Ventidue anni senza muro. Berlino mostra le cicatrici

di Massimo Maravalli

Il 9 novembre 1989, sotto i colpi di mazze e martelli gli abitanti della Germania dell’est diedero inizio alla demolizione definitiva dei 155 km del muro di Berlino. La barriera “antifascista” non esiste più. Dopo 28 anni di separazione (1961-1989) la Germania torna ad essere un unico Stato e Berlino la sua capitale com’era stato in precedenza, senza divisioni materiali e politiche. L’abbattimento del muro di cemento, rappresenta ancora adesso la libertà per tutte le popolazioni che ne sono prive. Fu anche l’avvio della decadenza del comunismo in occidente, già in crisi in quel decennio.

La Germania subito dopo il conflitto. Alla fine della seconda Guerra mondiale (1945), la Conferenza di Yalta decretò la divisione della Germania e, quella di Berlino, in parti regolari tra i vincitori: USA, Regno Unito, Francia ad ovest e URSS ad est. Il 23 maggio 1949, i settori occidentali furono uniti dando vita alla Repubblica Federale di Germania e il 7 ottobre 1949 fu proclamata la Repubblica Democratica Tedesca. Da allora diventò un uso comune dire Germania dell’Ovest e Germania dell’Est, così come Berlino Ovest e Berlino Est. All’inizio tutti i berlinesi potevano circolare liberamente tra tutti i settori ma, con la Guerra Fredda, intervennero alcune limitazioni. Nel 1952 fu chiuso ufficialmente il confine tra le due Germanie. Il 13 agosto 1961, in Bernauer Strasse, venne completato lo sbarramento che segnò definitivamente il confine tra i settori di Berlino. Da un giorno all’altro i cittadini non potevano più camminare liberamente per quella via, molti di loro avevano vicini e parenti oltre il divisorio, in quei drammatici momenti, si resero conto di ciò che stava realmente accadendo, furono “imprigionati” nella loro stessa casa, nel loro stesso quartiere, nel loro stesso Stato. È difficile, se non impossibile, dimenticare le spettacolari fughe dalle abitazioni; intere famiglie tentarono il salto verso la libertà e molti perdettero la loro vita. Un bel giorno tutte le finestre di quel lato della strada furono murate e circa 2000 inquilini furono costretti ad abbandonare le loro case. Molti berlinesi furono testimoni-attori della storia contemporanea tedesca.

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Il muro, una ferita per tedeschi e per la storia. La grande Germania, dunque, “tagliata” a fette come una torta. Il sogno di gloria di quanti avevano creduto nel regime nazista si schianta con la nuova realtà. I tedeschi si apprestano a pagare a caro prezzo il “conto” aperto dai loro governanti. La parte Est del paese passa da un regime a un altro, dal nazismo dittatoriale al comunismo totalitarista. La Germania dell’Est era considerata dagli stessi germanici l’”Isola della morte” e solo oltrepassando il “mare” delle limitazioni si poteva “approdare” nella terra sicura della Germania dell’Ovest. In tanti si riunivano segretamente per organizzarsi a scavalcare il muro di cinta e sfuggire così alla ferrea disciplina del nuovo ordine politico. Numerosi furono quelli arrestati e torturati, molti furono addirittura uccisi ma tutti avevano lo stesso desiderio: oltrepassare il muro. Alcuni tentativi andarono a buon fine e questo bastò a far rimanere accesa la speranza dei tedeschi dell’Est e continuare a sognare. Tante le storie di sofferenze vissute che meriterebbero di essere menzionate ma il sacrificio non è mai vano. Agli inizi degli anni ottanta, nacque in Polonia il sindacato indipendente “Solidarnosc” e, nel marzo del 1986, l’Unione Sovietica ebbe un nuovo capo: Michail Gorbaciov. Il nuovo Segretario generale del Partito Comunista espresse un’opinione veramente rivoluzionaria: “Abbiamo bisogno della democrazia come dell’aria per respirare”. Queste parole spronarono talmente tanto gli attivisti nella DDR che continuarono ancora di più nel loro intento e, nell’autunno 1989 riuscirono a realizzare il loro sogno.

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Una “cicatrice” indelebile. Il Natale successivo è una festa sentita, gli abitanti di Berlino possono riunirsi ai loro cari, ai loro vicini ai loro amici. È finito un incubo e ora tutto il popolo tedesco partecipa a buttare giù la parete della vergogna, ogni colpo inferto contro quel muro divisorio vuol rappresentare la costruzione invisibile di qualcosa che unisce. In tutta la Germania c’è una nuova brezza, si respira aria di democrazia. Questo nuovo processo però, rende evidente le molteplici differenze di crescita culturale e politica che si sono create nel corso di tutti gli anni di divisione. I tedeschi dell’Est si ritrovano di fronte un altro muro da superare ovvero la “distanza” culturale ed economica che si era creata tra loro e gli stessi connazionali. Difficile, se non impossibile ristabilire il divario fra le due parti e, a tanti anni dall’unificazione, questo “muro invisibile” continua a dividere i tedeschi orientali e occidentali. Dopo la caduta del muro, i giovani tedeschi dell’Est hanno affrontato un improvviso mutamento che ha generato una crisi esistenziale e generazionale. Oltre a dover imparare dall’oggi al domani come fare per andare avanti nella quotidianità, ad esempio, come fare per aprirsi un’attività, un conto corrente ecc. si sono accorti di essere considerati una “palla al piede” per i “fratelli” dell’Ovest perché la riunificazione ha, di fatto, rallentato l’economia della stessa Repubblica Federale.

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Molti hanno cercato di appropriarsi del merito d’avere contribuito ad abbattere il Muro, altri ancora, invece, hanno preferito attribuire ad altri le colpe per la sua esistenza, ma solo chi ha vissuto di persona la realtà di un passaggio fra regimi autoritari con una Guerra violenta e infame, sa e può dire, di riuscire a superare le distanze, seppur abissali, che li separano, dai “fratelli occidentali”. Oggi, il muro è venduto a pezzi come souvenir, forse un modo come un altro di mantenere vivo il ricordo nelle coscienze.


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