Storia di una panchina

Colore: rosso fuoco. Materiale: legno laccato. Interamente realizzata a mano. Modello artigianale e unico. Non privo di eleganza nella sua sobrietà. Vi ci potete accomodare – e gratuitamente! – se passate per via Carducci, nel cuore di Mestre. Ma non è questa la panchina di cui vogliamo raccontare la storia, ma di quella che c’era prima. Prima che il Brugnaro Luigi – lui si firma sempre col cognome davanti al nome che gli pare più corretto – sindaco di Venezia, la sradicasse a colpi di ruspa assieme a tutto il malcapitato plateatico che ci sorgeva attorno. E non senza aver prima chiamato a rapporto la stampa locale per mostrare come, con la ben quotata politica della ruspa, si possa risolvere il famoso “degrado” che umilia la città. La panchina, quella piallata intendiamo, non era per nulla diversa dalla altre, poche, panchine che si trovano a Mestre. Eppure, nei bui recessi della sua coscienza panchinara, costei covava una imperdonabile colpa: consentiva ai senza dimora di sedercisi sopra. Di notte poi, qualcuno di questi disperati ci si sdraiava pure sopra per riposare. E sognare magari di stare su un letto vero. Un crimine che le è costato l’inappellabile pena di morte per ruspa violenta. Una delle tante vittime innocenti della personalissima “lotta al degrado” che il Brugnaro Luigi sindaco sta portando avanti con passione che potremmo definire da tifo sportivo.

la distruzione della prima panchina

Non che abbia tanto altro cui pensare tutto il santo giorno, il Brugnaro Luigi sindaco. Piange il morto con ogni malcapitato ministro che si avventura in laguna per domandargli soldi per “salvare Venezia”, si fa sfanculare in diretta nelle trasmissioni radiofoniche, ha bannato la parola “ambiente” dal vocabolario municipale, cassato il parco della laguna nord che pure era già stato finanziato dalla Comunità Europea – pare che con i parchi non si facciano soldi e si scontentino i cacciatori che hanno grana -, litigato con le società remiere, insultato quel culattone di Elton John che sui social si era detto preoccupato per Venezia, armato i vigili di pistola, assicurato le compagnie di navigazione che possono far circolare le Grandi Navi dove vogliono come vogliono e quando vogliono, invitato i residenti di Venezia a trasferirsi tutti a Mestre, così si fa più spazio ai turisti che portano schei, twittato contro l’utero in affitto. Problema quest’ultimo che lo assilla più dei cambiamenti climatici ai quali non crede affatto.

Ma il meglio di sé, come abbiamo detto, lo riserva tutto alla lotta al degrado. Degrado causato tutto da slavi, negri, nomadi, froci, clandestini, barboni, zecche dei centri sociali, vu cumprà, puttane, zingari, terroristi islamici, tossici ed extracomunitari non svizzeri. Gente, diciamolo pure, non pulitissima. C’erano una volta le docce comunali ma il Brugnaro Luigi Sindaco ha ruspato via pure quelle. Gente che dorme per strada. C’erano una volta associazioni, come la Caracol, che si occupavano dei senza casa offrendo loro un posto letto al caldo durante i rigidi mesi invernali. Ma il Brugnaro Luigi sindaco ha deciso che si poteva fare benissimo a meno di loro. Gente che ti piscia sul portone di casa. C’erano una volta i bagni pubblici. Ma anche questi hanno fatto la fine della nostra disgraziatissima panchina.

