A breve il social network più famoso e grande del mondo, oltre 800 milioni di iscritti, solo negli Stati Uniti sono 150 milioni diverrà un forum politico. La decisione di aprire un Pac (Political action commitee), secondo il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg, è una conseguenza di esigenze di impresa. Il portavoce della compagnia Andrew Noyes ha così detto: «Il Pac darà ai nostri impiegati un mezzo per farsi sentire nel processo politico: sostenendo candidati che dividono i nostri stessi obiettivi». Questi fini erano già oggetto di realizzazione da parte dell’ufficio a cui la compagnia ha dato vita cinque anni fa con una sola persona. Attualmente a Washingtion troviamo circa una dozzina di specialisti, tra i quali quattro lobbisti ufficiali. I risvolti generati dall’attività di lobby sono estremamente vari ed ampi, uno tra tutti: quello di incidere sulle leggi del Congresso. Così, con il Pac sarà la struttura che renderà possibile alla compagnia di selezionare i politici più «comodi».
Questo destino era toccato prima a Google, che aveva dato vista al suo Pac nel 2006. Ora Google è quasi raddoppiato: da 1,48 milioni a 2,06 milioni di dollari. Le spese che ha affrontato la compagnia di Zuckerberg sono state ingenti quest’anno: è stato speso oltre mezzo milione di dollari. Ciò che preoccupa è che Facebook rappresenta, oltre che una compagnia, anche una comunità. Siamo noi che formiamo Facebook. Sulla vicenda è intervenuto il padre della rete Vint Cerf, che ha riferito alla rivista Atlantic, che la formazione di Pac rappresenta «una reazione naturale ai politici che non sanno di che cosa legiferano: così attraverso i Pac le compagnie possono sostenere i candidati meglio informati».
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