L’obiettivo di molti turisti, al ritorno da viaggi in paesi esotici e lontani, è quello di esibire qualche “souvenir-trofeo”, unico e spettacolare. Uno dei più tristi e squallidi esempi a riguardo è rappresentato dal video pubblicato dal giornalista Gethin Chamberlain, sulle pagine del quotidiano britannico The Observer. Il video documenta e denuncia una pratica assai frequente nella giungla delle Isole Andamane, popolata dalla tribù indigena dei Jarawa. Sono mostrate le intimazioni di una voce fuori campo (probabilmente un poliziotto), che chiede ad alcuni bambini e donne Jarawa di danzare per una jeep di turisti, in cambio di cibo. A seguito di questo video, il governo indiano ha aperto un’indagine e il ministro dell’Interno P.K. Chidambaram ha deciso di recarsi sul posto e di occuparsi personalmente della vicenda.
Ogni giorno, all’alba, circa 130 automobili e 25 autobus pieni di turisti si allineano lungo la strada che attraversa la riserva naturale abitata dalla tribù in via d’estinzione, per cercare di avere dei contatti e per scattare qualche foto dell’incontro. A maggio del 2002 la Corte Suprema indiana aveva decretato la chiusura della strada, al fine di proteggere i Jarawa dall’estinzione e dai contatti forzati con turisti, coloni e bracconieri. Ad oggi quest’ordinanza non è rispettata e parte degli agenti di polizia che dovrebbero sorvegliare la zona e proteggere gli indigeni cerca di arricchirsi, chiedendo ʻbustarelleʼ ai turisti per facilitare gli incontri (si calcolano circa 240 euro per escursione). Non solo, i poliziotti corrotti scambiano l’elemosina che talvolta i turisti fanno agli indigeni con tabacco (prima d’ora sconosciuto alla tribù) e cibo. Frequenti sono anche gli abusi sessuali perpetrati dagli agenti e dagli autisti sulle donne Jarawa; i bambini che talvolta nascono da queste violenze non vengono riconosciuti dalla tribù e vengono uccisi.
I safari ai danni dei Jarawa stanno diventando un vero e proprio business: a Port Blair (la capitale delle Andamane) sono venduti illegalmente “pacchetti” che includono il noleggio di una macchina con autista, banane e dolciumi per attirare gli indigeni e snacks.
I Jarawa sono i probabili discendenti dei primi gruppi africani che si sono spostati fuori dall’Africa. Fino al 1998 non hanno cercato contatti con l’esterno, al di fuori della riserva naturale. Nomadi, 403 membri in totale che si spostano a gruppi di 40-50 persone, vivono cacciando la selvaggina della giungla e raccogliendo ciò che cresce spontaneamente. Dagli anni ‘70, con la costruzione di una superstrada che attraversa la giungla, si sono di fatto aperte le porte a coloni, bracconieri, taglialegna e turisti (e alle malattie che questi portano con sé, contro le quali i Jarawa non hanno sviluppato difese immunitarie). Da vent’anni Survival International, associazione che si occupa dei diritti delle popolazioni indigene, lamenta il crescente rischio di estinzione della tribù e si batte affinché venga rispettata l’ordinanza del 2002 che prevede la chiusura della superstrada. In questo modo, si potrebbe garantire il diritto dei Jarawa ad autodeterminarsi e a decidere per conto proprio se cercare o meno contatti con l’esterno.
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[…] questa situazione ne avevamo già parlato in un articolo del 16 gennaio 2012 descrivendo come queste popolazioni subissero continue umiliazioni e soprusi […]