Europa e debito pubblico, miopismo tedesco?

di Giancarlo Pini

Sbaglia, peccando di miopismo, egoismo e scarsa lungimiranza o sta agendo nel giusto, logicamente sensibile agli umori del proprio popolo?

È questa la domanda che tutta l’Europa, almeno ai più alti livelli, si sta ponendo nei confronti dell’atteggiamento ormai apertamente anti-europeista della Germania. Sbagliata o giusta che sia, l’Europa non può essere messa sotto scacco dalle beghe elettorali della Merkel o del Sarkozy di turno. Questa situazione ha indebolito il peso politico internazionale dell’ “Europa unita” e ha ben evidenziato la scarsa potenzialità d’intervento sia politico ma sopratutto economico del Parlamento europeo e dei suoi organi più rappresentativi.

È proprio da questo deficit di potere che l’Europa tutta insieme deve ripartire per sospingere una sterzata federalista, mai tanto necessaria quanto ora, in rapporto ad un mondo che pone sul piatto della bilancia realtà nazionali, come la Cina, il Brasile o l’India, che ormai sono troppo più forti  e con una maggiore velocità d’intervento.

Un attento osservatore comunque non può stupirsi davanti questo atteggiamento ostruzionista tedesco. Le decisioni che sta assumendo ora, infatti, sono ben radicate nel “modello d’Europa” che la Germania ha da sempre portato avanti, sin dopo la II Guerra mondiale, ma sopratutto dopo la conquista dell’unificazione piena nel 1989 con la caduta del muro di Berlino, che riunificò le due Germanie tanto divise fino ad allora.

Portatori di una filosofia economica incentrata, in maniera quasi maniacale, sul rigore di bilancio e sulla lotta all’inflazione, possiamo ben comprendere il perchè la ricca Germania “locomotiva” dell’Europa, sia fortemente contraria alle politiche inflazionistiche dei suoi “fratelli” minori, più poveri e sicuramente meno attenti ai saldi, come per esempio l’Italia e la Spagna.

Si può così spiegare il motivo per cui Jurgen Stark, sessantatreenne membro tedesco del board della BCE, abbia dato così velocemente le dimissioni. Consigliere di peso della recente storia tedesca, alto funzionario economico del governo Kolh, e infine vicepresidente della Bundesbank, Stark è stato da sempre strenuo difensore della dottrina rigorista tedesca.

Sono passati anni ormai quando fu lo stesso consigliere a imporre il cosiddetto “Patto di stabilità” all’Italia e ai paesi indisciplinati. Fu precisamente nel passaggio alla moneta unica che la Bundesbank, molto influente all’interno della BCE, per paura della massa di debito pubblico italiano, impose tale patto come prerogativa per l’entrata dell’Italia stessa nella moneta unica.

I luoghi comuni comunque non sono indice infallibile di verità, così come non tutti gli italiani sono mafiosi, così non tutti i tedeschi sono inflessibili e maniaci dei conti pubblici. Almeno ciò ha dimostrato la Corte costituzionale di Berlino, che seppur rimane un organo nazionale tedesco, ha avuto in mano per giorni le sorti di tutta l’Europa; un suo parere negativo infatti avrebbe bloccato tutto il sistema di aiuti per il salvataggio delle economie in difficoltà.

La Corte ha infatti sentenziato favorevolmente l’emissione di aiuti tedeschi per la Grecia, l’Irlanda e il Portogallo e in futuro chissà per la Spagna o anche per l’Italia ( la Corte ha comunque ben specificato che ogni qual volta si decida per un intervento di salvataggio, questo deve essere assolutamente subordinato all’unanimità di tutto il Bundestag ) . Gli alti giudici con la loro sentenza hanno segnato una rottura con la linea politica intrapresa da Stark e il governo tedesco stesso, il quale nonostante si professi europeista convinto per voce della Merkel e del suo ministro delle finanze Schaeuble, non ha avuto il coraggio, per meri interessi elettorali, di mostrarsi di fronte all’opinione pubblica, come i principali finanziatori del salvataggio dell’Europa intera.

È questo il momento di agire, di cambiare le regole, di unirsi nel nome di quel sentimento europeo nato decine e decine di anni fa. Solo uniti infatti l’Europa potrà riconquistare quel peso economico che ormai ha perduto, perchè è fallito quel progetto d’Europa a trazione franco-tedesca, che si è sviluppato fin dagli anni sessanta con De Gaulle, ma che si è ben strutturata dalla formazione della moneta unica in poi.

Si è sperato cioè, in maniera forse poco lungimirante, che la potenza economica-industriale della Francia e della Germania unita al peso dell’ Euro, avrebbe potuto trainare l’Europa. C’è bisogno invece di un coordinamento politico ed economico sovrannazionale , che parli con una voce sola, di organi che abbiano competenze certe e che non siano manovrati dai paesi membri, ma che agiscano per il bene superiore europeo.

E’ in un momento di tale congiuntura economica che tutti e 27 i paesi dell’unione, ma soprattutto i 5 paesi fondatori, mettino da parte i tradizionali steccati nazionalistici, nel nome del bene comune europeo.


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