di Joshua Evangelista
In kayak dalla Tunisia a Bruxelles per raccontare all’Europa intera che le misure prese dai paesi mediterranei per limitare le migrazioni sono inadeguate e disumane. Georges Alexandre, franco-canadese di 43 anni, partirà in settimana, salvo imprevisti, alla volta di Bruxelles con un kayak, fermandosi nelle città portuali per presentare ai funzionari eletti e alla popolazione locale una petizione già firmata da politici e associazioni dell’isola di Lampedusa (in italiano: www.firmiamo.it/ogida). L’impresa mi incuriosisce e decido di sentirlo. E’ tutt’altro che un astratto Don Chisciotte e non ha problemi a fare i nomi di chi è coinvolto in questi scempi disumani.
Una traversata inusuale…
Me ne rendo conto. È nato tutto a seguito delle mie vacanze in Italia, tra il 2006 e il 2009. Ogni volta vedevo persone arrivare dalla Tunisia e dalla Libia, specialmente dal porto di Zuarà. Vivevo tranquillamente in Canada, ma vedere questi arrivi disperati, i cadaveri, mi ha convinto a tornare in Europa. Così ho deciso di fare il giro di Lampedusa in kayak per denunciare i respingimenti illegali fatti dall’Italia verso i migranti provenienti dalla Libia. Ho vissuto 17 anni in Canada, conosco le loro politiche di respingimento e mi sono resoconto che in Europa stavamo facendo lo stesso. Ho capito che all’Europa del nord non frega nulla di quello che succede a Lampedusa, in Grecia, a Malta o in Spagna. Danno delle somme di denaro e pensano che questo sia sufficiente per stare a posto con la propria coscienza. L’Europa del nord ha una responsabilità altissima nei confronti di quanto succede a sud del continente.
E così hai deciso di darti da fare. Hai ottenuto riscontri?
Ho capito che dovevo fare qualcosa, anche se si fosse trattato di gridare nel deserto. Volevo dimostrare chele politiche europee sulla migrazione potevano essere migliorate. Così a gennaio ho scritto una petizione che ho fatto firmare ai membri dei partiti locali di Lampedusa, al sindaco e agli esponenti dell’opposizione. Ora la presenterò ai politici italiani, francesi ed europei che incontrerò nella traversata.
Cosa chiedi nella petizione?
Chiedo la costituzione di una agenzia europea che gestisca le domande di asilo, perché attualmente ci sono miliardi di euro che i paesi del nord, tramite l’Ue, danno ai paesi del sud affinché gestiscano l’immigrazione dall’Africa. Ma a Lampedusa mi sono reso conto che questi soldi vengono dati ad agenzie private, come ad esempio LampedusaAccoglienza che gestisce il centro di accoglienza dell’isola guadagnando 40 euro per persona al giorno. Considerando il fatto che sull’isola sono passati finora più di 50mila persone, alcune rimaste varie settimane, sono milioni guadagnati da questa impresa che fa parte di un azienda che si occupa di assistenza ad anziani.
Un vero e proprio business.
Tra dicembre e gennaio ho visitato il centro di accoglienza. Parlando con il coordinatore ho scoperto cose molto interessanti. Il centro d’accoglienza riceveva soldi per rimanere vuoto ma aperto (in attesa di arrivi). Arrivavano i tunisini, il centro d’accoglienza era chiuso e i migranti venivano distribuiti tra gli alberghi (chiusi) dei grandi proprietari di Lampedusa, stranamente tutti amici della senatrice Angela Maraventano.
Che senso ha tenere il Centro aperto se poi i migranti vengono distribuiti negli alberghi?
È quello che ho chiesto al coordinatore del centro. Ricevono molti soldi per tenere il centro aperto, pagano una dottoressa anche nei periodi di inattività. Ho parlato di questa cosa anche con il sindaco, che mi ha spiegato che in questo modo la Maraventano è contenta.
Contenta?
Sì, perché così si invierebbe un messaggio chiaro ai tunisini: se venite qui non avete un centro d’accoglienza ma solo stanze d’albergo.
Non mi sembra un grande spot di scoraggiamento.
Infatti. Ho incontrato i principali albergatori di Lampedusa per parlare della questione e tutti hanno negato questa situazione. Poi il ragazzo della reception di uno di questi grandi hotel mi ha confermato di aver ricevuto migranti, proprio l’esatto contrario di quanto mi aveva detto il proprietario dello stesso albergo.
Stai denunciando gravissime ambiguità nella gestione dei fondi europei. La soluzione è un’agenzia centrale?
