Bambini soldato, così nuove tecnologie e capitalismo ci riportano alla preistoria

L’annichilimento della coscienza funziona così: al bambino o alla bambina viene praticato un taglio sulle tempie e qui vi viene appoggiato lo stupefacente, che viene poi avvolto da bende o tenuto fermo da cerotti. Lo fanno perché non sempre è facile prendere le vene di un bambino di 10 anni con un ago. Oppure semplicemente, perché così si fa prima.

La droga in questione varia a seconda dell’esercito che ha arruolato il piccolo soldato. In Liberia o in Sierra Leone va alla grande la Brown-Brown: eroina tagliata con  polvere da sparo per renderla più potente. In Africa orientale preferiscono l’erba khat che a quelle latitudine cresce un po’ dappertutto e non costa niente. In ogni caso, la droga aiuta il bambino a vincere la paura ed a ignorare gli stimoli della fame e della stanchezza. In breve tempo, sarà il bambino stesso ad assumere volontariamente lo stupefacente, che ha anche il pregio di allontanarlo dalla realtà e da non fargli provare nessun rimorso per i crimini che gli vengono ordinati di commettere.

Non c’è pericolo che disertino. Molti di loro sono stati venduti dalle loro stesse famiglie. Altri sono stati costretti ad assistere, e spesso anche partecipare attivamente, alle torture e al massacro dei loro genitori. La droga per loro è una liberazione. Altri ancora, soli e abbandonati in paesi in guerra, si sono arruolati volontariamente nell’illusione di avere in quell’esercito qualcosa che somigli ad una famiglia, o anche solo per mangiare e avere un riparo dalla notte e dal freddo.

Gli arruolatori hanno gioco facile a trasformare questi bambini in una macchina da guerra. Nell’Esercito di Resistenza del Signore, capeggiato dall’integralista cristiano Joseph Kony (o pensavate che gli integralisti fossero tutti musulmani?) dopo una iniziazione cruenta, caratterizzata dall’uccisione brutale di familiari, i bambini  vengono divisi in gruppi di dieci ed addestrati alle uccisioni e alle torture. Alla fine, uno di loro scelto dall’addestratore, viene cacciato dal campo ed accusato di essere un disertore. Ai suoi ex compagni ed amici viene ordinato di braccarlo e massacrarlo. Solo dopo questo rito saranno considerati “soldati di Cristo”. Tutto questo vale anche per le bambine. Ma per loro, in aggiunta, c’è sempre la pratica dello stupro.

Quanti sono i bambini e le bambine trasformati in soldati nel mondo? Difficile dare una risposta precisa. La guerra è un fenomeno in continua espansione ed una delle poche attività umane che non conosce crisi finanziaria. Anzi! Una stima di Save the Children, datata 2007, parla di oltre 250 mila i bambini arruolati negli eserciti di 35 Paesi. Il 40 per cento di loro sono bambine.

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L’Africa è il continente con più arruolamenti infantili con circa 100 combattenti minorenni. Arruolamenti che non sono imputabili solo a formazioni terroriste ma anche ad eserciti regolari. In Sudan, si stima vi siano 22 mila bambini-soldato distribuiti tra l’esercito governativo e i ribelli del Sudan People’s Liberation Army. In Uganda, circa 20 mila piccole reclute sono state assoldate dall’Esercito di Resistenza del Signore, di cui abbiamo già detto, e nella Repubblica Democratica del Congo i minori coinvolti nel conflitto nella regione di Ituri, sarebbero tra i 23 e i 30 mila. Molti di loro hanno appena sette anni. Il flagello investe anche il Sudamerica. Nella sola Colombia combattono nelle file dei narcos almeno 14 mila minori. Il primato dell’esercito di bambini soldato più numeroso del mondo invece spetta al Myanmar con circa 70 mila bambini e bambine al servizio delle truppe governative. Tutti “arruolamenti regolari”, sostengono le autorità.

Da Child Soldier: When boys and girls are used in war – illustrazioni di Claudia Davila

E non crediate che il fenomeno sia solo imputabile ai cosiddetti “Paesi poveri”! L’arruolamento di bambini soldato avviene anche nella nostra Europa e negli Usa.

Il fenomeno dei bambini soldato nei Paesi occidentali ha una diversa connotazione ma non per questo non preoccupante – spiega l’avvocata Maria Stefania Cataleta, una dei rari legali italiani abilitati al patrocinio innanzi alla Corte penale internazionale, ed attivista della Lidu, la lega italiana dei diritti dell’uomo -. Negli Stati Uniti la legge fissa a 17 anni l’età minima sia per l’arruolamento che per partecipare ad operazioni di guerra. Minori hanno partecipato alle campagne militari in Afghanistan, Iraq, Bosnia, Somalia e nella Guerra del Golfo. Inoltre, il Programma giovanile del corpo dei Marine, chiamato ‘Young Marines‘, recluta bambini dell’età di 8 anni! In Gran Bretagna vi è una situazione altrettanto allarmante, poiché il governo londinese è l’unico in Europa che manda regolarmente in combattimento ragazzi di 17 anni. Il reclutamento di questi giovani soldati avviene tramite le scuole militari quali le Cadet Forces, che arruolano ragazzi e ragazze tra i 12 e i 13 anni”.

