di Francesco Tortora
Mentre impazza la frenesia derivante dalle incessanti piogge che stanno abbattendosi su tutta la Thailandia sommergendola letteralmente nell’acqua, fino a coinvolgere nelle inondazioni persino la stessa Capitale, come non si vedeva da cinquant’anni circa, prende campo anche una questione di carattere giuridico sia nazionale sia internazionale. Il tema è: il diritto di espressione ed il suo rapporto col mantenimento della giurisdizione thailandese rivolta alla protezione dell’immagine del Sovrano e della casa Reale.
La cosa non è di poco conto, alla luce di un recente accadimento, segnalato anche in questo sito, attraverso il quale è stato reso noto il “caso” di Joe Gordon, un blogger americano ma di origini thailandesi, il quale ha tradotto e pubblicato online alcune parti di una biografia bandita sul territorio nazionale Thai riguardante Sua Maestà Bhumibol Adulyadej, il che è stato considerato lesivo della legislazione thailandese accennata al punto di comportare una condanna a quindici anni di carcerazione. Joe Gordon si è pubblicamente scusato per quanto commesso, sperando così in una pena più lieve ma quando ha urato la frase “Obama salvami! Questo caso riguarda la libertà di espressione” ormai la sua voce è giunta da dietro le sbarre.
La cosa però, non è passata inosservata. Passi il caso del turista che disegna i baffi sui manifesti ritraenti il Re e finisce così in carcere ma la diplomazia internzionale non deve aver digerito il caso di Joe Gordon. Ora, infatti, il Governo thailandese è stato ufficialmente chiamato a dirimere il conflitto tra la libertà di parola ed il diritto di lesa maestà, come ha riferito l’Ambasciatore thailandese alle Nazioni Unite nella sede di Ginevra, Sihasak Phuangketkeow.
Il consulente legale esperto delle Nazioni Unite Frank La Rue infatti, ha richiamato la Thailandia a regolare meglio le leggi che proibiscono la diffamazione della Reale Famiglia thailandese, affermando che la legislazione e le forme sanzionatorie correlate potrebbero violare tutti i sistemi legali internazionali.
“La Monarchia è una istituzione importante. E’ il pilastro stesso della stabilità ed unità in Thailandia”, ha affermato ieri il Signor Sihasak. “Siamo comunque coscienti delle implicazioni”. Una Commissione è stata appositamente incaricata di inviare una comunicazione ufficiale al Governo circa le modalità per meglio implementare la legge, ha aggiunto. Il Signor la Rue ha invitato il Governo thailandese ad emendare urgentemente la Sezione 112 del Codice Penale e l’Atto dei Crimini Informatici del 2007, ritenendo che le leggi che regolamentano questa materia siano troppo vaghe così come le misure sanzionatorie pecuniarie siano eccessive rispetto ai livelli adotati nelle norme universalmente accettate.
“Esorto la Thailandia a tenere consultazioni pubbliche e che coinvolgano il livello più vasto della popolazione nazionale per correggere le leggi specifiche in materia, così che esse siano finalmente più vicine alla conformità previste dal rispetto dei diritti umani in tutte le altre Nazioni”, ha affermato il Signor La Rue nella sua pubblica dichiarazione tenutasi a Ginevra lunedì scorso. L’Articolo 112 stabilisce che “qualsiasi genere di diffamazione, insulti o minacce vengano rivolte all’indirizzo del Re, della Regina, degli Eredi al trono o al Reggente, saranno puniti con la carcerazione da tre a 15 anni”.
“I casi più recenti di lesa maestà perseguiti dalla Polizia e dalle Corti mostrano tutta l’urgenza di emendarlo”, ha affermato il Signor La Rue, aggiungendo che l’Atto dei Crimini Informatici è stato anche applicato interpretandolo quasi fosse una legge relativa alla lesa maestà de facto, con sentenze di carcerazione fino a cinque anni.
Per i precedenti storici e giuridici locali è difficile immaginare che – detto fatto – la Thailandia si possa assoggettare alle indicazioni che giungono dal Consesso internazionale, infatti, non è accaduto anche in altri settori del bilanciamento delle legislazioni reciproche tra vari Stati Esteri e la Thailandia stessa in numerosi altri settori, come il Diritto del lavoro, la libera circolazione dei propri cittadini, la libertà di impresa e così via. Vedremo se le vie del Web potranno ammorbidire tali asprezze diplomatiche e giuridiche, come peraltro accaduto via via in altre zone del Mondo.
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