Tute arancione e scarpe bianche, mani legate e catene ai piedi, incappucciati, bendati e disorientati. I primi ospiti del carcere di massima sicurezza di Guantánamo arrivarono a Cuba l’11 gennaio 2002 a bordo di un aereo cargo americano C-141, che li aveva caricati in parte alla base di Bagram, vicino a Kabul, e in parte a Kandahar. È iniziata così a una delle pagine più controverse della lotta al terrorismo statunitense.
UN CARCERE UMANO MA NON CONFORTEVOLE – Il campo di prigionia aprì i battenti proprio quello 11 gennaio 2002, sotto l’amministrazione Bush che, nell’ambito della sua strenua caccia ai terroristi, aveva deciso di riservare ai pericolosissimi combattenti afgani un carcere di massima sicurezza tutto loro.
La prigione, conosciuta anche con il nome di Camp Delta o Camp X Ray, si trova all’interno della base navale di Guantánamo, aperta sull’isola di Cuba nel 1903, e nel corso di questi dieci anni ha fatto molto parlare di sé.
In particolare, sono state le condizioni dei reclusi e il loro effettivo status giuridico a provocare polemiche e indignazione. Alla vigilia dell’apertura il generale Mike Lehnert, che comandava i seicentosessanta uomini incaricati della costruzione del campo, lo definì “umano ma non confortevole”.
DETENUTI NEL LIMBO – Camp X Ray fu pensato per contenere oltre duemila prigionieri, ma di fatto non ha mai superato qualche centinaio di detenuti. I 158 ospiti del 2002 salirono a circa 600 nel 2003. L’anno seguente, secondo il Washington Post, sarebbero stati circa 370, per poi risalire a cinquecento nel 2006. Ora la popolazione è di circa centocinquanta detenuti. Tra questi, solo per una decina è stato formalizzato un campo d’imputazione con conseguente rinvio a giudizio, mentre i prigionieri giudicati si possono contare sulle dita di una mano.
I portavoce militari statunitensi, oltre a farsi vanto della massima sicurezza del carcere di Guantánamo, sostennero sempre che i suoi detenuti sarebbero stati trattati nel rispetto della Convenzione di Ginevra e mantenuti in contatto con la Croce rossa e altre organizzazioni umanitarie non governative.
In realtà in questi dieci anni Camp X Ray ha aperto le porte a centinaia di uomini, di tutte le età e nazionalità, che sono stati tenuti prigionieri in modo illegale. Persone che forse si sono macchiate di crimini atroci, o forse no, ma contro i quali, nella maggior parte dei casi, né la giustizia americana né quella internazionale sono mai state in grado di formulare una sola, singola accusa fondata o di individuare sedi di giudizio adeguate.
VIOLAZIONI – Per un decennio l’amministrazione Bush, prima, e quella Obama, poi, si sono arrampicate sugli specchi alla disperata ricerca di una soluzione che rispondesse ai criteri della giustizia e del rispetto dell’uomo. Fallendo clamorosamente.
Detenzioni illegali, tolleranza della tortura, umiliazione dei detenuti da parte del personale statunitense del campo: la storia di Guantánamo è un susseguirsi di forzature del diritto.
Gli osservatori internazionali hanno più volte denunciato la vaghezza con la quale il Governo americano ha classificato e classifica i reclusi di Camp X Ray: non come prigionieri di guerra, né tanto meno come imputati di reati ordinari. Gli ospiti forzati di Guantánamo sono detenuti privi di titolo dichiarato e, quindi, spogliati di qualsiasi tutela.
DENUNCE – Nel gennaio 2002, poco dopo l’apertura del campo, anche l’Alto Commissario dell’Onu per i Diritti dell’Uomo, Mary Robinson protestò contro le condizioni di detenzione dei prigionieri di Guantánamo e l’allora presidente della Repubblica d’Irlanda, Mary McAleese, ricordò agli Stati Uniti l’obbligo di rispettare gli obblighi internazionali.
Il 21 gennaio dello stesso anno, Donald Rumsfeld rispose alle critiche affermando che il campo di prigionia era conforme “nella parti essenziali” alla Convenzione di Ginevra. E quando vennero diffuse le fotografie dei detenuti della base militare, l’allora Segretario della difesa commentò che si trattava di “combattenti irregolari”, ai quali quindi non potevano essere applicati i diritti della Convenzione.
RICORSI NEGATI – Per prevenire la presentazione di ricorsi da parte dei prigionieri, nel dicembre 2005 il Governo americano approvò una legge sul trattamento dei detenuti che revocava loro la possibilità di avanzare istanze di habeas corpus presso corti federali statunitensi contro la loro detenzione o il loro trattamento. La legge permetteva ai prigionieri di presentare solo appelli limitati contro le decisioni dei Tribunali di Revisione dello Status di Combattente e delle commissioni militari.
RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL – Secondo quanto riportato in un rapporto di Amnesty International del 2006, fino a marzo 2004 il 93 per cento dei 554 detenuti esaminati furono considerati a tutti gli effetti dai Tribunali di Revisione dello Status di Combattente “combattenti nemici”. Ma non avendo un rappresentante legale, molti dei prigionieri rinunciarono a presenziare alle udienze dei Tribunali, che avrebbero potuto avvalersi di prove segrete o di testimonianze estorte sotto tortura.
Lo stesso rapporto raccontava come, nel giugno e nell’agosto 2005, molti reclusi avessero indetto uno sciopero della fame, protrattosi fino all’inizio dell’anno successivo, per protestare contro la loro impossibilità di accedere a una corte indipendente e denunciare le violenze e i pestaggi subiti dalle guardie carcerarie.
Ancora Amnesty International ha riferito che nel novembre 2005 tre esperti dei diritti umani delle Nazioni Unite rifiutarono l’invito degli Stati Uniti a visitare la base di Guantánamo. Il Governo americano, infatti, aveva imposto delle restrizioni alla visita guidata del campo, andando contro quanto stabilito dagli standard internazionali sulle ispezioni delle carceri.
PROMESSE MANCATE – Il Governo americano ha sempre negato qualsiasi forma di maltrattamento e, quindi, di illegalità e tuttavia la chiusura di Camp X Ray divenne, nel 2008, uno degli argomenti caldi della campagna elettorale di Barack Obama.
Il 21 gennaio 2009 il neoeletto Presidente americano firmò l’ordine di chiusura del carcere di Guantánamo entro l’anno successivo, salvaguardando però l’operatività della base militare.
Ciononostante oggi Camp X Ray festeggia il suo decimo compleanno ed è ben lontano dal chiudere i battenti, imponendosi come una delle promesse non mantenute da Obama.
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