di Francesco Caselli
Fosse comuni, attivisti scomparsi, migliaia di sfollati costretti a rifugiarsi in chiese, ospedali o nei campi Onu. Questo è quanto sostiene un rapporto delle Nazioni Unite sul Sud Kordofan, in Sudan, secondo il quale emergerebbe una situazione molto simile alla tragedia della regione del Darfur.
Secondo il rapporto, il governo del Sudan sarebbe responsabile di gran parte delle atrocità, iniziate nel mese di giugno, nel confine tra il Sudan e il nuovo Stato del Sud Sudan inaugurato ufficialmente in pompa magna il 15 agosto. L’Alto Commissario Onu chiede che sia fatta un’indagine per verificare la possibilità che siano stati commessi crimini di guerra contro l’umanità. Il 5 giugno scorso l’esercito sudanese ha iniziato una serie di operazioni militari a Kadugli, la capitale del Kordofan meridionale. Dopo aver preso controllo dell’aeroporto, le forze armate hanno iniziato a cercare i Nuba, storici nemici del Nord, porta a porta. Dopo aver sottoposto i residenti a controlli d’identità, chi era di etnia Nuba è stato cacciato.
Si contano tra i 6 e i 7mila i profughi arrivati al campo delle Nazioni Unite. Altri si sono ammassati in chiese ed ospedali. La Mezzaluna Rossa, il corrispettivo della Croce Rossa nei Paesi musulmani, ha stimato che l’intervento delle forze di Khartoum ha provocato complessivamente l’esodo di 73 mila profughi. Secondo diverse testimonianze ci sarebbero delle fosse comuni non lontano dal mercato di Kadugli, un’altra al villaggio di Murta, un’altra ancora a Tillo dove, secondo il racconto di un testimone, un bullodozer sarebbe in azione per coprire di terra i cadaveri. Secondo quanto riporta il documento Onu, gli aerei sudanesi avrebbero fatto uso di armi chimiche e a testimoniarlo sono delle foto di cadaveri tagliati a metà, compresi quelli di donne e bambini.
Sta accadendo quanto previsto: l’esercito di Khartoum ha preso di mira gli esponenti del Movimento per la Liberazione del Sudan, che hanno lottato per l’indipendenza del Sud. Un uomo affiliato al movimento è stato ucciso in ospedale a Kadugli mentre cercava i suoi tre figli di cui non aveva più tracce; una giovane donna Nuba, accusata di aver complottato con i ribelli è stata colpita con pugni, bastoni, tubi di gomma e fili elettrici, mostrano poi le sue ferite sulla schiena e sul collo. Anche alcuni funzionari dell’Onu sono stati arrestati, umiliati e minacciati con un mitragliatore AK-47. La miccia alla fine è esplosa.
Al centro degli interessi i giacimenti di petrolio della regione, che fanno gola a Khartoum (sotto il controllo costante di Pechino) e Juba, di chiara influenza statunitenste. Ad accrescere la tensione c’è poi la questione dell’utilizzo delle acque del Nilo. Juba chiede che i trattati finora stipulati (che privilegiano Khartoum e l’Egitto) andrebbero rivisti.
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