E’ morto Wilmar Villar, 31 anni, il dissidente cubano condannato a 4 anni di carcere, dopo 50 giorni di sciopero della fame. Secondo Elizardo Sanchez, portavoce della Commissione cubana dei Diritti umani e della Riconciliazione Nazionale, Wilmar apparteneva ad un organizzazione illegale di protesta, ma tollerata dalle autorità, chiamata Unione Patriottica di Cuba.
Arrestato il 14 novembre dopo aver partecipato una protesta, Wilmar ha smesso di mangiare e le sue condizioni sono peggiorate lentamente. Da diversi giorni era ricoverato presso l’ospedale di Santiago de Cuba nel reparto di terapia intensiva. La sua morte ricorda quella di Orlando Zapata, prigioniero politico deceduto nel 2010 dopo uno sciopero della fame di 85 giorni.
Dopo la morte di Wilmar, definito dai blog castristi “un delinquente”, la situazione a Santiago si fa sempre più tesa. Il regime continua a perseguitare gli oppositori politici. Da 48 ore è di nuovo in carcere, Guillermo Fariñas, Premio Sacharov del Parlamento Europeo nel 2010.
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Se continua così, gli unici che resteranno in piedi a Cuba saranno i vecchi col catetere e le stampelle che hanno fatto cadere tutti gli altri, che erano vigorosi e pronti alla vita. Crollano i palazzi dell’Avana Vecchia, ma non crolleranno i loro inquilini. Com’è possibile che un uomo sposato, padre di due figlie, decida deliberatamente di mettere in pericolo la propria vita fino a morire? Non il primo e di certo non l’ultimo. Non è certo solo per la propria dignità o desiderio di giustizia e libertà. Non è solo per l’opinione pubblica, nè per i propri figli. Cuba ha bisogno di risollevarsi un’ultima, definitiva volta, e ce la farà, soprattutto grazie a loro. Ancora un’esemplare lezione di civiltà e di amore arriva dal Barrio Infernale di quella Cuba tradita e sempre più in cancrena per colpa dell’orgoglio e dell’ipocrisia che, già da tanto, sono un’evidente costante. Grazie a Wilmar Villar Mendoza, a Orlando Zapata Tamayo e a tutti gli altri “Delinquenti Comuni” senza nome che costituiscono la Cuba migliore, il CAMBIO tanto atteso arriverà; anche se tutto il loro sangue verrà asciugato dalla segatura dell’indifferenza internazionale e, purtroppo, dall’opportunismo di chi, a Cuba, continua ad assecondare l’ipocrisia di stato. Laura Pollan Toledo, Guillermo Farinas, i giornalisti indipendenti, i “Cubani a piedi”, tutti i membri de “La Sociedad Civil Cubana”, continuano ad essere dei giganti in un’isola dominata e sfigurata da nani arroganti, armati e famelici. Di cosa parlerà Papa Benedetto XVI durante la sua visita all’isola? Spero non della moltiplicazione dei pani e dei pesci, che pure farebbero tanto comodo ai Cubani, nonostante i supermercati di Miramar siano strapieni di cibo, alla faccia dell’Embargo, grande alibi di TutanKastro. Ci sarà un altro leone come Mons. Pedro Meurice che ruggirà al Santo Padre e ai Cubani quello che la gerontocrazia al potere non vuole sentire? Mi vergogno profondamente di aver creduto con fermezza, anche se per poco, nella Rivoluzione comandata da sleali mascalzoni.
«Lèvati sù», disse ‘l maestro, «in piede:
la via è lunga e ‘l cammino è malvagio,
e già il sole a mezza terza riede».
VIVA LA CUBA DEL CAMBIO
pierantonio micciarelli