Quello che non è stato detto sulle ultime esecuzioni di massa dell’Arabia Saudita

L’oppositore saudita Nimr Baqer Al Nimr non è stato giustiziato perché sciita. Ci sono sciiti sauditi molto influenti nel paese e ci sono imam sciiti più importanti di Nimr, come l’imam Hassan Al-Saffar, che godono di tutti i privilegi degli altri imam sunniti d’Arabia.

Assieme a Al-Nimr è stato giustiziato il teorico di Al-Qaeda Fares Al-Shuwail, ed era sunnita. Però di lui e degli altri 45 non si parla. Si parla di Al-Nimr perché l’Arabia Saudita vuole che si parli di questo sciita, di una guerra fra sciiti e sunniti e di Iran. Infatti, tutti parlano di guerra fra sunniti e sciiti e di Iran.

Nimr Al-Nimr non era nemmeno vicino alle posizioni dell’Iran e non riconosceva la “wilayet e-faghih”, cioè la supremazia del religioso sul politico, principio che regge la Repubblica islamica d’Iran e, inoltre, era molto critico del regime siriano, quindi lontano dalle posizione iraniane.

Al-Nimr, come Al-Shuwail e gli altri, sono stati giustiziati, il testo della sentenza è chiaro, per «إعلان عدم السّمع والطاعة لوليّ أمر المسلمين في المملكة، وعدم مبايعته له» cioè perché non ha dato la sua “baya’a” al re.

La Baya’a è un concetto molto complesso da spiegare in poche parole, ma può essere tradotta come “giuramento di ubbidienza e di fedeltà“, qualcosa come il “giuramento di supremazia” nell’Inghilterra di Enrico VIII: Tommaso Moro infatti viene giustiziato nel 1535 per non aver voluto prestare questo giuramento di supremazia.

Le monarchie arabe, strutture arcaiche e usurpatrici del potere chiedono questa bay’aa ai loro sudditi e i re si dichiarano discendenti del profeta Mohamed e si fanno chiamare “amir al mu’minin”, ossia principe dei credenti perché, come ci insegna Ibn Khaldoun, gli arabi, nemici della civiltà urbana “‘Umran”, riconoscono il potere solo se si presenta sotto forma religiosa più consona alla vita beduina. Ora, ovviamente, si vive soltanto il simulacro di questa vita beduina e quindi senza i valori che la reggevano e quindi chi non dichiara la baya’a è un traditore o un venduto.

La monarchia marocchina, ad esempio, ci presenta la forma più coreografica di questa baya’a: il re si presenta, ogni anno, su un cavallo bianco con davanti tutti i governatori delle province e alti funzionari, la testa coperta da un berretto rosso, storicamente berretto tipico degli schiavi, e presentano la baya’a con 5 geneflussioni simili a quelle della preghiera musulmana, ripetendo più volte formule di ubbidienza e di fedeltà.

Da quando lo Stato Islamico ha proclamato il califfato, tali monarchie arabe sono entrate in crisi, una acuta crisi di legittimità: teoricamente ora questi monarchi arabi hanno un superiore – non importa se è riconosciuto o meno dai musulmani – e questo superiore è Ibrahim Al-Baghdadi, l’autoproclamato califfo.

La fine delle monarchie arabe è vicina. La guerra interna ai clan della famiglia reale saudita, le due famiglie Al-Sudayri e Al-Shammar, si fa sempre più acuta. Intanto le principesse saudite, lontane dalle diatribe religiose, fanno favolosi shopping: Vanity Fair nel suo numero di marzo 2015, ha pubblicato un esteso servizio sullo shopping (l’equivalente di due tir) della principessa Maha bint Mohammed bin Ahmad al-Sudairi, la moglie dell’ex ministro Nayef bin Abdulaziz: il ministro che ha messo in prigione e torturato l’imam Nimr Baqer Al-Nimr.

di Tahar Lamri


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