Libia, le conseguenze di un silenzio

di Alessandro Pagano Dritto

(Twitter: @paganodritto)

 

Dopo il rifiuto dello scorso gennaio, il voto di fiducia, da parte di Tobruk, verso la seconda proposta governativa unitaria stenta ad arrivare: così il Consiglio Presidenziale appoggiato dalle Nazioni Unite sembra aver tentato di risolvere da sé la questione. Ma queste ultime evoluzioni, salutate con favore dai partner esteri, hanno dato luogo a nuove critiche interne, che si aggiungono all’irrisolta ma – pare – imminente questione dell’ingresso delle strutture unitarie  a Tripoli. Nel frattempo l’Unione Europea minaccia sanzioni e potrebbe ripensare la missione antitrafficanti.

 

La protratta indecisione del parlamento internazionalmente riconosciuto di Tobruk – la House of Representatives, (Casa dei Rappresentanti, HOR) – nell’accordare la fiducia al Governo di Accordo Nazionale sembra costituire un problema che le Nazioni Unite, il Consiglio Presidenziale guidato da Fayez Serraj e la comunità internazionale non sarebbero più disposte ad accettare.

 

[Per approfondire la questione del voto: Cronache Libiche, Se il voto di Tobruk vale un’autonomia d’azione, 28 gennaio 2016]

 

La questione della fiducia: i comunicati del 10 e 12 marzo e l’approvazione dei 101.

Lo scorso 10 marzo, inafatti, lo stesso presidente Martin Kobler della United Nations Supporting

Da sinistra: il presidente dell'UNSMIL Martin Kobler e il presidente del Consiglio Presidenziale Fayez Serraj. Il comunicato del Consiglio del 12 marzo, avallato anche dalle Nazioni Unite, considerava la mozione dei 101 un "via libera" per il governo unitario, parole che hanno suscitato polemiche in seno alla HOR. (Fonte: www.arabnews.com)
Da sinistra: il presidente dell’UNSMIL Martin Kobler e il presidente del Consiglio Presidenziale Fayez Serraj. Il comunicato del Consiglio del 12 marzo, avallato anche dalle Nazioni Unite, considerava la mozione dei 101 un “via libera” per il governo unitario, parole che hanno suscitato polemiche in seno alla HOR. (Fonte: www.arabnews.com)

Mission in Libya (Missione di Supporto delle Nazioni Unite in Libia, UNSMIL), riuniva a Tunisi le delegazioni addette al dialogo di Tobruk e Tripoli – quest’ultima da tempo sconfessata dal parlamento di riferimento – per cercare una soluzione alla questione. Nel comunicato emanato dopo la riunione si sottolineavano le mancanze raggiunte in pratica – soprattutto a livello di tempistiche – nei confronti della teoria descritta a dicembre 2015 dagli accordi di Skhirat e si sosteneva che «tutte le istituzioni pubbliche, incluse quelle finanziarie, dovrebbero realizzare le necessarie disposizioni per un immediato, ordinato e pacifico passaggio di poteri in accordo con le disposizioni dell’Accordo Politico Libico». Concetto, quest’ultimo, ripreso anche da un comunicato emanato il successivo 12 marzo dal Consiglio Presidenziale; che però sembrava andare anche oltre chiamando – nella parziale traduzione inglese fornita dall’agenzia di stampa Reuters – «l’intera comunità internazionale e le organizzazioni internazionali e regionali a cessare ogni rapporto con qualsiasi potere esecutivo che non segua il Governo di Accordo Nazionale» e quindi, se ne deduce di riflesso, a considerare la propria entità come l’unico punto di riferimento valevole in Libia. I risultati della riunione del 10 e del conseguente comunicato del Consiglio Presidenziale venivano prontamente sostenuti dalle stesse Nazioni Unite e da alcuni tra i partner esteri tra i quali l’Italia.

Se però l’appoggio estero è parso subito solido, all’interno le dichiarazioni del Consiglio hanno trovato oppositori anche e soprattutto a Tobruk, dove l’esecutivo di Abdallah al Thanni, referente della HOR, ha comunicato la necessità di rispettare l’iter democratico e riconoscere il governo unitario solo dopo la concessione di fiducia da parte del parlamento. Parole simili sono giunte anche dal presidente della HOR Ageela Saleh, che in linea di principio si è dichiarato favorevole al governo unitario.

