“No Maroni Day” contro la censura della “Guantanamo italiana”

di Francesco Caselli

“In considerazione del massiccio afflusso di immigrati provenienti dal Nord Africa e al fine di non intralciare le attività loro rivolte, l’accesso alle strutture presenti su tutto il territorio nazionale, di cui alla circolare n.1305 del 24 aprile 2007, è consentito, fino a nuova disposizione, esclusivamente alle seguenti organizzazioni: Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (Oim), Croce Rossa Italiana (Cri), Amnesty International, Medici Senza Frontiere, Save The Children, Caritas, nonché a tutte le Associazioni che hanno in corso con il Ministero dell’Interno progetti in fase di realizzazione nelle strutture di accoglienza, finanziati con fondi nazionali ed europei”.

Una buona iniziativa ma solo all’apparenza. Se leggiamo attentamente l’elenco delle organizzazioni vediamo che all’appello manca una componente fondamentale: la stampa. L’art. 21 della Costituzione sancisce il diritto dei cittadini ad essere informati. Per questo il 25 luglio giornalisti parlamentari e esponenti della società civile si daranno appuntamento davanti ai Cie di tutt’Italia per protestare contro questa circolare incostituzionale. Una situazione che si lega alla condizione nella quale versano i centri di “detenzione”. I centri sono stati istituiti in Italia dal governo Prodi in ottemperanza a quanto disposto all’articolo 12 della legge Turco-Napolitano del 1998 con il nome di Cpt (Centri di permanenza temporanea) con lo scopo di ospitare gli stranieri “sottoposti a provvedimenti di espulsione e o di respingimento con accompagnamento coattivo alla frontiera”, nella legge è specificato che:

“Quando non è possibile eseguire con immediatezza l’espulsione mediante accompagnamento alla frontiera, ovvero il respingimento, perché occorre procedere al soccorso dello straniero, ad accertamenti supplementari in ordine della sua identità o nazionalità, ovvero all’acquisizione di documenti per il viaggio, ovvero per l’indisponibilità di vettore o altro mezzo di trasporto idoneo, il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di permanenza temporanea e assistenza più vicino, tra quelli individuati o costituiti con decreto del ministro dell’interno, di concerto con i ministri per la Solidarietà sociale e del Tesoro.”

Nel 2008, dieci anni dopo, il governo Berlusconi con il decreto legge 92 del 23 maggio “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica” poi convertito in legge, modifica i Cpt che vengono rinominati Cie, “Centri di identificazione ed espulsione”.

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Nell’ordinamento italiano non era mai stata prevista la detenzione di persone che non avessero conseguito violazione di norme penali. Ci si potrebbe arrampicare al famigerato reato di clandestinità se non fosse che nelle strutture sono detenuti, anche se bisogna chiamarli necessariamente “ospiti”, cittadini tunisini regolarmente coniugati con cittadine europee, e in quindi in possesso di regolare visto Schengen. Gli ospiti di solito si accolgono con tutte le cure e la assistenze cercando di assicurare un alto profilo di civiltà e dignità alle persone. La situazione è ben diversa e il video girato da Repubblica.it “clandestinamente” fuori le porte del centro, dimostra una piccola fetta di realtà che andrebbe raccontata nei dettagli.

Fino adesso pochi sono riusciti ad aggirare il divieto d’ingresso. I parlamentari Jean Leonard Touadi (Pd) e Beppe Giulietti (gruppo misto) erano riusciti ad introdursi nel Cie di Palazzo San Gervaso (Pz) e la loro considerazione finale è stata: “Va chiuso”. Anche l’Ordine dei Giornalisti si è mobilitato ed Enzo Jacopino, presidente nazionale ha affermato: “Abbiamo le prove che nei centri non ci sono le condizioni di civiltà, è evidente che siamo scomodi se facciamo il nostro dovere, se la popolazione fosse adeguatamente informata non riuscirebbe a tollerare l’esistenza dei Cie”. Ecco allora perché il 25 luglio, l’informazione si mobiliterà per il rispetto dei detenuti e per la maggioranza degli italiani desiderosi di essere informati e di crearsi un opinione critica su fatti raccontati e non filtrati da circolari governative. Furio Colombo, presidente del Comitato per i Diritti Umani della Camera dei Deputati propone di intitolare la giornata del 25 luglio come il “No Maroni day” perché “c’è una violazione gravissima dei doveri istituzionali e della Costituzione da parte del ministro dell’Interno e non esiste percezione da parte del pubblico dei cittadini della costante violazione dei diritti umani, né del fatto che il Cie in sé è un campo di concentramento perché non ha né le garanzie, né le strutture del carcere.”

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Bisogna impedire che l’immagine dell’Italia diventi odiosa nel Mediterraneo e che il Paese diventi il fabbricante di nuove “Guantanamo” come già sono state definite alcune strutture.


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