Chavez, Ahmadinejad e la paura del complotto contro gli Usa

di Valentina Severin

Tutti contro Washington: sembra questo il tormentone della Commissione Antiterrorismo statunitense. Ne è un esempio la sua seduta di luglio intitolata “Hezbollah in America Latina – Conseguenze per la sicurezza nazionale statunitense”, dalla quale è emerso che il Presidente venezuelano Chavez e il Presidente iraniano Ahmadinejad si sarebbero alleati e tramerebbero alle spalle degli Stati Uniti. Le prove prodotte a sostegno di questa tesi, però, non sono particolarmente consistenti, tanto che sembra trattarsi per lo più di giustificazioni costruite ad hoc per motivare la crescente militarizzazione degli U.S.A. in America Latina e le iniziative belliche in Medio Oriente.

UNA LINEA AEREA SOSPETTA. Tra gli esempi che dovrebbero supportare la tesi dell’alleanza iraniano-venezuelana spicca quello della fantomatica linea aerea Caracas-Teheran via Damasco, portata all’attenzione della Commissione antiterrorismo già nel 2009 dal Vice-Ministro degli Esteri israeliano Danny Ayalon. Se la linea esista effettivamente non è ancora stato appurato, ma i neo-conservatori non hanno dubbi su chi siano i suoi fruitori.

PROGRAMMI NUCLEARI E TRAFFICO DI DROGA. Vero e proprio fan della tesi del complotto latino-musulmano è Roger Noriega, relatore alla seduta della Commissione antiterrorismo di luglio, ricercatore al neo-conservatore American Enterprise Institute, già ambasciatore U.S.A. all’Organisation for American States (OAS) durante il Governo di George Bush jr. e Vice-Segretario di Stato per gli Affari dell’Emisfero Occidentale. In più occasioni Noriega ha manifestato la propria preoccupazione per l’esistenza di un asse “caudillo-mullah” basato sul traffico di armi e droga. Secondo Noriega, il Venezuela avrebbe avviato un programma per la produzione illegale di armi nucleari e sosterrebbe l’Iran nello sviluppo dell’analogo progetto. La prospettiva di Noriega si colora di altri particolari: poiché Chavez sarebbe uno dei più grandi narco-trafficanti dell’America Latina, il legame tra Caracas e Teheran consisterebbe anche in un articolato traffico di stupefacenti.

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Della stessa opinione è il deputato statunitense Sue Myrick, che in una lettera del 2010 indirizzata a Janet Napolitano, Segretario per la Sicurezza Nazionale, fomenta l’idea che la Hezbollah cooperi con i cartelli della droga al confine meridionale degli Stati Uniti. I timori di Myrick troverebbero fondamento nel fatto che nei Paesi del sud-est americano i membri delle gang dei cartelli della droga avrebbero l’abitudine di tatuarsi frasi in lingua farsi. Ciò sarebbe indizio, secondo Myrick, di una influenza persiana in Sud America e, più precisamente,un’influenza riconducibile all’Iran e alla Hezbollah.

GLI ATTENTATI A BUENOS AIRES. Vai inoltre ricordato un altro fatto incessantemente citato a testimonianza delle mire iraniane in Sud America: gli attacchi terroristici che nel 1992 e nel 1994 colpirono, rispettivamente, l’ambasciata israeliana e il centro culturale ebraico (AMIA) di Buenos Aires, uccidendo 85 persone. La spiegazione data agli attentati è quella della ripicca da parte dell’Iran per la cancellazione dei contratti nucleari avviati tra i due Paesi. Tuttavia Gareth Porter, giornalista storico e investigativo, in un’indagine condotta per The Nation ha riportato la testimonianza di un ufficiale nucleare argentino, il quale ha confermato che i negoziati per la collaborazione tra Iran e Argentina proseguirono sia durante che dopo gli attentati, tra l’altro in modo favorevole alla Repubblica Islamica. Perciò è molto più probabile che la vendetta sia venuta da parte dello schieramento anti-iraniano. Eppure fino a qualche tempo fa, passeggiando per la capitale argentina, in occasione dell’anniversario dell’attacco allo AMIA ci si imbatteva in volantini e manifesti che ritraevano Chavez e Ahmadinejad nell’atto di stringersi la mano, immagine accompagnata dalla didascalia: “Penetrazione iraniana in America Latina”.

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L’AMBASCIATA FANTASMA. Recentemente un altro motivo di preoccupazione riguardo alla potenziale espansione iraniana in Sud America è stata la richiesta, da parte dell’ambasciata iraniana in Bolivia, di avere un paio di dozzine di posti nella scuola internazionale per i figli dei nuovi diplomatici di Teheran arrivati nel Paese. Questa richiesta sospetta segue un altro episodio allarmante: la costruzione di un’ambasciata iraniana a Managua, capitale del Nicaragua, nel 2009. Secondo i neo-conservatori si trattava della dimostrazione lampante che la Repubblica Islamica stava allungando, lentamente e inesorabilmente, la sua mano sul Sud America ai danni degli Stati Uniti e dei loro alleati. In quella occasione anche il neo-eletto Segretario di Stato Hillary Clinton aveva espresso la propria preoccupazione: “Gli iraniani stanno costruendo un’enorme ambasciata a Managua. Potete immaginare a che scopo”. Tuttavia, nel luglio dello stesso anno, il Washington Post riferiva che “l’enorme ambasciata a Managua” non esisteva.

SCIISMO LATINO-AMERICANO. I neo-conservatori non tralasciano nemmeno l’ipotesi di una penetrazione dell’Iran in America Latina attraverso l’educazione allo sciismo delle fasce più povere della popolazione. Non si comprende, però, quali affinità possano esserci tra le due culture dal momento che Chavez non dà segni di rinunciare alla propria idea di Cristo come simbolo dell’anti-imperialismo e della sua morte come esempio di lotta di classe. Eppure Roger Noriega sostiene che una qualche convergenza ideologica sia possibile ed ha addirittura affermato che “gli estremisti islamici del Venezuela e della Colombia vengono riuniti in un centro culturale a Caracas scelto dall’Ayatollah Khomeini e da Simon Bolivar per l’educazione spirituale”.


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