Trump ha ragione: la Svezia ha un problema con il terrorismo, di destra

di Joshua Evangelista*

“Dobbiamo rendere sicuro il nostro paese. Guardate cosa è successo la scorsa notte in Svezia”, tuonava Donald Trump una settimana fa in Florida, davanti a migliaia di sostenitori in estasi. “La Svezia, chi l’avrebbe mai immaginato! Ne hanno presi tanti e ora devono affrontare problemi inaspettati”, proseguiva nel ragionamento, collegando questo non meglio specificato fatto svedese alle politiche d’accoglienza di Stoccolma.

Eppure nei giorni precedenti al discorso di Trump la polizia svedese non aveva registrato alcun attentato terroristico di matrice islamica o comunque riconducibile ai migranti. L’imbarazzante uscita del neopresidente degli Stati Uniti ha scatenato l’ilarità degli scandinavi, capeggiati dall’ex primo ministro Carl Bildt che ai suoi follower su Twitter ha chiesto quale droga avesse ispirato un discorso così infelice.

Al di là dell’ampio debunking collettivo sulle parole di Trump e del suo successivo tentativo di smorzare le polemiche (che, se vogliamo, è stato ancora più imbarazzante: “Mi riferivo a un servizio che ho visto su Fox News”, ha scritto su Twitter), c’è da dire che nell’ultimo mese un attacco terroristico in Svezia è effettivamente avvenuto. Tuttavia matrice e autori sono difficilmente inquadrabili nella propaganda “trumpiana”.

Lo scorso 5 gennaio tre neo-nazi legati al Nordiska motståndsrörelsen (Movimento per la resistenza nordica) sono stati arrestati – una quarta persona è al momento indagata – con l’accusa di aver piazzato una bomba artigianale in un centro per richiedenti asilo di Goteborg, durante la cui esplosione un operatore sociale è stato gravemente ferito.

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Non è un caso isolato: il 25 gennaio un’altra bomba è stata posizionata nei pressi del campo per rifugiati di Lilleby ma fortunatamente non è esplosa altrimenti, spiega la polizia, sarebbe stata una strage. A novembre era toccato al Forum sindacalista, sempre a Goteborg, mentre lo scorso mercoledì davanti a una scuola di Stoccolma alcuni neo-nazi hanno picchiato uno studente quindicenne che aveva partecipato all’incontro con un ebreo sopravvissuto alla Shoah. La colpa dell’adolescente: aveva cercato di difendere un immigrato somalo preso di mira dai militanti mentre questi distribuivano volantini negazionisti.

“Le violenze verbali e fisiche sono aumentate incredibilmente”, spiega Emma Bjørshol, attivista di un collettivo antirazzista. “L’estrema destra si sta mobilizzando e le conseguenze sono evidenti. I militanti non hanno problemi a esporre la propria faccia e molte persone vivono nel terrore: il loro target non è più solo la popolazione nera ma chiunque faccia parte, in qualche modo, di una minoranza. Il risultato è che gran parte di noi non si sente al sicuro”.

Del resto il dibattito sui migranti non è molto diverso da quelli attualmente in corso negli altri paesi europei. I numeri dell’accoglienza vengono continuamente sventolati da partiti di destra e stampa conservatrice: secondo l’Agenzia per le migrazioni, il paese ha accolto 81 mila richiedenti asilo nel 2014, 163 mila nel 2015 e 29 mila nel corso dell’ultimo anno, mentre per il 2017 le stime oscillano dalle 25 alle 45 mila. Troppi, dicono, per una popolazione di 9 milioni e mezzo di abitanti.

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Se il Movimento per la resistenza nordica è ancora considerato estremo, un’altra forza politica che si auto-definisce populista, nazional-conservatrice e anti-immigrazione ha acquistato un ruolo importante nello scacchiere politico, rosicando voti a moderati e liberali e costringendoli a imitarne le strategie comunicative. Stiamo parlando di Sverigedemokraterna (letteralmente “Democratici di Svezia”), il cui principale bacino di voti è la multiculturale Scania, nell’estremo sud del paese, dove la narrazione contro migranti e seconde generazioni ha assunto dimensioni imponenti.

In attesa di capire le alleanze per le elezioni parlamentari dell’anno prossimo (secondo i sondaggi hanno dalla loro parte il 18% degli elettori), si può affermare con certezza che i suoi supporter non sono più inquadrabili nello stereotipo del suprematista bianco non istruito. Basti pensare che secondo un’indagine del quotidiano Aftonbladet il 14% degli iscritti al partito ha origine straniera.


*Articolo originariamente pubblicato dal Dubbio il 21 febbraio 2017


Profilo dell'autore

Joshua Evangelista

Joshua Evangelista
Responsabile e co-fondatore di Frontiere News. Scrive di minoranze e diritti umani su Middle East Eye, Espresso, Repubblica, Internazionale e altre testate nazionali e internazionali
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