Stava per morire di fame, ora è un guru della sharing economy latinoamericana

“La solidarietà è l’unico investimento che non fallisce mai”, scriveva Henry David Thoreau. Probabilmente quando è entrato nel programma di sostegno a distanza di Compassion International, Miguel Angel Figueroa Casilina non aveva letto niente dello scrittore trascendente statunitense della Resistenza civile e della Vita tra i boschi.

Eppure la storia del boliviano Miguel, che dalla malnutrizione estrema (secondo un report della Fao del 2014, il 19,8% della popolazione boliviana soffre la fame) è diventato punta di diamante dell’innovazione tecnologica sudamericana, fa pensare che si sia davvero ispirato alla massima di Thoreau. 

Oggi potete trovate Miguel Angel Figueroa nei TED talks, nelle università di mezzo mondo dove insegna “Imprenditoria e giustizia sociale” o “Sharing economy nei paesi emegenti”. È autore di tre libri, direttore alla Novus Foundation e, soprattutto, cura la prima agenzia di incubazione e accelerazione di startup della Bolivia (e da poco anche Nicaragua).

Miguel Angel Figueroa a sarà a Roma il 1° dicembre per la quinta edizione della Maker Faire, il più grande appuntamento tecnologico d’Europa, dove sarà uno degli speaker d’apertura.

Eppure, quando Miguel Angel Figueroa aveva dodici anni, viveva nei pressi di La Paz in una baracca di lamiera di 12 mq e come giaciglio aveva dei mattoni accatastati. Per accedere all’acqua potabile doveva percorrere tre chilometri a piedi e riportare indietro i pesanti secchi.

È il periodo della prima presidenza di Gonzalo Sánchez de Lozada, della sua “ristrutturazione” neoliberista e delle grandi privatizzazioni. Miguel e i suoi fratelli erano malnutriti e vivevano con l’ansia continua di cercare del cibo. Il papà, alcolizzato e disoccupato, e la madre, bracciante occasionale, non erano in grado di badare ai cinque figli, costretti a vivere per strada senza alcuna prospettiva per il futuro. L’unico appiglio, il calcio, per strada, con gli altri bambini del quartiere.

Il cambiamento, totale, è avvenuto con l’accesso al programma di sostegno a distanza attraverso un locale centro Compassion. Nel paese andino, Compassion sostiene 66.500 bambini e adolescenti in più di 200 centri di sviluppo. Nei centri i bambini ricevono supporto scolastico, cibo equilibrato, training tecnici e psicologici e la possibilità di vivere in un contesto di rispetto e fiducia.

Miguel ha lasciato Compassion alla fine degli studi universitari, perché grazie al “Programma istruzione”, un sostenitore ha deciso di investire sui suoi studi anche dopo la sua maggiore età. Dopo la laurea in economia, ha capito che quello che aveva ricevuto lui con il sostegno a distanza doveva essere distribuito agli altri attraverso un cambio di rotta, che inevitabilmente doveva partire dal basso.

A 25 anni Miguel va negli Stati Uniti, visita la struttura di Compassion International e comincia a lavorare per diverse ONG boliviane e internazionali. Vuole essere parte di un cambiamento radicale e capillare.

“Solo crescendo nella povertà, si può lavorare con i poveri e per i poveri. Ho realizzato così che la forza più potente per sfidare la povertà è l’innovazione”. E in effetti il Miguel di oggi, 35enne sposato, papà di due figli e incubatore di startup del suo paese, vive di innovazione, in un contesto di piccoli imprenditori, geeks e informatici che, seppur con affanno, stanno cambiando il continente. “I makers latinoamericani”, spiega Miguel, “usano le tecnologie open source per risolvere problemi fondamentali che attanagliano le nostre econome emergenti”.

“Dalle protesi mediche stampate low cost in 3D a complessi studi molecolari, da software di intelligenza artificiale open source che possono prevenire gli incendi nelle nostre foreste a quelli che che possono implementare la produzione agricola attraverso l’automazione e i droni. Questi piccoli ricercatori e imprenditori stanno riscrivendo il futuro del Continente con piccole azioni, in maniera frugale, senza grandi investimenti”.

Le oltre duecentomila persone (in quaranta paesi) che hanno frequentato gli incontri con Miguel sono costretti a rispondere a queste domande: quanto vogliamo rischiare nell’esplorare lo sconosciuto? quanto coraggio abbiamo nell’affrontare gli scenari avversi che si presentano nelle nostre vite (di sudamericani), quando vogliamo avviare una nostra iniziativa? quello che facciamo, ci dà un’opportunità di crescita personale?

Contemporaneamente, Miguel è molto critico con la Bolivia di oggi e con le sue strategie per i giovani. “Le organizzazioni nazionali che lavorano a sostegno di progetti non articolano il loro lavoro tra loro e si limitano alla formazione, rinunciando alla gestione dei finanziamenti”. 

Una colpa che va divisa con gli imprenditori. “Non sono abituati a cercare aiuto e né le istituzioni né gli imprenditori hanno l’umiltà di lavorare in gruppo, che è fondamentale”.

Lotta nella sua Bolivia, contro la corruzione e a fianco di piccoli innovatori che silenziosamente provano a fare rete. Nel frattempo, grazie a quel piccolo seme del sostegno a distanza, tutta i suoi fratelli hanno potuto studiare all’università. “La cosa principale che ho imparato nel periodo del sostegno di Compassion è il saper essere un leader che sa servire. Ho imparato che le azioni possono cambiare le nazioni, e che l’imprenditoria non può anteporre il profitto ai principi etici”.

 


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