In Tunisia si è appena aperta una nuova era con le prime elezioni libere del dopo Ben Ali. Ma all’indomani dell’ufficialità dei risultati scoppiano rivolte di piazza. Ennahdha, il partito islamico guidato da Rached Gannouchi, ha stravinto le elezioni per l’Assemblea Costituente aggiudicandosi 88 seggi mentre il secondo partito, Congres pour la Republique, solamente 29. Grande risultato di Petition Populaire con 26 seggi. A seguire Ettakatol, con 21 seggi, e il Partito democratico progressista, con 15. Ma già prima che i risultati fossero ufficiali sono scoppiati i primi malumori. I partiti laici hanno accusato Ennahdha di aver comprato i voti dei tunisini grazie a del denaro inviato nel Paese dall’Iran e dal Qatar.
I mugugni si sono trasformati in rivolta, quando è stata data l’ufficialità dell’esclusione di alcune liste di Petition Populaire, a causa della presenza di candidati ex elementi dell’Rcd, il partito dell’ex presidente Ben Ali, sciolto per decisione della magistratura tunisina. I disordini sono scoppiati a Sidi Bouzid, dove si è scatenata la furia di migliaia di persone che sono scese in strada assediando, con slogan e insulti, la locale sede del partito di Rached Gannouchi, per poi darla alle fiamme. Anche in altre città della Tunisia si sono registrati scontri. Hachmi Hamdi, leader di Petition Popoulaire, ha annunciato che il partito si ritirerà dall’Assemblea Costituente.
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