Libia, come Tripoli e Tobruk si presentano al vertice internazionale di Roma

di Alessandro Pagano Dritto

(Twitter: @paganodritto)

 

Al momento di pubblicare, 13 dicembre 2015, si sta tenendo a Roma il vertice internazionale sulla Libia presieduto, oltre che dall’inviato delle Nazioni Unite Martin Kobler, anche dal Ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni e dal Segretario di Stato statunitense John Kerry. La Libia arriva all’appuntamento divisa tra chi appoggia la mediazione delle Nazioni Unite e chi invece la osteggia: una divisione che, pur dimostrandosi in modo forse più evidente a Tobruk, non risparmia nemmeno Tripoli. Lo si è visto in occasione del vertice tenutosi a Tunisi il 10 e l’11 dicembre: «Ogni intesa che proverrà da questo incontro preparerà la strada per il vertice di Roma», ha detto il Ministro degli Esteri di casa, Taieb Baccouche.

 

Come il 5 dicembre a Tunisi si riunivano quelle componenti dei due parlamenti libici che proponevano un dialogo al di fuori della mediazione delle Nazioni Unite, così il 10 e l’11 dicembre la stessa Capitale tunisina ospitava anche le delegazioni per il dialogo mediato dalla comunità internazionale.

Il presidente della United Nations Support Mission in Libya (Missione di Supporto delle Nazioni Unite in Libia, UNSMIL) ha rilasciato sul vertice due comunicati, uno alla fine di ogni sessione di colloqui, per poi rivolgersi in sede internazionale al Consiglio di Sicurezza lo stesso 11 dicembre e fare quindi il punto della situazione in attesa della conferenza di Roma: che, presieduta con le Nazioni Unite, anche da Italia e Stati Uniti, si terrà il 13 dicembre.

33 personalità politiche hanno sostenuto il dialogo libico mediato dalla comunità internazionale alla vigilia di questo evento.

 

Una nuova data per l’accordo. Verso un’estromissione del voto delle camere?

 

 

Anche se gli eventi passati hanno abituato gli osservatori di cose libiche a prendere sempre con cautela le date nelle quali si sarebbe – anche del tutto certamente, stando agli annunci – firmato l’accordo tra la House of Representatives (Casa dei Rappresentanti, HOR) di Tobruk e il General National Council (Consiglio Generale Nazionale, GNC) di Tripoli, come prima notizia va detto che questa nuova e diversa – rispetto alla precedente – conferenza di Tunisi ha prodotto la prima data dell’era Kobler nella quale le due parti dovrebbero firmare l’accordo: si parla del 16 dicembre 2015. Dopo di che, una volta firmato il testo che Kobler ha provveduto a redistribuire così da non esserci più dubbi sulla versione finale, la parola dovrebbe passare di nuovo, in sede questa volta nazionale, alle due assemblee parlamentari perché ne votino la fiducia: ma secondo quanto riporta dalla capitale tunisina la giornalista della BBC Rana Jawad e al contempo da altre fonti, questo potrebbe anche non accadere.

 

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Sia a Tunisi sia poi di fronte al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite Martin Kobler si è detto convinto che entrambe le fazioni ritenessero doveroso firmare il prima possibile l’accordo per arginare la crisi politica del paese e l’ascesa dei gruppi terroristici che vi sono presenti.

 

A Tunisi il vicepresidente della HOR Mohamed Shaib sconfessa l’accordo alternativo.

Le due delegazioni erano guidate dai vice presidenti Mohamed Shaib per la HOR e Saleh al Makhzoum per il GNC, che hanno tenuto una conferenza stampa congiunta.

Già prima di questo evento, Shaib si era pubblicamente espresso, come ha riportato l’8 dicembre il Libya Herald, condannando come incostituzionali i risultati dell’accordo alternativo di pochi giorni prima e facendo intendere che il delegato della HOR di quel giorno, Ibrahim Amaish, avesse avuto sì la legittimità di incontrare i parlamentari del rivale GNC, ma non di firmare un accordo congiunto: accordo che quindi agli occhi del parlamento riconosciuto sarebbe privo di alcun effetto e di alcun valore.

