I minori non accompagnati e l’inferno bulgaro

di Maria Cheresheva – dvenik.bg

“Non c’è vita per noi – né a Bagdad, né altrove. Lo Stato islamico stupra le ragazze e le costringe a convertirsi all’islam. Hanno già preso più di 500 ragazze. Era diventato insopportabile. Ho abbandonato la scuola e sono fuggita”. Inizia così la storia della 17enne irachena Asma*, della minoranza yazida. Asma è stata sistematicamente perseguitata dall’ISIS in Iraq e in Siria.

La storia continua in stile cinematografico: la ragazza, insieme alla sorellina minorenne, attraversa illegalmente i confini turchi, bulgari e serbi. Viene rinchiusa per quattro giorni dai trafficanti vicino al confine bulgaro-turco, teme di essere abusata sessualmente. Viene respinta dalla Serbia verso la Bulgaria, poi dalla Bulgaria alla Turchia. All’inizio del 2016 finisce in un centro di detenzione per gli stranieri in Bulgaria.

Asma è uno dei tanti minori non accompagnati che il team del Center for Legal Aid e gli avvocati bulgari per i diritti umani hanno incontrato mentre studiavano le ragioni per cui i migranti sono detenuti nei centri gestiti dal Ministero degli Interni bulgaro come quelli di Lyubimets e Busmantsi.

Sarebbe opportuno ricordare che la giovane donna irachena di cui vi stiamo parlando non è uno dei minori rifugiati che tipicamente finisce in Bulgaria. La maggior parte dei minori non accompagnati sono adolescenti dell’Afghanistan – una tendenza che è comune per tutta l’Europa. Ciò che unisce tutti questi giovani sono sia le loro storie scioccanti, che a volte li hanno portati qui completamente per caso, così come la mancanza di cure adeguate che dovrebbero ricevere in quanto parte di un gruppo vulnerabile.

Chi sono i bambini rifugiati?

Secondo i dati di Eurostat, nel 2015 88.300 minori non accompagnati ha fatto richiesta di asilo nei paesi dell’UE. Con l’improvviso afflusso di rifugiati, negli ultimi anni il loro numero è cresciuto in modo significativo. Mentre durante il periodo 2011-2013 tra 11.000 e 13.000 minori non accompagnati ha fatto domanda di asilo in Europa, nel 2014 il loro numero è raddoppiato a 23.000, e nel 2015 è stato quattro volte di più dell’anno precedente. In Bulgaria nel 2015 sono state depositate 1.815 richieste di asilo da minori non accompagnati, e questo indica che il nostro paese è al settimo posto in tutta l’UE.

Oltre il 90% dei giovani entrati in Europa da soli nel 2015 sono maschi, e più della metà ha 16-17 anni. Circa il 13% dei minori non accompagnati, intorno a 12.000, sono bambini di età inferiore ai 12 anni. Il paese di origine più comune è l’Afghanistan, paese natale per oltre la metà dei bambini rifugiati.

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Da lì in poi la strada è simile: il Pakistan, l’Iran, la Turchia, la Bulgaria. Trafficanti, auto, camion, lavoro a bassa retribuzione in nero, attacchi da smugglers e polizia, attraversamento illegale delle frontiere: tutte esperienze non idonee per un minorenne, che entro la fine del viaggio diventa suo malgrado un adulto.

L’arrivo in Europa contiene anche dei rischi. Nel corso degli ultimi anni, almeno 10.000 bambini rifugiati sono scomparsi, secondo i dati dell'”Europol” – statistiche scioccanti che mostrano la totale impreparazione dell’UE nel rispondere adeguatamente al crescente problema.

La Bulgaria non è un’eccezione, resa evidente da alcuni notevoli difetti del sistema di accoglienza e integrazione dei minori non accompagnati.

Detenzione illegale

“Il confino forzato non può essere imposto ai minori non accompagnati”, recita l’articolo 44 comma 8 della legge sugli stranieri in Bulgaria. Vi è scritto, inoltre, che l’autorità che ha emesso l’ordine per l’imposizione di un provvedimento amministrativo forzato deve informare la direzione della rispettiva assistenza sociale che deve prendere misure di protezione ai sensi della legge sulla protezione dei bambini.

Tutti i giovani le cui storie sono raccontate in questo articolo, tuttavia, sono stati intervistati proprio nei centri di detenzione. Alcuni di loro raccontano che quando sono stati arrestati al confine, sono stati assegnati ad un adulto dallo stesso gruppo con cui sono stati arrestati. In questo modo lo stato bulgaro priva questi bambini della loro libertà – un atto, che in linea di principio è in contraddizione con la legge bulgara e con le pratiche europee e internazionali. Il Garante della Repubblica di Bulgaria ha messo in evidenza questo problema nella sua relazione annuale presentata alla fine di maggio 2016. Il rapporto cita casi particolari, tra cui l’ “accoppiamento” di un ragazzo dall’Afghanistan con un “accompagnatore” proveniente dal Pakistan.

