di Francesco Tortora
Quanto accaduto nelle Filippine, soprattutto nella Regione di Mindanao, tra il 16 ed il 18 dicembre, in occasione della tempesta tropicale Washi, chiamata localmente Sendong, violentemente abbattutasi in quella zona, getta una luce inquietante non solo sul quadrante Sud Est Asiatico ma sulle sorti dell’intero Pianeta. Washi ha attraversato la regione di Mindanao nelle Filippine lasciando dietro di sé 900 morti, oltre 1.500 feriti e 285.000 persone sfollate. Ma le cifre reali sono ancora tutte da valutare nel dettaglio.
Il presidente filippino Benigno Aquino ha ordinato un’inchiesta sull’alluvione e le frane mortali che hanno sconvolto Mindanao, anche sul ruolo svolto dal disboscamento illegale. Sono bastate 12 ore di pioggia torrenziale perché il 16 dicembre il tifone Sendong seminasse morte e distruzione, facendo straripare fiumi e cancellando interi villaggi.
Bisogna anche aggiungere che si tratta di una tempesta che si abbatte su di un territorio già profondamente provato, poiché si tratta di una zona dove è in atto da 40 anni un conflitto cruento, combattuto tra la minoranza musulmana secessionista di Mindanao e gli insurrezionisti comunisti/maoisti, che negli ultimi anni ha causato 160.000 morti. Sebbene, in occasione di un evento naturale così vasto e drammatico (un po’ come fecero l’Esercito Cingalese e le “Tigri Tamil” in Sri Lanka in occasione dello Tsunami del 2004) le parti in conflitto hanno dichiarato una tregua per facilitare le operazioni di soccorso delle vittime.
La tragedia in realtà – e come spesso accade – era ampiamente annunciata: in un rapporto del 2009, Philippine imperative for climate change, Wwf Philippines e Filipino scientists avevano previsto il disastro di Mindanao, indicando nelle città di Cagayan de Oro e Iligan, entrambe duramente colpite da Sendong, le aree particolarmente vulnerabili alle inondazioni, ad intense mareggiate ed agli straripamenti di fiumi.
Lorenzo Tan, direttore esecutivo del Wwf Philippines ha detto al Phlippine Daily Inquirer che purtroppo erano “previsioni esatte ma il rapporto del 2009 del Picc è stato ampiamente ignorato dai legislatori”.
Le piogge monsoniche nell’anno 2011 hanno funestato la parte Centro/Settentrionale della Thailandia, fino a raggiungere sotto forma di esondazioni fluviali, la stessa Capitale Bangkok ma non hanno risparmiato Cambogia e Vietnam, dove pure si son contate numerose vittime. Lo stesso 2011 è l’anno della tsunami abbattutosi sulla Costa Orientale Giapponese, distruggendo parte della Centrale Nucleare di Fukushima. La tempesta tropicale Washi abbattutasi sulle Filippine è un ulteriore esempio di quanto sta accadendo in termini di variazioni nel contesto climatico complessivo.
Mindanao è mediamente colpita da 20 tifoni all’anno ma Washi sottolinea che tutto il quadro sta peggiorando drammaticamente. E tutto questo non è da restringersi al solo quadrante Sud Est Asiatico, se più correttamente si fa riferimento al famoso principio: “Si dice che il minimo battito d’ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo” (Teoria del Caos, Effetto Farfalla). La questione Washi quindi si pone per tutto il mondo, perché le variazioni apportate all’ecosistema ed al pianeta dall’uomo sono evidenti ormai ovunque, senza soluzione di continuità. Ad esempio, la signora Wahlström, la direttrice di UNISDR (Agenzia dell’ONU per le strategie internazionale di riduzione e prevenzione dei rischi): “ E’ possibile imparare molto da questa tragedia. Come prima cosa è importante capire che bisogna rafforzare il sistema di previsione delle condizioni atmosferiche, soprattutto ora che il cambiamento climatico è diventato una realtà evidente con conseguenti agenti atmosferici che si scatenano con intensità sempre più forte. La tempesta è stata identificata solamente due giorni prima il suo scatenarsi sulle città di Cagayan de Oro e Illigan. Bisogna informare meglio le persone sul cambiamento delle condizioni climatiche e sulle possibili conseguenze, così che possano comprendere I rischi che corrono quando si rifiutano di abbandonare le proprie terre o evacuare le proprie abitazioni in tempo. Secondo” -continua la Wahlström- “bisogna comprendere il cocktail mortale composto da povertà e vulnerabilità, urbanizzazione accanita e deforestazione che provocano in casi di agenti atmosferici di forte intensità come questo, ingenti perdite di vita, la distruzione di case, di terreni coltivati e di condizioni di vita faticosamente ottenute”.
La stretta relazione tra le malefatte dell’Uomo ai danni dell’Ambiente e le manifestazioni climatiche violente, sono il tema delle convinzioni anche del giornale economico filippino Business Mirror che titola: “Climate change is here” e che in un editoriale scrive: “I cambiamenti climatici e il global warming sono qui, non ci sono dubbi. E il Governo dovrebbe disporre di progetti generali per individuare aree soggette a disastri, come ad esempio le comunità costiere e di montagna, per minimizzare la perdita di vite umane e la distruzione di proprietà, infrastrutture pubbliche e colture agricole dovute alle catastrofi”. Il giornale sottolinea inoltre che “L’impatto del ciclone tropicale è stato peggiorato dal fatto che si è verificato nel bel mezzo della notte e che la gente ha avuto poco preavviso. Inoltre, il disboscamento illegale, l’estrazione mineraria e l’urbanizzazione hanno peggiorato le cose”.
In base a calcoli di vasto raggio su questa tipologia di tematiche, il numero di persone nel Mondo esposte a questo tipo di minaccia è triplicato negli ultimi 30 anni. Il che fa chiaramente intendere quanto sia sempre più necessario e urgente intensificare le campagne di informazione e preparare le comunità –a livello internazionale- per affrontare al meglio il rischio del passaggio di cicloni e tifoni.
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