Tra i componenti della delegazione della HOR anche Taher Sonni ha ribadito il concetto, dichiarando ancora alla giornalista Rana Jawad che l’accordo alternativo «si è concluso quando è iniziato».

Il GNC propone il firmatario dell’accordo alternativo come unico delegato legittimo a Roma.

Se quindi la HOR sembra schierarsi un po’ più nettamente sul fronte delle Nazioni Unite, altrettanto non si può invece dire per il GNC che ha sconfessato la partecipazione della propria delegazione a quest’ultimo vertice di Tunisi proprio per voce del vice presidente che partecipò al vertice alternativo, Awad Abdel Sadeq: il quale sembra implicitamente rivolgere al collega al Makhzoum più o meno le stesse accuse che la HOR rivolge al suo compagno di firma Amaish. Un simile verdetto sarebbe stato emesso anche da un gruppo armato della Capitale.

Il GNC ha fatto inoltre sapere, scrivendo al Ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni, che proprio Awad Abdel Sadeq sarà l’unico suo componente autorizzato a partecipare al vertice di Roma e che qualsiasi altro partecipante non rappresenterà per la camera tripolina più che se stesso: una sfiducia pressoché ufficiale nei confronti di Saleh al Makhzoum e di chi, con lui, ha partecipato all’ultimo vertice di Tunisi.

L’11 dicembre 82 parlamentari del GNC si sono inoltre espressi a favore dell’accordo alternativo.

 

Fallisce a Malta l’incontro tra i due presidenti: i vertici parlamentari proseguono la strada alternativa?

Infine, il 12 dicembre, il Times of Malta ha riportato, a firma di Herman Grech, di un fallito incontro d’alto vertice

12 dicembre 2015, il presidente del GNC Nuri Abu Sahmain arriva a Malta, presumibilmente per incontrarvi il pari ruolo della HOR Ageela Saleh Gwaider. Ma quest'ultimo non si presenterà. (Fonte: www.libyaobserver.ly via Al Nabaa TV)
12 dicembre 2015, il presidente del GNC Nuri Abu Sahmain arriva a Malta, presumibilmente per incontrarvi il pari ruolo della HOR Ageela Saleh Gwaider. Ma quest’ultimo non si presenterà. (Fonte: www.libyaobserver.ly via Al Nabaa TV)

che sarebbe dovuto tenersi nell’isola dopo l’arrivo – questo sì, avvenuto – del presidente del GNC Nuri Abu Sahmain. Lo stesso giornale maltese sostiene che l’incontro sarebbe finito a vuoto per la mancata partecipazione della parte di Tobruk e secondo il Libya Observer Sahmain avrebbe dovuto vedere la controparte Ageela Saleh Gwaider, il presidente cioè della HOR che secondo alcune ricostruzioni avverserebbe di fatto il percorso di pacificazione mediato dalle Nazioni Unite in favore di uno compiuto dalle sole autorità libiche: interessante notare che il sito d’informazione libico, vicino alle posizioni del parlamento tripolino, motiva la mancata presentazione del presidente orientale con «la pressione dei partiti contrari alla riconciliazione» – «anti-reconciliation parties» – presumibilmente indicando con questa definizione i gruppi e le individualità favorevoli alla mediazione internazionale.

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Corrono comunque voci che un incontro tra i due presidenti potrebbe tenersi dopo il vertice di Roma.

 

 

La questione militare e l’insediamento a Tripoli: prima il governo unitario?

Naturalmente una questione di vitale importanza in caso di accordo, una questione che prevedibilmente diverrà centrale nel caso si raggiungesse cioè un’intesa su un nuovo governo, sarà quella militare: chi proteggerà le nuove autorità unitarie – se tali potranno essere considerate, visto le divisioni trasversali che percorrono i due schieramenti rivali – una volta che ne sarà ufficializzata la composizione e il ruolo?