Esattamente. L’Unione Europea non dovrebbe dare i soldi ad amministrazioni che non li gestiscono in maniera dignitosa. Dovrebbe creare un’organizzazione di gestione delle domande di asilo in modo tale da valutare, caso per caso, chi vogliamo far entrare e chi no. Questo è un discorso impopolare per la sinistra europea, ma mi sembra legittimo aspettarsi che le persone che vengano qui per delinquere vengano respinte e al contempo vengano accolte le altre. Non dobbiamo dimenticarci che secondo le stime del Consiglio d’Europa abbiamo bisogno di 25 milioni di migranti nei prossimi 15 anni altrimenti ci sarà un caos sociale inaudito: non siamo più in grado di pagare le pensioni, in questo continente di vecchi.
Nessuno interessato a denunciare queste irregolarità nella gestione locale?
Ho segnalato l’irregolarità a tutta la mia lista di giornalisti. Nessuno mi ha risposto. Del resto è successo nel bel mezzo della Primavera araba. Subito dopo la mia segnalazione è arrivata un’ondata di 204 tunisini, i carabinieri cercavano di recuperarli persino tra le rocce dell’isola, lontano dal porto. L’emergenza era più grande della mia denuncia, che quindi non ha avuto grande impatto.
Cosa cambia tra le politiche migratorie italiane e quelle delle altre nazioni dell’Europa meridionale?
Sono rimasto più di un mese in Spagna. Per certi punti di vista la situazione lì è migliore, ma hanno seri problemi con i migranti del Marocco, che vogliono oltrepassare le recinzioni spagnole in Nord Africa. Ma almeno le loro leggi sono migliori di quelle italiane e di quelle greche, uno schifo totale. Non sono stato a Malta, ma nei miei 8 mesi a Lampedusa ho sentito storie terribili. Mi dicono che lì tengono i migranti anche nelle prigioni, a volte per anni. Non aiutano i migranti, si limitano a segnalarli alla guardia costiera italiana, quando ormai è troppo tardi. Alcuni uomini della Digos (che ormai mi conosce bene, mi ha fatto la radioscopia) mi hanno raccontato di poliziotti maltesi camuffati da membri di un peschereccio che davano indicazioni ai migranti sulle rotte da percorre per andare in Italia. Non mi stupisco del fatto che le relazioni diplomatiche tra Italia e Malta non siano eccezionali.
Avrai tanto da raccontare ai curiosi che ti fermeranno nei porti di mezza Europa. Come ti stai preparando alla partenza?
Ero in procinto di partire a luglio, con un veliero francese. Per una strana coincidenza lo skipper e la cameraman che avrebbe dovuto filmare la traversata hanno avuto problemi, quindi ho dovuto rivedere il progetto. Qui in Tunisia l’argomento non desta particolare interesse, sono tutti presi dalle prossimi elezioni. Ad ogni modo verrò supportato da un’agenzia di stampa francese, Oceano 71, che mi aiuterà materialmente e racconterà il mio percorso tramite i video montati che manderò ogni settimana. Conto di partire in settimana ma, d’accordo con gli sponsor, se non dovessi farcela rimanderemo tutto a maggio.
Chi era Alex prima di diventare un “attivista sul kayak”?
Ho lavorato 17 anni in Canada, dove ho ancora la residenza. Guadagnavo piuttosto bene, lavoravo nelle poste. Ma ero stanco dei valori nordamericani incentrati quasi unicamente sui soldi. Come ho già detto l’idea è nata in vacanza. Ho visto che questo modello sbagliato sta intaccando anche l’Europa, anche se le radici giudaico cristiane ci insegnano l’approccio con il prossimo. Ho detto no, questo non l’accetto. Non ho la pretesa di cambiare l’Europa, voglio semplicemente far capire che l’immigrazione è un problema gonfiato, che può essere anche ricchezza. Nonostante Berlusconi e Sarkozy, che usano costantemente l’argomento migrazione per motivi elettorali, giocando sulle paure delle persone.
Approcci simili a quelli statunitensi?
Si deve cercare un equilibrio: è normale e legittimo avere paura, non è normale accettare i comportamenti di partiti come la Lega Nord, che insulta pubblicamente i migranti, come ho visto nelle riunioni di Pontida. Questi comportamenti quasi neonazisti sono molto comuni tra i nordamericani, sempre più estremisti dopo l’Undici settembre. Alla frontiera trattano i canadesi come pezzi di merda, li insultano, in alcuni casi li hanno anche picchiati. Il capo della frontiera canadese, un mio amico, mi ha raccontato che a volte i migranti vengono trattati come bestie solo perché c’è voglia di farlo, senza alcun motivo effettivo. E se ti ribelli le manette sono automatiche. Ecco perché mi spaventa quello che sta succedendo ora in Italia.
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pazzo ma lo ammiro!