Fuori concorso alla mostra di Venezia 2011 con “Il villaggio di cartone”, l’ottantenne Ermanno Olmi è tornato alla carica con le polemiche in merito all’immigrazione attaccando la Chiesa e le relative istituzioni. “Invece che davanti al crocefisso, la gente dovrebbe inginocchiarsi davanti a chi soffre per davvero, di fronte ai ragazzi persi nel dramma della droga o dell’immigrazione. Anche Cristo ha sofferto per noi, certo. Ma succedeva secoli fa”.
Il tema sull’immigrazione è risultato essere al centro della Mostra, infatti ci sono altre due opere che parlano di extracomunitari e sbarchi. Il film di Olmi racconta la storia di un parroco che decide di spalancare le porte di una chiesa a un gruppo di immigrati clandestini. Il Maestro ha proseguito dicendo: “La Chiesa dovrebbe essere come una casa, un posto che faccia entrare tutti senza fare domande – ha detto rispondendo a uno spettatore irritato – e finché non sarà così, non ci apriremo mai all’altro. Vorrei che i cattolici si ricordassero, ogni tanto, di essere anche cristiani“.
Olmi non ha mai negato la sua fede di stampo cattolico, tuttavia ritiene che Gesù sia “un simbolo di cartapesta lontano nel tempo. Il mio parroco nel film dubita della fede, non dell’umanità. Quando nei momenti di crisi chiama Dio, Dio non risponde mai. Sapete perché? Perché dobbiamo farlo noi. Troppo comodo invocare l’aiuto divino”.
Olmi inoltre non cade nel solito clichè del politically correct e conclude dicendo: “I clandestini del film non sono santi, tra loro c’è anche un kamikaze. Questo perché siamo tutti esseri umani, imperfetti e confusi: l’unica speranza che abbiamo per migliorarci è dialogare e incontrarci“.
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[…] tanto nel campo della fiction (con prodotti di altissimo tenore qualitativo e narrativo come “Il villaggio di cartone” di Olmi o “Terraferma” di Crialese) quanto in quello documentaristico, sebbene non sempre legati alla […]