“Il mio lavoro? Non è poi così difficile come potrebbe sembrare”. Almeno è così che la pensa Hu Xiao, un boia cinese in una rarissima intervista pubblicata sul quotidiano Beijing Evening News. “Ci mettiamo a quattro metri dal prigioniero condannato, con fucili la cui canna è larga un metro, prendiamo la mira e spariamo, e questo è quanto“. Xiao racconta come la maggior parte dei condannati svenga poco prima dell’esecuzione; ma ricorda anche, quasi compiaciuto, rare eccezioni: “Solo uno, che era un ex-militare non sembrava spaventato e si è messo a correre, così abbiamo dovuto sparare a un bersaglio mobile. I condannati si meritano quello che ricevono a causa dei loro crimini”. Le esecuzioni capitali in Cina sono considerate segreto di Stato, ragion per cui, tutt’oggi, è ancora ignota una stima ufficiale delle condanne a morte eseguite in tutto il Paese.
Profilo dell'autore

- Dal 2011 raccontiamo il mondo dal punto di vista degli ultimi.
Dello stesso autore
Nord America21 Dicembre 2024“Uccidi l’indiano, salva l’uomo”: La storia dimenticata dei collegi per i nativi americani
Asia & Oceania21 Dicembre 2024Wu Zetian, l’imperatrice che riscrisse le regole del potere in Cina
Americhe20 Dicembre 2024Usare l’AI per ridare un’identità a 10 milioni di schiavi afroamericani
Centro e Sud America20 Dicembre 2024Capoeira, la ‘danza’ che preparava gli schiavi alla libertà