Quello che non torna sulla strage alla Mecca

I disordini nel pellegrinaggio alla Mecca – Il pellegrinaggio alla Mecca è il più grande raduno di tutti i musulmani al mondo. Nel quinto pilastro dell’Islam ogni musulmano ha l’obbligo di recarsi alla Mecca almeno una volta nella vita se i suoi mezzi lo consentono. Non è la prima volta che avvengono disordini durante questo pellegrinaggio, ma la strage di quest’anno con l’alto numero di vite umane perse e le polemiche sulla mancata sicurezza hanno creato una forte polemica che non sembra attenuarsi. La causa principale della tragedia è da imputarsi all’intenso afflusso di pellegrini nella zona di Mina alle porte della Mecca. In questa località il fedele deve prendere parte al rito della lapidazione simbolica. Vengono infatti lanciate delle pietre contro delle colonne che simboleggiano Satana e il male. Il sovraffollamento dei fedeli quest’anno ha procurato un soffocamento di massa.

La reazione Iraniana – Subito dopo l’incidente, l’Iran – che ogni anno vede centinaia di pellegrini recarsi alla Mecca – ha subito accusato l’Arabia Saudita di negligenza e cattiva gestione per quanto riguarda l’attuazione delle misure di sicurezza necessarie. La Guida Suprema Khamenei ha dichiarato tre giorni di lutto chiedendo ancora oggi spiegazioni sull’accaduto. Proprio per far luce sulla vicenda ancora poco chiara, il Leader Sommo ha dichiarato di voler costituire un ‘Comitato per la verità’. Il maggior generale Mohammad Ali Jafari, comandante del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica dell’Iran (Pasdaran), ha annunciato che i Pasdaran sono pronti a mostrare una celere e violenta reazione dell’Iran, in ubbidienza di un eventuale ordine dell’Imam Khamenei, capo delle forze armate iraniane, per obbligare il Regime Saudita ad assumersi le sue responsabilità in merito all’ecatombe della Mecca.

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Le incertezze saudite – A oggi il numero degli iraniani deceduti è circa di 450. Le vere cause della morte di migliaia di pellegrini sono ancora tutte da chiarire. In un primo momento la causa della strage era stata attribuita alla chiusura di alcune strade la 204 e la 215 nella città di Mina. Secondo la rete Fars News, successivamente ripresa da altre agenzie di stampa, il figlio del Monarca Saudita ed erede al trono, Muhammad bin Salman bin Abdul Aziz, proprio quel giorno aveva deciso di effettuare un suo pellegrinaggio privato. Per lui e le sue decine di accompagnatori, i funzionari sauditi avevano infatti chiuso 2 delle 3 corsie. La scorta del figlio del re, formata da 200 soldati e 150 poliziotti hanno costretto dunque la gente a transitare per un passaggio stretto causando il sovraffollamento della strada con relativo asfissiamento. Vi sono però altre teorie che stanno prendendo forma in questi giorni anche grazie alle testimonianze dei superstiti.

In una intervista rilasciata a al quotidiano Asharq Al-Awsat l’esperto di Medio Oriente, Hani al-Shoukri, ha avanzato l’ipotesi che vi sono prove inconfutabili dell’utilizzo di gas velenosi usati deliberatamente da parte delle forze di sicurezza saudite per intossicare i pellegrini. Questa teoria sarebbe facilmente dimostrabile con una autopsia e i sospetti sarebbero motivati dal fatto che questi corpi non presenterebbero alcun tipo di fratture. C’è inoltre chi dall’Iran grida al complotto come Ali Younesi, assistente superiore al presidente iraniano ed ex ministro dell’Intelligence, che dichiara il possibile coinvolgimento del Mossad, l’agenzia di spionaggio israeliana dietro la strage alla Mecca.

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I corpi rientrati in Iran – Le autorità saudite hanno proibito a qualunque paese di investigare in loco sull’accaduto e alcuni paesi hanno l’obbligo di non trattare l’argomento sui media nazionali. Finora i corpi di 308 pellegrini iraniani (Hajj) morti nella tragedia di Mina sono rientrati a Tehran. Mancano all’appello diversi iraniani; i dispersi non sono tra i corpi restituiti e non si trovano negli ospedali, ma sono semplicemente ‘scomparsi’. Qualcuno suppone siano stati arrestati forse per essere usati come ‘ostaggi’ qualora ne fosse necessario. Subito dopo la strage alcuni sopravvissuti hanno raccontano di aver visto caricare su grandi containers i corpi dei pellegrini defunti sopra ai quali è stato versato del liquido chimico per non creare epidemie. Alcuni dicono che le autorità hanno manomesso la temperatura all’interno dei container in modo da provocare deformità e gonfiore per renderli irriconoscibili. Le autorità saudite avrebbero infatti voluto seppellire tutti i pellegrini deceduti in grandi fosse comuni. L’Iran invece ha categoricamente rifiutato questa tumulazione e pretende ancora oggi il rientro di tutti i suoi ‘martiri’ per poterli commemorare con i funerali di Stato.

Tiziana Ciavardini


Profilo dell'autore

Tiziana Ciavardini
Antropologa culturale e giornalista Italiana di fama internazionale. Ha studiato presso l’Università La Sapienza di Roma e si é dedicata in passato allo studio di diverse religioni. É stata ricercatrice ed ha insegnato presso il Dipartimento di Antropologia nella Facoltà di Scienze Sociali dell’Università Cinese di Hong Kong. Attualmente é Presidente dell’Ancis Anthropology Forum con sede a Roma: un’associazione culturale volta al dialogo tra le religioni e le culture. Autrice di numerose pubblicazioni accademiche e articoli di attualità, Tiziana ha trascorso più di 23 anni in diversi paesi: ha vissuto in Medio Oriente, in Estremo Oriente e nel Sud Est Asiatico. Da quando Hassan Rohani ha assunto l’incarico di Presidente della Repubblica Islamica dell’Iran, Ciavardini ha iniziato a seguire gli eventi ed i programmi della sua nuova amministrazione. Collabora regolarmente con il sito online di Repubblica nella sezione Mondo Solidale. Alcuni dei suoi articoli pubblicati su Repubblica.it sono stati tradotti in persiano e pubblicati su numerosi giornali iraniani.

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