Giochi di violenza alle frontiere dei Balcani

Forte denuncia di un rapporto di Medici Senza Frontiere: il 92% dei minori migranti subisce abusi e violenze da parte della Polizia di frontiera


È un duro atto di accusa il nuovo report di Medici Senza Frontiere, che lancia l’allarme sulle violenze subite dai minori migranti alle frontiere. Secondo il report, il 92% dei giovani migranti subisce violenze da parte della Polizia di frontiera degli Stati membri dell’Ue ai confini serbi con Ungheria, Bulgaria e Croazia. Nei primi sei mesi del 2017 il 92% dei bambini e dei ragazzi che si sono recati nelle cliniche per la salute mentale della Ong racconta di aver subito violenza fisica. Bastonate, ferite da taglio, deprivazione di acqua e cibo, oltre ad abusi sessuali.

Le violenze della Polizia subite dai bambini – Viene denunciato nel report: «Da più di un anno i nostri medici e infermieri continuano ad ascoltare la stessa identica storia di giovani picchiati, umiliati e attaccati con i cani durante il tentativo disperato di proseguire il loro viaggio verso i paesi del nord». Nel primo semestre del 2017 [gennaio – giugno, ndr] sono 78 i minori morti di violenza. «È vergognoso che alcuni stati membri dell’Ue stiano intenzionalmente usando la violenza per impedire a bambini e ragazzi di cercare asilo nell’Unione europea. In questo modo, l’unico effetto è quello di causare seri danni sia fisici che psicologici, rendendo questi ragazzi ancora più vulnerabili e spingendoli nelle mani dei trafficanti che l’Ue e gli stati membri dichiarano di voler combattere», conclude Andrea Contenta. «Non sappiamo quante persone abbiano perso la vita durante l’attraversamento dei Balcani, ma è evidente che i più vulnerabili sono coloro che si assumono i rischi maggiori», si legge ancora nel rapporto. Come nel caso di due afghani di 12 e 15 anni, morti nei pressi del confine serbo-croato mentre cercavano di scendere da un tir in corsa. È difficile avere un dato preciso sul numero di migranti e richiedenti asilo bloccati lungo la rotta balcanica. Secondo le stime dell’organizzazione, sarebbero tra gli 8 e i 10 mila le persone che hanno vissuto in accampamenti informali lungo i Balcani (Grecia esclusa). In Serbia più della metà delle 2.500 persone registrate nei campi ufficiali sono minori. E di questi, circa 700 sono minori non accompagnati o che hanno perso i contatti con i familiari lungo il viaggio.

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Un minore non accompagnato posa per una fotografia con le spalle rivolte alla camera, in un fattoria decrepita e abbandonata utilizzata come accampamento illegale per migranti. Fonte – rapporto MSF

 

Il caso bulgaro – Da gennaio a giugno 2017 il 48% delle lesioni inflitte agli adolescenti e ai bambini che si sono presentati presso la clinica di salute mentale di MSF è stato attribuito alle autorità bulgare. Quelli che passavano dalla Bulgaria alla Serbia non solo hanno segnalato gli abusi avvenuti alle aree di confine, ma hanno anche menzionato il maltrattamento nei campi informali, nelle stazioni e nei centri di detenzione. Un esempio simile si è verificato presso il campo Harmanli, nella Bulgaria orientale, nel novembre 2016. Le autorità decisero di imporre la quarantena e negare libertà di movimento ai migranti presenti nel campo per contrastare presunti ed elevati casi di scabbia; esplosa la protesta, è stato imposto lo schieramento della Polizia. Diverse persone sono state ferite gravemente, molti migranti sono stati arrestati e alcuni addirittura deportati con la forza. Un giovane ragazzo è stato ricoverato in ospedale con il cranio fratturato. Dopo un anno il campo porta ancora i segni di quei giorni, e l’angoscia è ancora presente sui volti dei pazienti MSF che si sono presentati a Belgrado mesi dopo.

Il caso ungherese – Dall’anno scorso MSF, UNHCR, Amnesty International, Human Rights Watch, il Comitato ungherese di Helsinki e altre organizzazioni hanno denunciato violenze e abusi alla frontiera ungherese. Dopo 44 indagini aperte sulla brutalità dalla Polizia ungherese alle frontiere, solo due poliziotti sono stati condannati per abusi. Da gennaio a giugno 2017, MSF ha registrato e documentato un totale di 62 casi di violenze sulle persone tornate dalla Serbia e passate per il confine ungherese. MSF sta seguendo questi casi dal 2016 e le violenze continuano a seguire gli stessi schemi ricorrenti: traumi causati principalmente da botte (95% – 59 casi), morsi di cani (24% – 15 casi) e l’uso di spray irritante (16%). Dopo aver costruito una seconda rete di confine, che comprende l’uso di cavi elettrici come ulteriore deterrenza, l’Ungheria ha anche legalizzato i danni fisici alle barriere delle frontiere dell’UE. Tali misure legittimano l’esistenza di gruppi civili di vigilanza, come i “Cacciatori di frontiera” che ora sono parte ufficiale del team di pattuglia di confine dell’Ungheria, impiegato dalla Stato e adibito a promuovere apertamente la xenofobia e le violenze nei confronti dei rifugiati, richiedenti asilo e altri migranti nel paese.

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Il caso croato – In tutta la Serbia da gennaio a giugno 2017, MSF ha trattato e documentato un totale di 24 casi di trauma intenzionale di cui 18 avvenuti tra la fine di maggio e giugno. Da allora, le squadre mediche di MSF hanno continuato a trattare la vittime della violenza in questa zona di frontiera. Le lesioni segnalate seguono modelli simili a quelli osservati nel dicembre dello scorso anno: percosse con bastoni, calci e ferite provocate da armi da taglio, rapine e distruzione di oggetti personali, in particolare telefoni cellulari.

Durante ogni tentativo di attraversamento delle frontiere dell’Unione Europea, per i richiedenti asilo e altri migranti il percorso diventa più pericoloso. I migranti sono costretti a percorrere percorsi più rischiosi. L’alternativa è cercare di attraversare i confini affrontando le pattuglie ai confini e stare alle regole del “Gioco”: essere seviziati con armi taglienti e cavi elettrici, oltre che rischiare di rimanere intrappolati nei campi illegali costruiti nelle zone di transito. Sono le aree degli invisibili, degli emarginati a causa di politiche e regolamenti che continuano a promuovere la discriminazione. Tra questi migranti, migliaia di bambini non accompagnati e giovani ragazzi vengono abbandonati dalle autorità e lasciati senza alcuna forma di protezione nelle mani dei violenti, intrappolati lungo quella che era una volta la “rotta balcanica” e che oggi, sempre più, rischia di diventare una “prigione balcanica”.


Profilo dell'autore

Luca La Gamma

Luca La Gamma
La sua formazione giornalistica inizia a 20 anni quando avvia una serie di collaborazioni con piccole testate romane occupandosi di sport e sociale. A 25 anni diviene giornalista pubblicista e a 26 decide di partire per la Spagna, tappa fondamentale per la sua crescita personale. Laurea in Lingue e letterature moderne alla Sapienza di Roma e in Editoria e giornalismo alla Lumsa di Roma. Attualmente consulente per la comunicazione in INPS. Viaggiatore, sognatore e amante della vita in tutte le sue sfumature, si identifica in Frontiere News perché è la voce fuori dal coro che racconta quelle storie che non vengono prese in considerazione dall’élite giornalistica.

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