Il vertice di Tunisi sembra aver chiarito che una risposta al quesito sarà delegata al governo unitario e quindi a dopo la firma dell’accordo. In modo forse eloquente, Kobler ha detto che «rimangono molti problemi, ma tutto questo deve essere risolto dal nuovo governo, una volta istituito», così come che rinunciava a modificare ulteriormente l’accordo perché «se si cominciasse ad aprirlo, sarebbe come il vaso di Pandora». Se ne deduce che una vera e propria questione militare non dovrebbe precedere la formazione di questo esecutivo unitario e pare che questo, se proprio così dovesse poi essere, possa accontentare le richieste dei 92 che all’interno della HOR avevano acconsentito ad appoggiare in linea di principio la mediazione delle Nazioni Unite pur non accettando modifiche ai vertici dei reparti militari.

Alcune dichiarazioni rese dai partecipanti alla riunione di Tunisi sembrano avvalorare questa ricostruzione, definendo la questione militare e della sicurezza «una specie di elefante nella stanza»: una questione cioè talmente delicata da rischiare di mettere tutto a soqquadro.

 

Tutto questo nel momento in cui, secondo quanto sostengono alcune fonti libiche ben informate soprattutto sulle questioni della Libia orientale, si starebbe approssimando la data di inizio di nuove e inedite operazioni militari nella città orientale di Ajdabiya, teatro da tempo di una serie di omicidi verso figure pubbliche da parte delle forze ostili alle autorità governative. Considerando che le Nazioni Unite hanno sempre condannato qualsiasi nuova operazione militare che non fosse esplicitamente condotta contro i gruppi internazionalmente riconosciuti come terroristi, in particolare contro lo Stato Islamico, sembra possibile vedere nell’apertura di questo nuovo fronte anche una eventuale dimostrazione di autonomia, da parte delle truppe del Generale Khalifa Hafter, dall’intero processo politico mediato dalla comunità internazionale.

 

 

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D’altronde proprio alcune affermazioni del vicepresidente della HOR raccolte dalla giornalista Nancy Porsia chiariscono che un’intervento militare esterno – almeno via terra, a giudicare dalle recenti dichiarazioni del Primo Ministro riconosciuto Abdallah al Thanni in riferimento all’aviazione russa – non è nemmeno preso in considerazione dalle autorità dell’Est: il che implicitamente rinforza la posizione della componente militare interna.

 

Rimane insoluta, di riflesso a quella militare, anche una questione geografica o geopolitica: il nuovo governo unitario, quando formato, potrà installarsi, come sarebbe obiettivamente logico facesse, nella Capitale Tripoli? Secondo alcune voci provenienti dall’assemblea di Tunisi la questione non sarebbe, almeno nell’immediato, così ovvia.

 

 

Nè potrebbe esserlo visto che le autorità dell’Ovest sembrano prendere in modo sempre più deciso le distanze dal dialogo mediato dalle Nazioni Unite per concentrarsi invece su quello autonomo, con la città di Misurata – serbatoio militare della Libya Dawn– sempre più distante, anche su questo piano oltre che per parallele frizioni interne, da Tripoli.

Non a caso Kobler, rivolgendosi alla dirigenza del GNC durante la sua esposizione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ha esplicitamente chiesto che questa si premurasse di garantire la libera circolazione dei rappresentanti internazionali a Tripoli e in tutto l’Ovest: «A questo proposito colgo l’occasione per appellarmi direttamente alla dirigenza del GNC affinché permetta ai miei colleghi e a me stesso di atterrare coi nostri aerei a Tripoli e nelle altre città della Libia al fine di interagire liberamente con chiunque noi riteniamo necessario. Potremo adempiere pienamente al nostro mandato solo se avremo libero accesso a chiunque giochi un ruolo nella sicurezza, in particolare a Tripoli».


Profilo dell'autore

Alessandro Pagano Dritto
Il primo amore è stato la letteratura, leggo e scrivo da che ne ho memoria. Poi sono arrivati la storia e il mondo, con la loro infinita varietà e con le loro infinite diversità. Gli eventi del 2011 mi lasciano innamorato della Libia: da allora ne seguo il dopoguerra e le persone che lo vivono, cercando di capire questo Paese e la sua strada.

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