Questo fine settimana Yarmouk, un campo di rifugiati palestinesi nella periferia di Damasco (il più grande della Siria, dove palestinesi e siriani delle alture occupate del Golan hanno vissuto per decenni), è stato oggetto di pesanti bombardamenti da parte dell’aviazione di Bashar al-Assad. Almeno 25 i morti, tanti i feriti; l’ospedale Bassel, anch’esso colpito dalle bombe, fronteggia come può l’emergenza umanitaria. Mentre piovevano bombe la maggior parte delle persone uccise si trovava in una moschea.
“Inutile cercare sui siti italiani ‘pro Palestina‘ qualche notizia sul bombardamento effettuato dall’aviazione siriana sul campo profughi di Yarmouk”, scrive Germano Monti di Vicino Oriente, ricordando che “i palestinesi morti in Siria dall’inizio della crisi, che sono ormai saliti a più di 700, sono 4 o 5 volte più di quelli assassinati dagli Israeliani nello stesso lasso di tempo”.
Un silenzio che si nasconde nella pretesa di difendere un “bastione dell’antimperialismo” quale sarebbe, secondo un’opinione diffusa, la Siria di Assad (clicca qui per leggere cosa ne pensa un membro dell’opposizione, da noi intervistato, circa la questione del presunto antimperialismo di Assad). Un silenzio che permane, nonostante la stessa leadership dell’Autorità Nazionale Palestinese abbia riconosciuto le truppe di Assad come responsabili del massacro.
“Riteniamo Assad e il suo regime responsabili per questo crimine nel campo di Yarmouk”, ha dichiarato alla Reuters Yasser Abed Rabbo, membro del comitato esecutivo dell’Olp. “Questo regime non conosce limiti nel suo approccio agli omicidi criminali e alla distruzione. Sia per quanto riguarda il massacro nel campo rifugiati a Yarmouk”, ha continuato Rabbo, “che in ogni altro posto in Siria, la comunità internazionale deve mettere una fine al sistema di omicidio e terrorismo prima che questo possa bruciare l’intera regione”.
Il presidente Abu Mazen ha dichiarato all’agenzia ufficiale Wafa di essere “molto preoccupato” per la condizione dei palestinesi in Siria e per il loro coinvolgimento nel conflitto interno, invocando una fine di tutte le violenze nei campi rifugiati e chiedendo alla comunità internazionale di intervenire per proteggere i palestinesi in Siria (che sono oltre 500mila, molti dei quali vivono proprio a Yarmouk).
Gli stessi palestinesi siriani sono divisi; frequenti sono infatti gli scontri tra i gruppi armati fedeli ad Assad (tra cui il Fronte per la liberazione della Palestina – Comando Generale) e quelli che si sono invece uniti ai ribelli (tra cui la brigata Liwaa al-Asifah). La battaglia si è intensificata quando sono aumentate le conquiste dei ribelli in avanzata verso Damasco, spingendo Ahmed Jibril, leader dei palestinesi pro-regime, a lasciare la Capitale insieme a suo figlio.
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