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ripristinando la panchina

E così Mestre – che bella bella non è mai stata – è diventata una fogna a cielo aperto dove, vai a capire il perché, i fascisti di Casa Pound si sentono come a casa loro e cominciano a fare proselitismo. In più, spuntano come funghi i comitati di residenti sempre più incazzati ed intrattabili. E tutti ad invocare il Brugnaro Luigi sindaco, unico e vero paladino della lotta al degrado. Riporto a commento la pacata osservazione di una ragazza che, prima dell’era Brugnaro, passava le notti a portare bevande calde e coperte ai clochard assieme agli attivisti della Caracol. Si chiama Vittoria Scarpa ed è un tipetto ruspante che non te le manda a dire (io non saprei sintetizzare la situazione meglio di lei). “E se vi pisciano sotto casa non va bene. E se mettono i bagni no perché son brutti e attirano gente brutta. E se per strada non c’è nessuno abbiamo paura. E se c’è un bar aperto c’è casino e non dormiamo. E se non ci sono negozi la città muore. E se li comprano i cinesi siamo invasi. E gli spacciatori tunisini sono il problema ma la generazione di giovani che si fanno di tutto l’avete cresciuta voi. Ma più di tutto regna il dio degrado. Ma andate tutti affanculo, compratevi una casetta su Marte”.

Ma adesso che ha ruspato via tutto lo stato sociale, cosa resta da fare al Brugnaro Luigi sindaco per portare avanti la sua crociata contro il degrado? Se pensate che lui sia uno di quelli che si perdono d’animo, siete fuori strada. Zompa in consiglio comunale e scatena una bagarre degna di miglior causa fino a che non ottiene di far approvare due richieste formali al presidente del consiglio. Una per chiedere il ritorno dei marò e l’altra per invocare “più poteri” e risolvere così il problema del degrado a modo suo. Quale sia questo modo suo, non ce lo ha spiegato. A dir la verità, non glielo ho neppure chiesto perché temo la risposta.

la panchia sistemata

Questa signori, è l’aria che tira a Venezia. “La città più sicura del mondo – si vanta sempre il Brugnaro Luigi sindaco -. Se solo uno di quei musulmani prova a gridare Allah si trova sparato nel giro di due secondi”. Con i militari col mitra spianato che marciano per le calli, a parer suo, i veneziani dovrebbero respirare sicurezza a pieni polmoni Attenzione solo a non farvi beccare con l’abbonamento scaduto nel bus che va a Mestre, perché il servizio di controllo è stato appaltato a guardie private che ti chiedono il biglietto armate di pistole. Una spesa che bisognava fare per la sicurezza. Ma per un orinatoio a muro non ci son soldi. E così a Mestre tira un’aria che sa di piscio. Neanche tanto diversa, alla fin fine, da quella che spazza Verona con Tosi Flavio sindaco, dove ti becchi 500 euro di multa solo se ti azzardi a fare la carità ad un disperato. O da quella che ammorba Padova con quell’altro Bitonci Massimo sindaco, che ha inventato addirittura la panchina anti degrado dotata di una sbarra centrale ti impedisce di abbracciare la morosa anche se sei eterosessuale! E ci si è pure fatto immortalare seduto sopra con la faccia soddisfatta accanto al suo degno assessore! Oh… e parliamo di persone che la domenica vanno pure in chiesa e si sistemano in prima fila per sentire le prediche sulla carità cristiana, eh?

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A Padova Bitonci sulla panchina antidegrado
Bitonci a Padova sulla panchina antidegrado

Siete schifati? Posso capirlo ma, per favore, continuate a leggere qualche altra riga perché la storia continua con quell’altra panchina. Quella cui accennavamo in apertura. Quella colore del fuoco. L’hanno sistemata, esattamente dove sorgeva la panchina originale giustiziata dalla ruspa, i ragazzi dei centri sociali, che poi hanno portato in corteo il manichino di un Cristo vestito da clochard sino alla sede dell’assessorato ai servizi sociali per chiedere che ci sta a fare un assessorato ai servizi sociali se i servizi sociali non ci sono più. Non sono stati ricevuti perché loro sono le zecche dei centri sociali. Ma la panchina che hanno costruito, c’è da dire, è più bella di quella che c’era prima. Hanno sistemato sopra addirittura una piccola tettoia per riparare dalla pioggia il malcapitato costretto a dormirci sopra. E se il Comune pialla anche questa, ne rimetteranno subito un’altra, assicurano. E vediamo chi si stufa prima. #noisamogentechenonmollamai è l’hastag di battaglia.

