Nel sud degli Stati Uniti riemerge la discriminazione razziale. Un uomo di 46 anni, James Craig Anderson, è stato picchiato a sangue e successivamente investito da una gruppo di ragazzi bianchi. Il fatto risale al 26 giugno scorso e ha avuto come teatro la città di Jackson, in Mississippi. I media hanno ricominciato a parlare di questo episodio perchè la famiglia dell’uomo ha deciso di iniziare una causa civile per danni contro i giovani bianchi, che risultano imputati per l’omicidio di Anderson, parallelamente al processo penale in corso.
I responsabili sono sette ragazzi bianchi i quali, dopo aver mandato giù qualche bicchierino di troppo, hanno iniziato una vera e propria “caccia al nero”. Così i giovani si sono messi alla guida di due auto e dopo aver localizzato la loro vittima all’interno di un parcheggio di un hotel hanno iniziato a pestarlo, gridando frasi razziste contro l’uomo. Come se non avessero già raggiunto livelli di violenza inaudita, hanno pensare di investire l’uomo.
Secondo gli investigatori del caso, il vero responsabile sarebbe il 19enne Deryl Dedmon, che ora rischia la pena di morte, avrebbe detto dopo l’omicidio: “Ho fatto fuori quel negro”. Accuse di aggressione pendono poi in capo al 18enne John Aaron Rice. Gli altri cinque sono ancora in attesa di sapere se sono responsabili o meno, visto che bisogna far luce sul loro ruolo durante l’omicidio.
Spetterà agli investigatori del dipartimento della Giustizia decidere se il delitto possa essere considerato come crimine aggravato dall’odio razziale e perseguibile in aggiunta da parte delle autorità federali. Secondo il procuratore distrettuale, Rober Shuler Smith, l’unico motivo per il quale l’uomo è stato ucciso risiede nel colore della sua pelle. Di certo, questo non è stato l’unico episodio di delitto a sfondo razziale. Infatti, nel 1963, in circostanze analoghe a quelle di Anderson, venne tolta la vita a Medgar Evers, leader nero del movimento per i diritti civili.
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