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Parrebbe oggi che le Nazioni Unite e il Consiglio Presidenziale stiano seriamente valutando, per dare finalmente vita al Governo di Accordo Nazionale, di riconoscere per valida un’approvazione informale firmata da 101 parlamentari del parlamento orientale, che sui circa 180 che attualmente lo compongono costituirebbero la tanto auspicata maggioranza. Il comunicato del 10 marzo sosteneva infatti che «[i componenti del Dialogo Politico] hanno apprezzato il comunicato emanato il 23 febbraio dalla maggioranza dei membri della Casa dei Rappresentanti, nel quale hanno approvato la formazione del Governo di Accordo Nazionale». Anche in questo caso il successivo comunicato del Consiglio Presidenziale sembrava rincarare la dose affermando che questa approvazione rappresentasse – sempre stando a quanto riporta in traduzione la già citata Reuters – «il via libera per iniziare a lavorare». Affermazione controversa al punto da portare – si legge ancora nel lancio – dieci non meglio specificati elementi del dialogo politico a dire che il comunicato del Consiglio «si è basato su un’interpretazione errata e confusa», evidentemente del comunicato tunisino: il governo unitario lo deve approvare la HOR, ha fatto intendere il portavoce parlamentare Faraj Bo-Hashem al Libya Prospect.

 

La questione tripolina: il Consiglio Presidenziale annuncia l’imminente ingresso nella Capitale.

 

[Per approfondire anche la questione dell’insediamento a Tripoli delle strutture governative unitarie: Cronache libiche, Come Tripoli e Tobruk si presentano al vertice internazionale di Roma, 13 dicembre 2015]

 

Se a Tripoli l’opposizione al Governo di Accordo Nazionale come risultato di questo processo di

Dicembre 2015, in primo piano a sinistra il Generale italiano Paolo Serra, ripreso durante un incontro a Marj, Libia orientale, tra Martin Kobler e il Generale Khalifa Hafter. L'operato di Paolo Serra, addetto alla delicata questione sicurezza, sembra essere stato improntato, fino ad adesso, alla massima discrezione. (Fonte: www.libyaherald.com)
Dicembre 2015: in primo piano a sinistra il Generale italiano Paolo Serra, ripreso durante un incontro a Marj, Libia orientale, tra Martin Kobler e il Generale Khalifa Hafter. L’operato di Paolo Serra, addetto alla delicata questione sicurezza, sembra essere stato improntato, fino ad adesso, alla massima discrezione. (Fonte: www.libyaherald.com)

mediazione è nota da tempo, nello specifico l’opposizione principale sembra concentrarsi ad oggi sull’arrivo delle strutture unitarie nella Capitale, annunciato come imminente – «entro pochi giorni» – in un recentissimo discorso televisivo del Primo Ministro designato Serraj.

Sin dalla nomina di Martin Kobler a capo dell’UNSMIL nel novembre 2015, la questione dell’ingresso di queste strutture a Tripoli e in generale della precaria situazione della sicurezza nazionale è stata affidata all’ufficiale militare italiano Paolo Serra, già consigliere dell’ex ambasciatore italiano alle Nazioni Unite Sebastiano Cardi e partecipe della missione italiana in Libano. Il quale, sponsorizzato dall’ex uomo d’armi e senatore della passata legislatura Mauro Del Vecchio come possibile comandante di un intervento italiano in Libia e dato per possibile in questa carica anche dal presidente della Commissione di Difesa della Camera Francesco Saverio Garofani, ha fino ad adesso operato, per parte sua, nel più perfetto silenzio e senza clamore alcuno. A memoria di chi scrive l’unica sua apparizione pubblica in Libia – per altro anche quella abbastanza sottotono – è stata la partecipazione, a pochi giorni dalla firma degli accordi di Skhirat del 17 dicembre 2015, ai colloqui di Marj col Generale Khalifa Hafter, legato alle istituzioni della Libia orientale; preceduta di poco da un suo passaggio a Tripoli subito dopo la metà del mese, di cui dava informazione Kobler in alcune dichiarazioni alla Agence France Press. Ma sui risultati del suo specifico operato – specialmente in relazione al caso di Tripoli, che pare al momento la prima preoccupazione necessaria – poco se non nulla sembra essere trapelato.

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L’esecutivo della Capitale ha reso noto più volte che non si lascerà scalzare dalle autorità unitarie, ma recentemente ha addirittura paventato l’arresto dei componenti del Consiglio Presidenziale qualora si presentassero in città sotto una veste diversa da quella di privati cittadini libici. Arresto che, riferisce l’UNSMIL, il 6 marzo è effettivamente avvenuto ai danni di tre componenti della commissione di sicurezza che, a nome del Consiglio stesso, si occupa della tanto delicata questione.

 

 

La domanda più pertinente in questi «pochi giorni» che mancherebbero all’installazione unitaria a Tripoli è allora quella di quante e quali tra le milizie della Capitale siano disposte a garantire la sicurezza del futuro esecutivo Serraj e di quante e quali, invece, si schiereranno a difesa delle autorità presenti in città dal 2014. Impossibile, naturalmente, rispondere ad oggi con certezza e con esattezza, ma, ottenuto – seppur non senza divisioni interne e ambiguità – il supporto delle autorità civili di Misurata, che si è affermata dopo il 2011 come una delle realtà militari più importanti della Libia, pare proprio che Tripoli avrà dalla sua almeno la Libyan Revolutionaries’ Operation Room (Camera d’Operazione di Rivoluzionari Libici, LROR), gruppo di brigate che ha di recente reso esplicito il suo schieramento, e lo Steadfastness Front (Fronte della Fermezza, SF) di Salah Badi. Il quale fronte, dopo aver annunciato la sua formazione nell’estate del 2015 proprio con propositi antiinternazionalisti, è tornato alla cronaca per il suo possibile coinvolgimento in alcuni recentissimi scontri che, proprio nella Capitale, lo avrebbero coinvolto; scontri che la stampa locale ha motivato con ragioni del tutto specifiche e contingenti – la precedente morte di un miliziano – e non come una prima opposizione tra gruppi unitari e antiunitari, ma che danno comunque idea del clima frammentato che si respira in città.