tweetCome ha reagito l’amministrazione? La risposta è stata affidata ad un tweet che, se non lo avesse mandato l’assessore alla Sicurezza, Giorgio d’Este, ma uno dei tanti sparasentenze da bar Sport farebbe solo che pietà ma invece fa anche piangere. “Ecco!!! Questa gente che tanto si schiera per salvaguardare soggetti tossici e disadattati intende aiutarli rimettendo la panchina. Ma perché, mi chiedo, non li aiutano veramente offrendogli un posto a casa loro?” Una argomentazione, questa del “perché non ve li portate a casa vostra”, magari non eccessivamente elaborata nei contenuti ma che la dice tutta su cosa intenda per “politica” – la “cosa di tutti” – la giunta del Brugnaro Luigi sindaco che governa la mia città. A questo punto, avrete intuito perché la puzza di piscio che si sente in laguna non è dovuta solo ai famosi “soggetti tossici e disadattati” costretti a svuotarsi le vesciche sui portoni delle case.

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Ma intanto la panchina è sempre là. Un pugno rosso fuoco contro il grigiore di una Mestre che naufraga nella sporcizia, nell’abbandono e nella vergogna. E attorno a lei ci sono ancora loro, le ragazze e i ragazzi del Loco, del Morion e del Rivolta, pronti a fare quadrato, a ricostruire quello che altri distruggono, a sentire tutte le ingiustizie fatte al mondo come fossero fatte a loro, a denunciare un degrado che sta tutto nell’anima di chi lo invoca a pretesto. A lottare per quella libertà e quella democrazia per cui lottavano i loro nonni partigiani. A resistere, a tener duro, a rompere i coglioni.

 


Profilo dell'autore

Riccardo Bottazzo
Giornalista professionista e veneziano doc. Quando non sono in giro per il mondo, mi trovate nella mia laguna a denunciare le sconsiderate politiche di “sviluppo” che la stanno trasformando in un braccio di mare aperto. Mi occupo soprattutto di battaglie per l’ambiente inteso come bene comune e di movimenti dal basso (che poi sono la stessa cosa). Ho lavorato nei Quotidiani dell’Espresso (Nuova Venezia e, in particolare, il Mattino di Padova). Ho fatto parte della redazione della rivista Carta e sono stato responsabile del supplemento Veneto del quotidiano Terra. Ho all’attivo alcuni libri come “Liberalaparola”, “Buongiorno Bosnia”, “Il porto dei destini sospesi”, “Caccia sporca”, “Il parco che verrà”. Ho anche curato e pubblicato alcuni ebook con reportage dal Brasile pre mondiale, dall’Iraq, dall’Algeria e dalla Tunisia dopo le rivoluzioni di Primavera, e dal Chiapas zapatista, dove ho accompagnato le brigate mediche e un bel po’ di carovane di Ya Basta. Ho anche pubblicato racconti e reportage in vari libri curati da altri come, ricordo solo, gli annuari della Fondazione Pace di Venezia, il Mio Mare e Ripartire di FrontiereNews.
Sono direttore di EcoMagazine, sito che si occupa di conflitti ambientali, e collaboro con Melting Pot, FrontiereNews, Global Project, Today, Desinformemonos, Young, Q Code Mag, il Manifesto e lo Straniero. Non riesco a stare fermo e ho sempre in progetto lunghi viaggi. Ho partecipato al Silk Road Race da Milano a Dushanbe, scrivendo reportage lungo la Via della seta e raccogliendo racconti e fotografia in un volume.
Non ho dimenticato la formazione scientifica che ho alle spalle e, quando ho tempo, vado a caccia di supposti fantasmi, case infestate o altri "mysteri" assieme agli amici del Cicap, con il quale collaboro per siti e riviste.

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