Dentro al Mercato dell’Est

di Camilla Capasso

Ana ha i capelli raccolti in uno chignon stretto e gli occhi truccati con cura. Percorre a passo veloce la strada sterrata che conduce al Mercato dell’Est, un grosso spiazzo di terra bianca e ghiaia delimitato da una recinzione metallica all’altezza del cavalcavia che dal quartiere Corvetto porta a piazzale Cuoco. Da un paio d’anni, dopo lo sgombro del mercato di Cascina Gobba nel 2014, il mercato di piazzale Cuoco è diventato il nuovo snodo commerciale per merci e persone provenienti da Romania, Ucraina e Moldavia.

“Vivo da molti anni in Italia, ma ho due figli piccoli in Moldavia”, racconta Ana. “Il sabato mattina vengo al mercato per spedirgli medicine, giocattoli e cibo.” Indicandomi le lunghe file di pullman parcheggiati ai lati dello spiazzo, Ana mi spiega che tutti i venerdì fanno da navetta per coloro che dall’Est Europa vogliono venire in Italia a lavorare. La domenica, invece, ripartono carichi dei pacchi che le persone spediscono alle famiglie rimaste in patria.

I cartelli appesi agli stand pubblicizzano un paio di compagnie di trasporto semi-ufficiali, principalmente rumene, ma la maggior parte dei viaggi è organizzata da privati. Prima di affrontare ogni tratta, gli autisti si occupano di registrare i passeggeri, pesare i bagagli, contrassegnare quelli che eccedono i 30 chili e caricarli sul pullman. Ricevono in media 600 euro al mese per percorrere una tratta di 2000 chilometri, due volte alla settimana.

Secondo l’ISTAT, dal 2007, il numero di persone proveniente dall’Est Europa e residente in Italia è duplicato. Significativo il numero di rumeni, un milione circa, seguito da albanesi e moldavi. Da quando la liberalizzazione dei visti da parte dell’Unione Europea ha permesso la libera circolazione all’interno dell’area Schengen, il flusso migratorio è sensibilmente aumentato. Oggi, in Italia, un immigrato residente su due proviene dai Balcani.

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La decisione di tentare la fortuna in Italia ha costretto molti a lasciare i figli in patria, affidati alle cure di parenti o amici. Secondo le stime, più di 84mila bambini rumeni vivono separati da uno o entrambi i genitori che lavorano all’estero. In Moldavia, sono all’incirca 177mila i ragazzi che si trovano nella stessa condizione. I pacchi che dal Mercato dell’Est attraversano l’Europa contengono cibo, medicine e soldi: quel poco che si riesce a mettere da parte viene spedito a casa.

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Col tempo, intorno alle spedizioni e ai servizi di navetta, si è creato un dinamico mercato a cielo aperto che è presto diventato un luogo d’aggregazione. Il sabato mattina lo spazio si riempie di grosse bancarelle di prodotti alimentari: pesci essiccati, dolci ai semi di girasole, salumi affumicati, cibi in salamoia e bottiglie di superalcolici. In un angolo, a ridosso della recinzione, c’è un parrucchiere che offre taglio e permanente a 5 euro. “Vengo qui per la compagnia”, racconta un ragazzo rumeno di 26 anni. “Sto coi miei amici, beviamo, mangiamo e parliamo. Lo fanno in molti qui”.

Il Mercato dell’Est è diviso in file, a seconda della nazionalità. I rumeni hanno una fila in più degli altri occupata principalmente da lunghi tavoli in legno sui quali viene servita carne alla griglia, salsicce e pancetta. La musica accompagna i pasti mantenendo vivace il ritmo delle conversazioni.

Sul cancello d’ingresso campeggia un grosso cartello che vieta di fare foto all’interno del mercato. Quando accenno alla possibilità, un ragazzo rumeno con indosso una pettorina gialla comincia ad agitarsi e mi fa capire che se i capi lo venissero a sapere farebbero chiudere il mercato. Di lì a poco vengo scortata fuori dall’addetto alla sicurezza che mi invita a contattare la proprietaria dello spiazzo per qualsiasi chiarimento.

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Nella bacheca esposta sul cavalcavia, tra annunci in diverse lingue, offerte di lavoro e condivisioni letti, c’è anche il recapito telefonico della Signora Assunta, proprietaria dello spazio e dell’antistante Mercato delle Pulci. Per telefono la signora Assunta mi da il permesso di rientrare nel mercato, ma mi avverte che non è assolutamente possibile fare foto.

Assunta Ammendola è presidente degli Amici del Vecchio Mercatino delle Pulci, un’associazione nata nel 1993 con l’obiettivo di legalizzare il mercatino, che inizialmente si teneva in forma spontanea presso il quartiere La Barona a Milano. Dopo lo sfratto, avvenuto all’inizio degli anni ’90, iniziò una lunga battaglia da parte degli ambulanti per ottenere un’area dove poter allestire il Mercatino delle Pulci. Venne organizzata una manifestazione sotto palazzo Marino a seguito della quale venne concesso uno spazio in via Lorenzini. “Assunta è un nome sulla piazza dei mercati”, racconta Ammendola con orgoglio. “Tutti mi chiamano mamma o zia“.

Una volta rientrata nel mercato l’atmosfera sembra meno tesa. Mi viene spiegato che la diffidenza nei confronti della stampa è dovuta ad una troupe di giornalisti che un paio di anni prima è entrata nel mercato con telecamere nascoste. “Tentarono di accusarci di abusivismo”, mi spiega l’addetto alla sicurezza del mercato, un ragazzo italiano dallo sguardo severo. “Ma qui è tutto regolare, questo spazio è adibito a mercato e siamo tutti in regola”.

Affittare una piazzola al Mercato dell’Est costa 70 euro al giorno. Nelle giornate in cui c’è molta gente si riesce a portare a casa a malapena il doppio.

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Mi avvicino ad uno stand che sembra essere più fornito degli altri. Valia ha 35 anni ed è ucraina. Vive in Italia da molti anni e parla un italiano senza accento, la ‘r’ leggermente arrotata. Ha un lavoro ben pagato, ma il sabato viene al mercato ad aiutare il fratello che arriva da Kiev in pullman. Lo stand di Valia è carico di dolci e prodotti confezionati che lei ed il fratello vendono ai connazionali. L’halva, una specie di torrone duro ai semi di girasole, è il suo dolce preferito. “Questo mercato è una piccola comunità che ruota intorno alle spedizioni”, mi racconta. “Non si va sempre tutti d’accordo, ma per la maggior parte della gente questo è un luogo di ritrovo, uno spazio per ricordarsi del sapori di casa e ritrovare voci e suoni familiari” .


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