Unite, Ibrahim Dabbashi; né pare ad oggi certo che la Capitale possa automaticamente avvantaggiarsi di una delegittimazione del parlamento rivale dopo il 20 ottobre. È vero che questa data fatidica è ormai vicinissima; ma, al di là di questo, per allora le Nazioni Unite chiedono che anche il GNC si sia già espresso su dialogo e nomine. Forse un motivo per cui la comunità internazionale, al di là delle minacce di delegittimazione che alla fin fine valgono per entrambi i poli politici, non intende chiarire esattamente cosa succederà dopo il 20 ottobre nel caso di un mancato governo unitario risiede anche in questa prospettiva: evitare che Tripoli si senta troppo sicura del proprio futuro e che pensi che ci sia qualcosa che possa legittimarla al di fuori della sua completa adesione al dialogo mediato dalle Nazioni Unite. Ne va, in questo senso, del suo stesso riconoscimento come interlocutrice legittima e poi, in caso di governo unitario, come sopravvissuta, questa volta pienamente riconosciuta anche a livello internazionale, all’interno delle strutture del Governo di Accordo Nazionale.

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Non a caso la stessa Commissione Politica che si è espressa il 18 ottobre ha sì criticato aspramente Leon, il suo modo di condurre il dialogo e persino la bozza sulla quale il parlamento è chiamato a votare, ma ha comunque sottolineato di continuare ad aderire al dialogo stesso: citando, come riporta la stampa, la risoluzione 2174 (2014) è evidente che la Commissione ha inteso raccomandarsi ancora una volta alle Nazioni Unite.

Ultimo motivo che infine potrebbe spingere Tripoli a votare sì è la crisi che si creerebbe all’interno del fronte occidentale, in caso di no, tra una parte civile, diciamo per semplificare, tripolina ufficialmente ostile alla continuazione di questo dialogo e in aperta rottura con le Nazioni Unite e una parte invece militare in gran parte coincidente con la città di Misurata: nonostante alcune notizie che rivelano alcune tendenze contrarie passibili di incrinare una supposta unità misuratina, pare assodato che questa realtà cittadina e militare sia nella sostanza disposta ad appoggiare la proposta governativa mossa dal Palazzo di Vetro. Nonostante quindi la parata dello Steadfastness Front e le dichiarazioni di alcuni gruppi miliatari, anche misuratini, la possibilità che questa parte ostile al dialogo possa fronteggiare con successo una delle città uscite militarmente più forti dal primo dopoguerra libico rimane tutta da verificare.


Profilo dell'autore

Alessandro Pagano Dritto
Il primo amore è stato la letteratura, leggo e scrivo da che ne ho memoria. Poi sono arrivati la storia e il mondo, con la loro infinita varietà e con le loro infinite diversità. Gli eventi del 2011 mi lasciano innamorato della Libia: da allora ne seguo il dopoguerra e le persone che lo vivono, cercando di capire questo Paese e la sua strada.

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