Leggendo nei libri di storia non è raro trovare campagne politiche che hanno avuto come elemento centrale le spezie. La storia si trasforma in attualità, e ai giorni nostri una spezia, il curry, finisce per diventare il centro di una nuova grande campagna politica a Singapore, che ha come culmine il “week-end del curry”, una grande manifestazione dove almeno 60.000 famiglie hanno cucinato piatti a base della spezia.
Ogni “rivoluzione” ha un inizio, qualcosa che accende la miccia. Tutto è cominciato quando una famiglia di immigrati cinesi ha portato in tribunale una famiglia di immigrati indiani perché ogni giorno, questi, cucinavano cibi a base di curry, il cui odore risultava fastidioso alla famiglia cinese. Il giudice per mediare ha chiesto alla famiglia indiana di cucinare curry solo quando la famiglia cinese non è in casa. Le mediazione però ha scatenato diverse proteste, una sostenitrice della famiglia indiana ha detto: “Singapore è un posto talmente affollato che è indispensabile che i vicini di casa rispettino le reciproche culture”.
Altri invece parlano di tolleranza, cosi come molti non nascondano una certa intransigenza nei confronti dei nuovi immigrati cinesi. Ieri nel mondo ci si scontrava per un confine, un terreno o un faida famigliare, oggi invece si fa la guerra per un piatto di curry. Come dice il proverbio popolare : “Dei palati uguaglianza non può stare, perciò non s’ha dei gusti a disputare”.
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