Nella Sicilia della cultura che resiste

Testo e foto di Stefano Pacini

 Nel febbraio di quest’anno sono tornato nell’isola dopo 16 anni di assenza. L’ultima volta, al ritorno da quel viaggio, pubblicai “Sliding doors-frammenti dell’Italia che cambia”, un lavoro fotografico che attraversava tutto il bel Paese dagli anni ’70 al 2001. Questa volta sono andato a presentare “Noi sogniamo il mondo” la summa fotografica dei miei ultimi 40 anni vissuti nella mia unica patria: il mondo intero.

La prima tappa l’ho fatta a Catania, dalle sorelle Maria Carmela e Angelica Sciacca, che gestiscono una piccola libreria, Vicolo Stretto, ma con grande cuore. Tanto per dirne una è qui che comparve per la prima volta il cartello, poi diffusosi a macchia d’olio: “In questa libreria non si ordina né si vende il libro di Salvatore Riina”. Carmela e Angelica sono giovani, innamorate del loro lavoro, spesso volano a incontrare altri librai, e si capisce che quello che fanno è molto più soddisfacente sotto il piano dei rapporti umani, del restare umani, che sotto quello economico. Carmela mi guida per vicoli malfamati, sino alla piazzetta intitolata a Goliarda Sapienza e alla sua casa natale, mi racconta instancabile la storia della città, i suoi sogni, che mischia ai ricordi dell’università vissuta a Siena, alla sua devozione per la santa intoccabile di Catania, Agata, e alla contemporanea fede buddista. Il giorno in cui parto per Caltagirone è felice perché la onlus di cui fa parte attiva è riuscita a far “adottare” un giovane rifugiato africano da una famiglia del centro storico capitanata da una arzilla ultra-ottantenne.

Lungo la strada per Caltagirone, tra acquazzoni e sciabolate di sole, incontro vicino alle vecchie basi militari riconvertite in centri di “accoglienza” gruppi di ragazzi neri a piedi o in bicicletta, spersi nel nulla delle campagne siciliane, apparentemente senza una meta. Giunto nella città delle ceramiche ne incontro altri che lavorano nelle campagne. Ho appuntamento in una piccola libreria gestita da una appassionata lettrice: Daniela Alparone, non a caso amica di Carmela. E qui ho la sorpresa di trovare il piccolo fondo pieno di persone attente, di fotografi, di recensori che si sono preparati sul libro e me lo sviscerano da nuovi punti di vista. Poi, a casa della mia guida indigena Stefania, mi raccontano che esisteva un museo della Fotografia dedicato a Luigi Ghirri, ma che il comune lo ha chiuso e riconvertito, e l’incredibile storia della signorina Gilda, che ha cucito per una vita intera per diletto abiti di carta con materiali di riciclo, che alla fine sono stati notati da uno stilista inglese ed ora esposti in un museo di Londra. Le ore volano e diventano piccole nei racconti e nelle fotografie squadernate sul tavolo.

Con la terza tappa raggiungo Caltanissetta, la libreria Ubik gestita tanto per cambiare da una donna, Liana, e l’organizzatore della serata è un grande fotografo, disabile, ma instancabile: Ettore Maria Garozzo. Mentre mi guida nel mercato e nel centro storico mi racconta della comunità afgana che è la prima e più stabile del capoluogo nisseno, del proliferare di B&B pur con poco turismo, del nuovo business dei centri per anziani, dell’eterna lotta per liberare il centro dal traffico. E infine mi fa conoscere una bravissima fotografa sarda, Arianna Di Romano, che fotografa i Rom in giro per il mondo e sta appunto girando la Sicilia con la sua mostra. Prima di mezzanotte abbiamo messo su un gemellaggio autogestito: lei, Ettore e altri fotografi nisseni saranno ospiti miei e di altri fotografi a Siena e viceversa, con mostre annesse.

Il tour volge al finale, per cui raggiungo Ragusa, ho appuntamento con Vincenzo Cascone, regista, animatore del Festiwall, il festival estivo di arte murale che ogni anno si sviluppa in quartieri diversi della città, coinvolgendo realtà difficili, richiamando artisti di fama internazionale e spettatori da ogni parte del mondo. Vincenzo mi spiega che con Antonio Sortino e l’Associazione Pandora ogni anno progetta il festival analizzando un quartiere soprattutto in base alle sue problematiche, alla sua storia, creando un principio di riappropriazione di identità sull’anonimato urbano.

Viaggiare con Vincenzo alla ricerca dei grandi murali è una caccia al tesoro della bellezza che esplode improvvisa come le raffiche di maestrale e il temporale seguito dall’arcobaleno, tra le periferie tristi e i palazzoni di cemento armato. E’ essere fermati per strada da persone che chiedono se c’è bisogno di qualche nuovo palazzo.  E’ arrivare a Modica per conoscere un personaggio immortalato in uno di questi murali: Guglielmo Manenti, disegnatore di strisce splendide, animatore culturale e pittore incredibile. E’ trovare una libreria affollata e colma di divani, disegni, fotografie e murales. E’ capire che nelle zone dove è diffusa una rivista mitica, Sicilia Libertaria, fondata da Pippo Guerrieri, la bellezza di Ibla sfruttata dal commissario Montalbano sta facendo piovere molto turismo ma anche prossime colate di cemento, aumento dei prezzi, interessi mafiosi o massonici. Fa capire che la lotta No Muos è ben radicata e marcia su tante gambe, come, mille km più a nord, la più nota No Tav in Val di Susa. Che ce ne sono tanti di siciliani belli,ostinati e contrari come Carmela, Angelica, Daniela, Ettore, Vincenzo, Guglielmo… che, come scriveva Camus ne “l’uomo in rivolta” …“ la bellezza, senza dubbio, non fa le rivoluzioni. Ma viene un giorno in cui le rivoluzioni hanno bisogno della bellezza”.


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