“Prima che Hanukkah si trasformi nel Natale, è ora di tornare in Israele”, è questo uno dei tanti slogan che dalla fine di settembre veniva affisso su cartelloni pubblicitari nelle città statunitensi, o diffuso attraverso spot pubblicitari, per sensibilizzare il popolo ebraico a non perdere la propria identità culturale. La campagna, finanziata dal Ministero per l’Assorbimento dell’Immigrazione di Israele, ha causato numerose proteste dall’associazionismo ebraico in America, tra cui la Anti Defamation League, e persino alcuni membri del Congresso statunitense, costringendo Michael Oren, ambasciatore israeliano negli Stati Uniti, a chiedere scusa spiegando che “la campagna del Ministero non ha chiaramente tenuto conto della sensibilità degli ebrei americani”.Dopo questi fatti, il primo ministro israeliano Benkamin Netanyahu ha deciso di interrompere la campagna pubblicitaria.
E’ dal 1948 che i diversi governi israeliani hanno investito molto nei programmi e negli incentivi per garantire una continua immigrazione nel nuovo stato di persone di religione ebraica. Nel 1950 viene varata la Legge del Ritorno, un provvedimento che nel 1970 si è esteso anche a tutti i cittadini che avessero parenti di primo e secondo grado di religione ebraica e ai neoconvertiti. Questo “ritorno” in ebraico si chiama aliyah e garantisce ai nuovi arrivati, incentivi fiscali, un lavoro e una casa.
Qui di seguito il video di uno spot dove un bambino chiama il padre addormentato “daddy” , senza essere ascoltato, solo quando pronuncia la parola abba (papà in ebraico), l’uomo si sveglia per abbracciare il figlio.
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