Ma perché i bambini soldato sono un fenomeno così moderno ed in continua espansione? Ce lo spiega Cristina Gervasoni, una ricercatrice che ha focalizzato il suo lavoro su questa tema collegandolo al mutamento delle pratiche e del concetto stesso di guerra. “Il perfezionamento tecnologico consente oggi anche ai bambini di partecipare attivamente alle guerre. Nello specifico, grazie alle migliorie intervenute nella fabbricazione, come ad esempio l’utilizzo di parti in plastica, le armi sono diventate talmente ‘leggere’, maneggevoli ed a buon mercato da poter essere facilmente utilizzate anche da un bambino di 10 anni“.

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Ne è un esempio il Kalashnikov AK-47, di fabbricazione russa, prodotto in 70 milioni di esemplari, è costituito da nove parti mobili; si tratta di una arma robusta che pesa però poco più di tre chili e necessita per di più di una bassa manutenzione. Un bambino impiega circa mezz’ora per imparare ad usarlo.

“Dalla fine del ventesimo secolo inoltre – continua la Gervasoni – le guerre sono alimentate in misura sempre maggiore dalla logica del profitto e quindi non si caratterizzano più come scontri tra Stati, ma vedono contrapporsi, oltre ad eserciti regolari, numerose forze di opposizione, fazioni, gruppi paramilitari, bande di ribelli che si battono per la conquista e il controllo del territorio al fine di sfruttarne le risorse in modo intensivo, coinvolgendo drammaticamente anche la popolazione civile”.

Per dirla con l’attivista anglo indiana Ainger, oggi le guerre non sono più guerre di conquista o guerre civili, ma solo guerre per le risorse: “Per un Paese povero, con una fragile infrastruttura e poche possibilità di affermazione economica, in possesso di risorse saccheggiabili, le possibilità di essere coinvolto in una guerra sono quattro volte più alte di quelle che ha un Paese che ne sia sprovvisto. In un circolo vizioso, lo sfruttamento delle risorse alimenta la guerra e la guerra consente di continuare lo sfruttamento delle risorse. I gruppi che conducono le guerre hanno un chiaro interesse a farle continuare. Sono conflitti in cui non conta la vittoria, quanto piuttosto della possibilità di intraprendere crimini redditizi”.

In questa epoca da fine impero di un sistema capitalistico predatorio che sta sbranando la terra per raschiare le ultime fonti di energia fossile, le guerra sono solo un fine, e non più un mezzo, per ottenere ricchezza e potere. Ed i bambini soldato, vittime e carnefici allo stesso tempo, sono solo merci da far fruttare.


Foto copertina: “Child Soldier” di Bansky – Westwood, Los Angeles


Profilo dell'autore

Riccardo Bottazzo
Giornalista professionista e veneziano doc. Quando non sono in giro per il mondo, mi trovate nella mia laguna a denunciare le sconsiderate politiche di “sviluppo” che la stanno trasformando in un braccio di mare aperto. Mi occupo soprattutto di battaglie per l’ambiente inteso come bene comune e di movimenti dal basso (che poi sono la stessa cosa). Ho lavorato nei Quotidiani dell’Espresso (Nuova Venezia e, in particolare, il Mattino di Padova). Ho fatto parte della redazione della rivista Carta e sono stato responsabile del supplemento Veneto del quotidiano Terra. Ho all’attivo alcuni libri come “Liberalaparola”, “Buongiorno Bosnia”, “Il porto dei destini sospesi”, “Caccia sporca”, “Il parco che verrà”. Ho anche curato e pubblicato alcuni ebook con reportage dal Brasile pre mondiale, dall’Iraq, dall’Algeria e dalla Tunisia dopo le rivoluzioni di Primavera, e dal Chiapas zapatista, dove ho accompagnato le brigate mediche e un bel po’ di carovane di Ya Basta. Ho anche pubblicato racconti e reportage in vari libri curati da altri come, ricordo solo, gli annuari della Fondazione Pace di Venezia, il Mio Mare e Ripartire di FrontiereNews.
Sono direttore di EcoMagazine, sito che si occupa di conflitti ambientali, e collaboro con Melting Pot, FrontiereNews, Global Project, Today, Desinformemonos, Young, Q Code Mag, il Manifesto e lo Straniero. Non riesco a stare fermo e ho sempre in progetto lunghi viaggi. Ho partecipato al Silk Road Race da Milano a Dushanbe, scrivendo reportage lungo la Via della seta e raccogliendo racconti e fotografia in un volume.
Non ho dimenticato la formazione scientifica che ho alle spalle e, quando ho tempo, vado a caccia di supposti fantasmi, case infestate o altri "mysteri" assieme agli amici del Cicap, con il quale collaboro per siti e riviste.

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