di Mirko Orlandi
Due paesi, Iran e Arabia Saudita. Due storie, quella di una attrice e quella di un calciatore. Una opposizione consapevole e una provocazione scaturita dalla superficialità.
“Marzieh Vafamehr è stata condannata a un anno di prigione e 90 colpi di frusta”. Questo è il comunicato apparso sul sito Kalame.com che annuncia la condanna dell’attrice Marzieh Vafamehr, protagonista del film “My Teheran for Sale”. Il film, girato in collaborazione con l’Australia, era stato aspramente criticato dalle autorità conservatrici di Teheran.
La storia racconta di una giovane attrice che vive nella capitale iraniana, alla quale le autorità vietano di lavorare in teatro, costringendola quindi a vivere in clandestinità per potersi esprimere artisticamente. Poi la protagonista incontra Saman, iraniano divenuto cittadino australiano, che le offre la possibilità di rifarsi una vita lontano dal suo paese. Il film, girato interamente a Teheran, mostra le immagini inedite della vita del paese e descrive come sono costretti a vivere i giovani che lottano a favore della libertà culturale.
Marzieh Vafamehr, moglie del regista e sceneggiatore Nasser Taghvai, era stata già arrestata lo scorso luglio, sempre a causa di questo film, e poi rilasciata a seguito del pagamento della cauzione. Contro la sentenza, emessa sabato, l’avvocato della donna ha presentato appello.
Meno gravi le conseguenze per Juan Pablo Pino, 24enne colombiano, attaccante in forza all’Al Nasr, squadra saudita. Il calciatore è stato arrestato in un centro commerciale. La sua colpa è stata quella di sfoggiare tatuaggi, uno in particolare, raffigurante il volto di Gesù. Pino è stato fermato ed arrestato dagli agenti della Commissione per la Promozione della Virtù e Prevenzione del Vizio. “I tatuaggi hanno effetti negativi sulla gioventù saudita. Comunichiamo alle società che devono avvertire tutti i giocatori stranieri con tatuaggi affinché li coprano prima di scendere in campo o di girare per le strade”. Il giocatore è stato liberato dai dirigenti della sua società d’appartenenza e ha chiesto scusa per aver infranto una legge del paese che lo ospita.
Episodi di questo genere non sono certamente nuovi. L’anno scorso Mirel Radoi, romeno in forza all’Al Hilal, era stato fermato per aver baciato un tatuaggio che raffigurava una croce. Due storie, quelle che abbiamo riportato, difficilmente accostabili fra di loro. Forse.
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