Biafra, una mattanza infinita

Se dici Biafra pensi alle patetiche pubblicità umanitarie degli anni ’70, dove bimbi con ventre gonfio fungevano da inconsapevoli ricettori di commosse donazioni mal gestite dalla cooperazione internazionale. I tre anni di guerra tra il governo nigeriano e l’autoproclamata Repubblica del Biafra, dal 1967 al 1970, avevano portato a tre milioni di morti e, nei decenni a venire, a repressioni e discriminazioni verso i cittadini di etnia Igbo. Conseguenza di ciò fu un esodo di massa dalla Nigeria del Delta e del sud-est verso Lagos e soprattutto verso Occidente. Una folta diaspora stabilitasi in Canada, Stati Uniti ed Europa. Una diaspora sempre più organizzata, che grazie alle nuove tecnologie riesce a monitorare costantemente ciò che succede oggi agli attivisti per l’indipendenza del Biafra.

A 45 anni di distanza dalla guerra civile la situazione rischia di esplodere nuovamente. Come vi abbiamo già raccontato, il 14 ottobre 2015 Nnamdi Kanu, cittadino britannico e leader dell’IPOB (Indigenous people of Biafra) è stato arrestato all’aeroporto di Lagos con l’accusa di istigazione al terrorismo. Dopo due processi, in cui i giudici si sono pronunciati per la sua liberazione, Kanu è ancora detenuto.

La sua detenzione ha portato in piazza migliaia di persone in tante città del Delta del Niger e del sud-est del paese, in alcuni casi placate incredibilmente con il sangue. “Un’orgia di massacri”, l’ha definita Herbert Ekwe-Ekwe. In primis le manifestazione di Onitsha, la capitale commerciale della regione, il 2 e il 17 dicembre 2015, in cui i militari hanno ucciso almeno nove attivisti scesi in piazza (ma c’è chi parla di 25 vittime). E poi l’eccidio, incredibile, di Aba, lo scorso 9 febbraio. Nel video (lungo e dettagliato) girato da un mediattivista, è possibile vedere come i manifestanti si fossero riuniti nel cortile di una scuola superiore con bibbie e bandiere per pregare per il rilascio di Kanu. Ad un certo punto i partecipanti al sit-in sono stati accerchiati da militari, polizia e agenti in borghese e colpiti con gas lacrimogeni. A questo punto il video diventa confuso , ma si riescono a intravedere armi e si ascoltano spari e urla. La parte finale del video è girata tra le strade della città e in un ospedale, tra morti e gente che piange.

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Il bilancio finale sarebbe di 22 morti. Il numero viene contestato dalla polizia, che si giustifica asserendo che la manifestazione avrebbe disturbato le lezioni nell’istituto scolastico. Anayo Okpala, coordinatore locale del MASSOB (Movement for the Actualization of the Sovereign State of Biafra) ha spiegato che il suo movimento ha contato 22 persone morte più diversi feriti da arma da fuoco. Molte delle vittime avrebbero perso la vita dopo essere state portate in ospedale.

Alcune foto scattate nel post manifestazione. Attenzione, le immagini potrebbero turbare la vostra sensibilità.

Un soldato avrebbe raccontato a un testimone della strage che Buhari stesso avrebbe dato ordine di reprimere col sangue chiunque avesse menzionato il Biafra. E in effetti, tra attivisti e gente comune del sud-est l’opinione diffusa è che il presidente sia più preoccupato di mantenere l’unione territoriale nel sud-est che contrastare Boko Haram a nord. Senza considerare che nell’area del Biafra è opinione diffusa che i segmenti di etnia Hausa e Fulani dell’esercito nigeriano, musulmani, siano particolarmente coinvolti nella repressione, quasi una risposta alla guerra che altre frange dell’esercito stanno portando avanti a nord contro i jihadisti affiliati allo Stato Islamico.

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“Da quando il presidente Buhari è stato eletto – si legge in una nota dell’IPOB – gli abusi sui diritti umani sono diventati caratteristici del sistema politico nigeriano. Da una parte ci sono le atrocità diBoko Haram contro la popolazione, dall’altra gli arresti indiscriminati, le torture, le detenzioni extragiudiziali e le uccisioni; le estorsioni e le violenze commesse da militari, servizi segreti e polizia sono diventate un fenomeno quotidiano”.

Secondo un rapporto di Amnesty International il regolare uso della tortura da parte dell’esercito è un problema sempre più serio. Le torture sarebbero diventate così parte integrante delle attività di polizia che molte stazioni di polizia avrebbero un “addetto alla tortura”. Tra le pratiche per estorcere informazioni ci sarebbero l’estrazione delle unghie o dei denti, il soffocamento, le scariche elettriche e la violenza sessuale.

Nel frattempo due gruppi militanti nella regione del Delta del Niger hanno dichiarato di essere pronti allo scontro con il governo federale qualora Nnamdi Kanu non venisse rilasciato. I due gruppi, l’LMC e il Fronte democratico popolare del Delta del Niger (NDPDF). Obietti di questi attacchi annunciati sarebbero gli stati di Abia e Anambra così come la capitale federale Abuja, “principali luoghi in cui il governo federale ha versato il sangue dei nostri fratelli e sorelle”. Gli attacchi, precisano i leader delle sigle, verrebbero effettuati contro obiettivi statali e non verso i civili.

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