 

La posizione europea: l’appoggio al governo unitario tra sanzioni e questione migratoria.

Intanto è stata l’Europa a presentarsi, in questo mese di marzo, come l’ente politico esterno più

L'Alta Rappresentante dell'Unione Europea Federica Mogherini lo scorso 4 marzo tra il Ministro degli Esteri britannico Philip Hammond e quello francese Jean-Marc Ayrault. Se Londra sembra essere propensa a un ripensamento della missione europea antitrafficanti, Parigi spinge per le sanzioni ai danni dei leader libici ostili al dialogo. A sinistra nella foto, il Ministro degli Esteri tedesco Frank Walter Steinmeier. (Fonte: Associated Press, Jacques Brinon)
L’Alta Rappresentante dell’Unione Europea Federica Mogherini lo scorso 4 marzo tra il Ministro degli Esteri britannico Philip Hammond (S) e quello francese Jean-Marc Ayrault (D). Se Londra sembra essere propensa a un ripensamento della missione europea antitrafficanti, Parigi spinge per le sanzioni ai danni dei leader libici ostili al dialogo. A sinistra nella foto, il Ministro degli Esteri tedesco Frank Walter Steinmeier. (Fonte: Associated Press, Jacques Brinon)

interessato alla Libia, annunciando informalmente, per mezzo di comunicazioni anonime all’agenzia di stampa Reuters, sanzioni per quei personaggi politici libici che sembrano opporsi con più determinazione alla realizzazione del progetto di mediazione delle Nazioni Unite: il presidente del parlamento tripolino Nuri Abu Sahmain, il Primo Ministro della Capitale Khalifa Ghweil e il presidente del parlamento internazionalmente riconosciuto Ageela Saleh, ritenuto responsabile primo dei continui rimandi sul voto di fiducia. Dopo l’esordio a Tunisi di qualche tempo fa, infatti, anche l’opzione del dialogo esterno alla mediazione internazionale sembra di recente aver fatto progressi, essendo stato presentato nel sito del General National Council (Consiglio Nazionale Generale, GNC) di Tripoli un testo di accordo.

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Nonostante le spinte della Francia e Regno Unito, che sembrano essere le maggiori promotrici di queste sanzioni, non vi sarebbe ancora, però, una carta scritta che le testimoni e le renda applicabili, mentre esisterebbe – a darne notizia, in esclusiva, è sempre la Reuters – una lettera firmata dall’Alta Rappresentante dell’Unione Europea Federica Mogherini su un’eventuale «civil security mission» – si legge – «per rinforzare la polizia del paese, le forze di confine e le operazioni antiterrorismo» che Bruxelles starebbe valutando anche attraverso un vertice congiunto dei Ministri della Difesa e degli Esteri dei paesi europei da tenersi il prossimo 18 aprile. Mentre su questo non esiste ancora una comunicazione ufficiale, di certo c’è la questione avanzata da Londra sulla necessità di ampliare il raggio della missione navale antitrafficanti alle acque territoriali libiche e di prendere accordi con la Libia – riporta una voce governativa anonima al Guardian – su una restituzione in terra Nord Africana dei migranti intercettati: questione che, al netto di tutte le rassicurazioni sul rispetto dei diritti umani e del rispetto della legislazione internazionale vigente, prevederebbe quanto meno un sicuro interlocutore libico, che sia tale non solo per decisione esterna, ma anche per accordo interno al paese.

Si legge intanto al punto 9 delle conclusioni del Consiglio Europeo del 17-18 marzo 2016: «L’Unione Europea è pronta a sostenere il Governo di Accordo Nazionale quale solo legittimo governo di Libia, inclusa, a sua richiesta, la restaurazione della stabilità, la lotta al terrorismo e la gestione della migrazione nel Mediterraneo centrale».

 

[Per approfondire sulla missione navale europea antitrafficanti: A. Pagano Dritto, Approvata la missione navale, ora l’incognita è la Russia, Gli Stati Generali, 20 maggio 2015]


Profilo dell'autore

Alessandro Pagano Dritto
Il primo amore è stato la letteratura, leggo e scrivo da che ne ho memoria. Poi sono arrivati la storia e il mondo, con la loro infinita varietà e con le loro infinite diversità. Gli eventi del 2011 mi lasciano innamorato della Libia: da allora ne seguo il dopoguerra e le persone che lo vivono, cercando di capire questo Paese e la sua strada.

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