Gheddafi, durante i decenni di dittatura, era sempre stato raffigurato solo in pitture regali o scolpito in statue e busti sparsi e osannati in tutto il Paese. Da febbraio scorso – cioè dall’inizio della rivoluzione libica – , in diverse cittadine in mano ai ribelli, alcuni rivoluzionari si sono armati di pennelli e acrilici. Sono convinti che, per combattere un tiranno, un pennello possa essere tanto potente quanto un kalashnikov.
“Ognuno sostiene la rivoluzione coi propri mezzi”, dice uno degli artisti, Mohammed Zamoul, un ex guidatore di bulldozer. “Alcune persone combattono, io uso il pennello”. L’enorme murale di Gheddafi che succhia le risorse di petrolio del suo Paese o il dittatore lanciato in orbita da un razzo, sono tutti affreschi dipinti sui muri attorno alla città natale di Mohammed, Rujban, situata sui monti occidentali. “I proprietari dei palazzi su cui dipingo, accolgono bene le caricature”, dice l’artista. “Nessuno mi ha mai vietato di disegnare. Ho diversi sostenitori nella mia città”. Ora Zamoul e il suo assistente Abdul Aziz, continuano a lavorare sotto la calura di agosto al loro ultimo murale, “La sposa del Mare”, la quale invita i ribelli ad unirsi a lei per marciare verso Tripoli.
A diverse miglia di distanza da Rujban, nella città di Zintan, occupata dai ribelli, Masoud Baji è un altro artista che usa la potenza delle immagini al posto di un kalashnikov. Masoud era un calligrafo prima che la rivoluzione di febbraio lo portasse a rappresentare le persecuzioni operate da Gheddafi contro il popolo libico. In un murale, mostra il dittatore libico nei panni di un vampiro: “Non ci ha lasciato niente, ha preferito succhiare il nostro benessere e la libera informazione, facendoci diventare ignoranti”, afferma con rabbia Masoud. “Si è tenuto tutto per sé”.
Alcune pitture sono umoristiche, altre più satiriche. Testimoniano, comunque, una novità assoluta in un Paese dove, fino a pochi mesi fa, la libertà di espressione veniva duramente soppressa. “Ora, finalmente, siamo liberi di poterci esprimere”, gioisce Masoud. “Le catene sono state spezzate. Possiamo persino sbeffeggiare quel temuto tiranno con un semplice disegno. Prima della rivoluzione, tutto ciò sarebbe stato inconcepibile: la polizia ci avrebbe arrestati e, molto probabilmente, uccisi”.
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carissimo, prima di poter parlare ed esprimere un commento intelligibile, credo dovresti imparare a parlare, nonchè a scrivere, in un italiano corretto o quantomeno comprensibile.
Ritengo comunque che i lavori di questo pittore siano una delle più belle testimonianze del fallimento dei tiranni che cercano di piegare le menti ed ottenebrarle,impedendo la libera espressione.E, per rispondere a floriano, ritengo che laddove il corpo non può sopravvivere ai colpi di un mitra o qualsivoglia arma,il pensiero invece può , ed ha vita più lunga dell’uomo che lo genera, e pertanto più peso sui posteri
VORREI VEDERE QUESTI ARTISTI DIFENDERSI CON UN PENNELLO E UN BARATTOLO DI VERNICE DAVANTI A UN MITRA O SCUSATE LA VERNICE E’ ACRILICA ALCUNE PERSONE COMBATTONO COME DICE IL NOSTRO GUIDATORE DI BULLDOZER LUI USA IL PENNELLO SPERANDO DI CAVARSELA E’ UN GIORNO POTER DIRE LA SUA NELLA POLITICA LIBICA COSA CHE NON POTRANNO FARE QUELLI CHE SONO MORTI MA LUI LI RICORDERA’ TRAMITE IL SUO PENNELLO E SAI DOVE SE LO DEVE METTERE IL SUO PENNELLO
Non riesco a capire il motivo di questo commento così superficiale e stupido. L’arte è espressione dell’interiorità dell’essere umano ed è solo da apprezzare il fatto che permetta a questi uomini di sentirsi ancora tali nonostante gli orrori di una guerra.