Il ‘negro’ nel cinema neorealista

di Reginaldo Cerolini*

L’osannato film di De Sica, dal sapore favoloso e di grande respiro, ha attratto la mia attenzione per una curiosa incidenza. Si tratta infatti di uno dei primi film del dopo guerra italiano ad avere tra i personaggi un negro. Più specificatamente tratta la tensione amorosa tra un negro americano ed una bianca italiana.

La scena che li riguarda si articola in tre momenti chiave. L’arrivo del negro americano e della bianca italiana a Brambi nel momento di assegnamento delle baracche; la scena della festa in cui il loro reciproco interesse è evidente; la scena finale del film in cui ad ognuno è data la possibilità di esprimere un desiderio e il negro e la bianca scelgono il colore ‘opposto’ di pelle.

La sequenza in cui si inserisce questo tema e presentazione – praticamente dimenticato dalla critica – ha un valore storico, simbolico molto più significativo di quanto non possa apparire a prima vista.

Nel clima di nuovo interesse per una dialettica interpretativa, necessariamente continua, del neorealismo e della sua influenza internazionale come discorso di cultura, insieme al nuovo focus per le culture in transito e l’assestamento multiculturale delle nazioni, è bene non sottovalutare un film tanto importante, e la sua menzione esplicita alla ‘questione razziale’ (oggi per ‘legislativa buona creanza’ diciamo etnica, per smussare le punte della questione) che ha già fatto, fa e farà storia.

Siamo nella piena ondata del neorealismo, anni di una cinematografia impegnata su tematiche sociali ed ormai affermata come un netto distacco, sia dai film del precedente regime fascista che dall’influenza hollywoodiana. Questa attenzione per il popolo che esprime il dolore, la disperazione, la resistenza quotidiana e un senso di umanità che fa eco proprio con la guerra appena finita, permette fra i molteplici spunti una nuova riflessione anche sulla figura del negro.

Il periodo precedente alla Seconda Guerra mondiale era infatti stato caratterizzato da un’attenzione di tipo storico-demo-antropologico (dunque con aspirazioni scientifico-umaniste), e poi da un interesse propagandistico e nazionalista, così come aveva voluto il Fascismo, alla questione razziale e in particolar modo come esempio di contrapposizione ai popoli africani e afro-americani. Questa nuova attenzione verso la figura del negro avviene in un clima europeo piuttosto unito nel vivificare la specificità e o peculiarità dei negri, in modo molto diverso dagli stereotipi a cui Hollywood aveva abituato il cinema internazionale. Per la verità i negri americani avevano già iniziato, da se stessi, un’autorappresentazione già a partire dagli anni ‘20, focalizzando subito l’interesse sul quadro delle evidenti e schiaccianti differenze sociali presenti in America. Un nome che fa ormai parte della cinematografia mondiale è quello del pioniere – assoluto- Oscar Micheaux. Per via dei tempi e qualcuno dice – spesso- per mancanza di qualità, questa autorappresentazione negra venne per lo più ignorata ed ebbe scarsa circolazione negli USA come in Europa. Il solo fatto che la maggior parte di questi film siano, attualmente, considerati persi testimonia la loro non prolifica distribuzione e la poca attenzione al loro valore.

Ora può anche darsi che visti i mezzi e la recente nascita dei cinematografo, la maggior parte di questi film non fossero dei capolavori di tecnica o di sceneggiatura, né si prefiggessero questo scopo. Parlare di sé con consapevolezza della propria situazione e denunciare atteggiamenti chiaramente razzisti e denigratori in una situazione generale di vera indigenza economica e sociale che caratterizzava soprattutto i negri (in Africa, come in America e in Brasile), potevano essere motivi sufficienti per autoprodursi e rappresentarsi senza eccesso di affettazione artistica: non sentita, non voluta, non ancora necessaria.

Vi era poi un senso di autoironia, tipicamente afro-americana, oltre ad una volontà di imitare i film dei bianchi e le varie atmosfere in essi mostrate, che ha reso nel breve tempo di questi albori, sia film divertenti e gustosi (in modo complesso) che film propriamente scadenti.

Tutto questo per dire che la rappresentazione del negro ha da confrontarsi storicamente anche con un’esistente visione emica. Se questa in letteratura sembra aver già trovato i suoi notevoli campi di espressione e di scontro, ma comunque di affermazione dialogica, nella critica italiana sembra ancora saltuario ed esiguo quando, non piuttosto mancante.

[Continua la lettura]


*ARTICOLO ORIGINARIAMENTE PUBBLICATO SU LA MACCHINA SOGNANTE, UNA RIVISTA DI SCRITTURE DAL MONDO. OGNI SETTIMANA FRONTIERE NEWS PUBBLICA UN ARTICOLO SELEZIONATO DALLA REDAZIONE DE LA MACCHINA SOGNANTE.


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