La Groenlandia è un’immensa isola con una popolazione di circa 57 mila abitanti concentrati prevalentemente sulla fascia costiera di un territorio che per estensione è pari a sette volte quello italiano. Formalmente ancora provincia della Danimarca, nel 1979 l’isola ha ottenuto lo status di contea d’oltremare, seppur con limitata autonomia, e la possibilità di dotarsi di un proprio parlamento. La Danimarca mantiene la propria egida di controllo in materia di finanze, politica estera e difesa e provvede all’erogazione di sussidi per un ammontare pari a un terzo del reddito della grande isola, oltre a costituirne il principale partner commerciale.
La Groenlandia è stata una colonia della Corona Norvegese prima di passare sotto il controllo della Danimarca nel 1814. Soltanto nel 1979, inseguito a una legge approvata l’anno precedente, è stata concessa all’isola una particolare forma di indipendenza e di autogoverno, in virtù del quale ha deciso di non far parte dell’Unione Europea a differenza dello stato nordeuropeo, pur continuando a riconoscere Margaret II di Danimarca capo di stato. Successivamente, il 25 novembre 2008, il 76% della popolazione groenlandese ha votato sì al referendum che prevedeva una maggiore autonomia della Groenlandia dalla Danimarca. Gli isolani hanno accolto positivamente l’approvazione del referendum che ha riconosciuto loro il diritto all’autodeterminazione e ha consacrato l’Inuit – anche groenlandese- lingua ufficiale, declassando, per così dire, il Danese considerato secondo idioma del Paese.
Il tutto non si esaurisce qui. L’autonomia sancita dal referendum trasferisce al governo locale competenze in ambito legislativo, giudiziario e, forse più importante, nella gestione delle copiose risorse naturali. Solo il 21 giugno 2009, sei mesi dopo il referendum, quando la corona danese ne ha riconosciuto l’applicazione a tutti gli effetti, la popolazione di etnia inuit – che rappresenta la stragrande maggioranza degli abitanti dell’isola- ha potuto festeggiare ed ufficializzare il giorno di indipendenza nazionale. Una secessione per niente dolorosa per gli indigeni della grande isola alle falde del circolo polare artico, sancita da un passaggio di consegne pacifico, ma che, secondo alcuni analisti, presto rivelerà la sua arma a doppio taglio e il suo lato non indolore.
Le sfide che si aprono all’orizzonte sono molteplici. Gli isolani si ritrovano nelle loro mani una ricchezza inestimabile, fatta di oro, diamanti, zinco e tante altre materie prime preziose. La domanda è: saranno in grado di gestirle al meglio, senza incappare in giochi di potere internazionali e garantendo la sostenibilità per la preservazione dell’ambiente naturale? Il sottosuolo della Groenlandia custodisce un tesoro inesplorato. Oltre alle tantissime materie preziose, l’isola è caratterizzata da una forte abbondanza di uranio, rarissimo nelle altre parti del mondo.
E che dire delle ragguardevoli quantità di petrolio che fanno venire l’acquolina in bocca soprattutto ai vicini Stati Uniti, Russia e Canada, gettando la grande isola tra le grinfie degli interessi economici di potenze mondiali. L’oro nero potrebbe indurre diversi Paesi a corteggiare la Groenlandia, mentre l’isola si avvantaggerebbe di una nuova ed importante fonte di reddito, andando a sostituire la pesca che da sola costituiva più del 90% delle esportazioni. Le nuove materie prime potrebbero portare alla parziale risoluzione del problema che riguarda l’esigenza di diversificare l’economia.
Da angolo inospitale del pianeta, essendo il suo territorio costituito per circa l’80% da ghiacciai, a miniera inesplorata e potenziale preda di feroci predatori. E, come se non bastasse, tutto ciò si aggiunge alle incombenti sfide interne di ordine sociale, quali disoccupazione, alcolismo, violenze domestiche, Aids e alto tasso di suicidi.
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