“Molto spesso i bambini vengono segnalati come accompagnati da persone che in realtà non conoscono”, spiega l’avvocatessa Dilyana Giteva, membra del collettivo degli Avvocati bulgari per i diritti umani. Questo crea molti problemi aggiuntivi, in quanto entrambi i documenti ufficiali emessi per i bambini – un ordine per l’espulsione dal paese e uno per l’inserimento in un centro di detenzione – sono necessari per l’adulto che in teoria accompagna il minore.

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Così, in assenza di comunicazione tra il bambino e il suo cosiddetto tutore, i giovani rischiano di perdere il termine per presentare ricorso sulla detenzione, per chiedere asilo e per ottenere tutte le informazioni adeguate sulla permanenza nel paese.

“Non vi è alcun meccanismo – né di diritto né di fatto – per la fornitura di qualsiasi protezione di questi bambini, privati della loro libertà”, spiega l’avvocato. Aggiungendo che gli unici aiuti che i minori non accompagnati ricevono provengono da organizzazioni non governative, ma anche con loro è “una questione di fortuna”.

I giovani che riescono a chiedere asilo vengono rilasciati dai centri di detenzione del Ministero degli Interni e trasferiti nei campi gestiti dalla Agenzia di Stato per i Rifugiati (SAR). Coloro che non riescono a fare domanda per lo status di rifugiato vengono lasciati per strada senza documentazione legale, dato che il periodo massimo di detenzione di uno straniero è di 18 mesi, seppur il termine massimo è raramente applicato.

“Girano per le strade con tutti i rischi che si possono correre. Sono bambini senza reddito, senza una casa, senza mezzi di sussistenza. Quello che succede davvero loro lo possiamo solo immaginare”, avverte Giteva.

Responsabilità indesiderate

Sarebbe logico pensare che dei bambini rifugiati non accompagnati che vivono nei centri della SAR si prendesse cura l’Agenzia per l’assistenza sociale e l’Agenzia di stato per la protezione dell’infanzia. Del resto sono le istituzioni responsabili per i bambini bulgari senza genitori, quelle che hanno le competenze necessarie per fornire servizi ai bambini a rischio.

Negli ultimi cinque anni, tuttavia, la questione della tutela dei minori non accompagnati rimane irrisolta, e ciò nella pratica priva i bambini di rappresentanza istituzionale davanti allo stato, come le ONG hanno ripetutamente segnalato.

Nel 2015, il programma di assistenza legale per rifugiati e migranti del Comitato di Helsinki bulgaro ha monitorato i casi di 40 bambini non accompagnati, e nel 100% dei casi non vi era alcuna tutore designato. In solo due dei casi gli assistenti sociali incaricati li hanno sostenuti e supportati durante le interviste per le procedura d’asilo. Nessuno sa quanti bambini hanno lasciato il paese prima o dopo aver ricevuto lo status di rifugiato, né quale sia stato il loro destino.

In risposta a questo crescente problema, nel 2015 sono state preparate delle modifiche alla legge sull’asilo e sui rifugiati, con l’obiettivo di responsabilizzare le autorità che proteggono i minori verso la tutela dei bambini rifugiati. Negli emendamenti approvati nel mese di ottobre 2015, tuttavia, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è riuscito a spostare l’onere alle autorità comunali. Questo è accaduto nonostante le proteste degli esperti, delle SAR, dei deputati della commissione giuridica del Parlamento e dei rappresentanti delle ONG. L’emanazione delle modifiche di legge non è avvenuta senza tensioni, come è chiaro dalle trascrizioni delle riunioni del comitato giuridico dell’Assemblea nazionale.

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Dopo contenziosi lunghi e inutili con il ministro, nel luglio 2015 il presidente del comitato giuridico, Danail Kirilov, ha detto senza mezzi termini: “Nessuno vuole assumersi la responsabilità”. Così i comuni si sono ritrovati costretti a nominare rappresentanti dei minori non accompagnati. I funzionari comunali hanno l’obbligo di curare gli interessi legali dei bambini e garantire il massimo in materia di salute, istruzione e assistenza sociale fino quando diventano maggiorenni.

Nella pratica, tuttavia, anche se hanno la buona volontà, non hanno né la formazione né la capacità di eseguire bene queste funzioni. Fonti del giornale Dnevnik che lavorano su casi di minori non accompagnati hanno detto che a volte viene nominato un solo rappresentante di comune per centinaia di rifugiati minorenni.

Di conseguenza, l’esercizio delle funzioni di tutela è puramente formale, in quanto servono mesi per poter conoscere in dettaglio la situazione dei bambini e le loro storie personali. La garanzia della sicurezza dei bambini è solo su carta.

Nel frattempo, i giovani rifugiati continuano ad arrivare in Bulgaria cercando di ripartire il più presto possibile e affidando le loro vite ai trafficanti. In definitiva, la scelta è loro e la responsabilità morale per la loro sicurezza di nessuno.


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