Marocco, la protesta del “Rif” spiegata (bene) in 5 punti

Perché la mobilitazione del “Rif” marocchino continua ad andare avanti? Cinque elementi da tenere a mente per comprenderne meglio le dinamiche


Il Marocco non ha mai conosciuto, in tutta la sua storia contemporanea, una mobilitazione popolare così importante come quella che si sta verificando, da più di otto mesi, nell’estremo nord del paese, il Rif. Neanche negli anni in cui, nel mondo, le rivolte popolari di sinistra o quelle islamiche hanno toccato il picco massimo, il Paese ha conosciuto un coinvolgimento popolare di così grande portata, come quello in corso nelle città e nei villaggi del Rif. Nemmeno al culmine della “Primavera Araba” del 2011 le sue manifestazioni e le sue marce furono così notevoli.

Dopo l’ondata di arresti che ha visto coinvolti più di 189 attivisti e la campagna di repressione del regime verso i manifestanti nel territorio del Rif, e in grandi città come Rabat e Casablanca, le proteste si sono nuovamente riaccese. Anzi è perfino aumentato il numero dei partecipanti che, coordinati tra loro, hanno lanciato l’appello per una marcia di un milione di persone che ha avuto luogo il 20 luglio, anniversario della battaglia di “Anwal”. La ricorrenza è significativa perché quella battaglia  vide la vittoria dei combattenti del Rif, guidati da Abdelkarim El-Khattabi, sugli invasori spagnoli, negli anni venti del secolo scorso.

Per questo motivo le proteste si sono poste all’attenzione internazionale come un vero e proprio fenomeno sociale da studiare ed analizzare a fondo, frutto dell’accumulo storico delle proteste pacifiche nate sia in Marocco, dopo l’indipendenza nel 1956, che nel resto nel mondo. In questa sua nuova forma, il fenomeno ha superato i confini nazionali e la rivolta del Rif si è rivelata una protesta molto più organizzata e strutturarata di quella studentesca guidata dai laureati disoccupati negli anni novanta nelle città marocchine.


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La recente mobilitazione ha come scopo e motore la rivendicazione dei diritti sociali ma al tempo stesso, in essa, si intravede uno sfondo politico che potrebbe non essere gradito al governo. Per individuare i motivi che hanno fatto della rivolta del Rif un evento di tale peso da perdurare nel tempo con lo stesso vigore del primo giorno, bisogna fare una lettura approfondita del fenomeno partendo da questi elementi:

1- La protesta del Rif è pacifica e rinuncia ad ogni forma di violenza. Lo slogan stesso, riferito alla manifestazione, scandisce ”pacifica, pacifica”. Ad ogni tentativo di repressione da parte delle forze di sicurezza, i partecipanti hanno continuato a ripertere quello slogan, aggiungendo “senza sasso e senza coltello” a garanzia che la loro marcia fosse  pacifica al 100%.

Nelle varie città del Rif, teatri di queste manifestazioni che durano oramai da otto mesi, gli attivisti hanno organizzato e formato catene umane per proteggere gli edifici pubblici dai saccheggi e per ripulire le strade dopo il passaggio dei manifestanti. L’aspetto pacifico della marcia continua nonostante l’ondata di arresti: per gli attivisti è chiaro che il segreto della forza della protesta è il suo essere pacifica.

2- Le richieste dei manifestanti sono di natura puramente sociale. Si chiede la costruzione di un ospedale specializzato in oncologia, visto l’elevato numero di malati di cancro in questa zona, e la creazione di un polo universitario per evitare agli studenti di spostarsi molto lontano dalla loro regione per poter proseguire gli studi.

Un’altra richiesta riguarda la creazione di opportunità di lavoro per i giovani disoccupati della zona; anche se questa richiesta appare più una supplica che non un legittimo diritto sancito già dalla costituzione marocchina e riconosciuto come tale ai suoi cittadini.

3- La mobilitazione del Rif non ha nessun inquadramento politico o ideologico. La cosa è evidente dal primo giorno in cui sono usciti i manifestanti, all’indomani della morte tragica del pescivendolo locale, quando non c’è stata nessuna rivendicazione politica. Al contrario hanno tutti preso le distanze dai partiti definendoli “negozi della politica” e dissociandosi da ogni bandiera sindacale. I manifestanti hanno voluto che le loro richieste e discorsi fossero privi di qualsiasi allusione politica.

4- Quello che è successo nel Rif è una nuova forma di manifestazione e di protesta che ha stupito il mondo per la sua organizzazione, la sua innovazione, l’atmosfera delle marce, delle proteste, degli scioperi, dei sit-in e della disobbedienza civile. Quando la mobilitazione veniva soppressa di giorno allora si risvegliava di notte, con la luce dei cellulari e il rumore dei colpi sulle pentole, di ispirazione latino-americana. I manifestanti sono anche saliti sui tetti scandendo i loro slogan, imitando la rivoluzione iraniana. Ma la cosa che ha distinto questa mobilitazione rendendola speciale è che essa si è anche spostata sulle spiagge e perfino in mezzo alle onde del mare dove i manifestanti, incalzati dalle forze dell’ordine, hanno continuato a scandire i loro slogan con i soldati che arrancavano alle calcagna, appensantiti dai loro scarponi ed equipaggiamento militare.

5- La ferma convinzione, la sfida e lo spirito di sacrificio sono alcune delle caratteristiche di questa protesta del Rif. Appena un leader attivista viene arrestato prende subito il suo posto un altro con altrettanta volontà e determinazione. Per riuscire in questa impresa, i leader della mobilitazione sono stati d’esempio ai manifestati. L’ispiratore e leader della protesta, Nasser Zafzafi, nel suo ultimo gesto di sfida prima dell’arresto, teneva il Corano in alto con una mano, giurando di non tradire tutti coloro, compagni e concittadini, che lottavano per una vita dignitosa e incitandoli a continuare sulla stessa linea fino ad ottenere i diritti rivendicati.

Anche da dietro le sbarre, i detenuti non hanno smesso di organizzarsi e avvalersi di altre forme di lotta come quella “dello stomaco vuoto”, cioè lo sciopero della fame ad oltranza, fino al rilascio o alla morte. E ci sono anche stati messaggi vocali di addio ad amici e simpatizzanti.

Tutti questi elementi messi insieme hanno dato alla mobilitazione del Rif lo slancio e la forza necessari per rimanere viva per tutti questi mesi. Dalla parte opposta, il governo non riesce ancora a trovare una strategia efficace per contenere questo fenomeno prima che, sotto i suoi occhi, vada completamente fuori controllo.


Ali Anouzli è uno scrittore e giornalista marocchino, responsabile del sito Lakome.com (bandito dalle autorità marocchine nel 2013). Nello stesso anno gli è stato riconosciuto un premio dall’organizzazione POMED [Project on Middle East Democracy] e nel 2014 l’organizzazione francese Reporters Senza Frontiere lo ha nominato “eroe dell’informazione”.

L’articolo è apparso in lingua araba su alaraby.co.uk


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